Un passo indietro di un secolo

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Un passo indietro di un secolo



di Loretta Napoleoni per l'AntiDiplomatico

Un articolo del Financial Times denuncia il sistema di distribuzione del cibo a Gaza gestito dalla Gaza Humanitarian Foundation (GHF), che Israele e Stati Uniti presentano come alternativa efficiente al fallimento dell’ONU e allo spettro di Hamas, ma che l’FT definisce “un sistema caotico e militarizzato di gestione della fame”.

La narrazione ufficiale è chiara: bypassare le agenzie internazionali, accusate di collusione o inefficienza, e garantire aiuti “puliti”, monitorati, fuori dalla rete del nemico. Nella realtà, però, i centri GHF sono diventati trappole mortali all’interno di moderni campi di concentramento,  dove l’accesso al cibo si paga con chilometri di cammino attraverso zone di guerra, in orari notturni e senza certezze. Le coordinate arrivano via Facebook, spesso con meno di mezz’ora di preavviso. Poi l’inferno.

Come in uno dei tanti libri distopici per ragazzi, viene in mente il Maze Runner, chi per errore finisce in “zone vietate”, cioè ogni strada che non corrisponda al percorso virtuale disegnato sullo schermo di un telefono, viene abbattuto. Un telefonino che, tra blackout elettrici e rete instabile, spesso non funziona. Ma non basta. All’interno dei centri di distribuzione si scatena una lotta tra poveri, dove la legge è quella del più forte: rapine, risse, aggressioni. Non è distribuzione di aiuti. È gestione del caos.

Sempre secondo il Financial Times il modello GHF nasce con il supporto non ufficiale della Boston Consulting Group, i cui dirigenti sono poi stati licenziati. L’intera operazione è guidata da contractor statunitensi sotto supervisione israeliana. Si parla di innovazione umanitaria, ma dietro la retorica c’è la logica del controllo: della popolazione, del territorio, dell’informazione. Ma soprattutto dello sterminio.

Intanto in Europa, i pronipoti della soluzione finale hanno iniziato la corsa agli armamenti. Boris Pistorius, ministro della Difesa tedesco, ha dichiarato che l’industria bellica deve smettere di lamentarsi e iniziare a consegnare. Il governo ha fatto la sua parte: centinaia di miliardi in stanziamenti, burocrazia snellita, strategia chiara. Ora tocca ai produttori.

Il piano di Berlino è ambizioso: portare la spesa annuale per la difesa a 162 miliardi di euro entro il 2029, un aumento del 70 per cento rispetto a oggi. Ma i ritardi nei progetti militari, imputabili in molti casi all’industria, rallentano una macchina che dovrebbe marciare spedita. Pistorius è chiaro: munizioni, droni, carri armati — tutto deve essere prodotto più velocemente.

Pistorius ha respinto anche l’idea di mutualizzare il riarmo europeo con eurobond, proposta avanzata da Francia e Italia. Nessuna condivisione del debito: “Chi ha fatto i compiti non può pagare per chi non li fa”.

Il piano tedesco prevede contratti a lungo termine con obblighi di acquisto annuali per garantire stabilità all’industria bellica e modernizzare le forze armate fino agli anni 2030. L'obiettivo, promesso anche dal nuovo cancelliere conservatore Merz, è quello di fare della Bundeswehr l’esercito più forte d’Europa. Il messaggio politico è inequivocabile: la pace si costruisce dal potere, non dalla debolezza. Pistorius lo ha sempre sostenuto, anche da giovane socialista quando appoggiava i missili americani Pershing II mentre il suo partito manifestava per il disarmo.

Nel frattempo, l’opinione pubblica tedesca sta cambiando. I sondaggi mostrano una maggioranza favorevole alla spesa militare e al ritorno, seppur volontario, del servizio militare. La "Zeitenwende", la svolta storica invocata dopo l’invasione russa dell’Ucraina, è in atto.

Un passo indietro di un secolo, Europa anni Trenta.

In Germania viene inaugurato il primo campo di concertamento nazista a Dachau, aperto nel 1933, pochi mesi dopo l’ascesa al potere di Hitler. Inizialmente ci erano destinati prigionieri politici (comunisti, socialdemocratici, oppositori) ma presto nei campi finirono ebrei, omosessuali, testimoni di Geova, sinti e rom, e altri “nemici del Reich”. Questi non erano ancora campi di sterminio, ma campi di detenzione e lavoro forzato, spesso accompagnati da brutalità, torture e omicidi extragiudiziali, il caos veniva gestito con la forza e la repressione. Ricorda qualcosa? I campi di sterminio veri e propri (Auschwitz, Treblinka, Sobibor ecc.) vennero istituiti dopo il 1941, durante la “Soluzione finale”.

Sempre in Germania inizia il riarmo clandestino violando il Trattato di Versailles. Nel 1935, Hitler reintroduce la leva obbligatoria e annuncia la creazione della Luftwaffe.

Il riarmo fu massiccio e rapido, diventando un pilastro dell’economia tedesca e della propaganda del regime.

Oltralpe l’amico Mussolini avvia un programma di potenziamento militare che culmina con la guerra d’Etiopia (1935-36) e l’intervento nella guerra civile spagnola (1936-39). Il regime fascista investì in armamenti come parte del progetto imperiale.

I futuri alleati, Francia e Regno Unito, inizialmente adottano una politica di appeasement e disarmo parziale, ma verso la fine degli anni Trenta, soprattutto dopo l’Anschluss (1938) e l’invasione dei Sudeti, iniziano anch’essi un graduale riarmo.

Tirate voi le conclusioni.

Loretta  Napoleoni

Loretta Napoleoni

 

*Economista di fama internazionale. Ha insegnato alla Judge Business Schools di Cambridge e nel 2009 è stata invitata come relatrice alla Ted Conference sui temi del terrorismo. Nel 2005 ha presieduto il gruppo di esperti sul finanziamento del terrorismo per la conferenza internazionale su terrorismo e democrazia organizzata dal Club de Madrid. Autrice di diversi libri di successo tra cui Terrorismo SPAEconomia Canaglia e Maonomics, tradotto in 18 lingue, incluso l’arabo ed il cinese; ISIS, lo stato del terrore, uscito in 20 nazioni. L’ultimo si intitola Technocapitalism

 

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