Tregua a Gaza. Chi ha vinto? Palestina tra Resistenza e Collaborazionismo

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Tregua a Gaza. Chi ha vinto? Palestina tra Resistenza e Collaborazionismo

 
 
É scattata tra mille incertezze la tregua a Gaza con un primo scambio di prigionieri. Gli ulteriori sviluppi sono incerti ed una ripresa dei combattimenti è sempre possibile. Non è chiaro inoltre se il cessate il fuoco diventerà definitivo; ma si può fare un primo bilancio di ciò che è accaduto dal 7 ottobre 2023.
 
Molti dei soliti giornalisti nostrani sottolineano con malcelata soddisfazione che Israele e lo stesso governo Netanyahu uscirebbero rafforzati dalla crisi. I combattenti della Resistenza palestinese sarebbero decimati. Hezbollah è molto indebolito dopo gli attentati con i walkie-talkie programmati da anni di servizi segreti israeliani, e dai bombardamenti sul Libano meridionale, Beirut e la valla della Bekaa. Il governo Assad in Siria, perno logistico dell’Asse della Resistenza, è caduto. Lo stesso Iran sarebbe indebolito.
 
In realtà le cose sono alquanto diverse. L’esercito israeliano, uno dei più potenti del mondo, per di più sostenuto dalla Marina e dall’Aviazione statunitense e rifornito continuamente con un numero impressionante di munizioni e armi da USA e UE, non è riuscito in quindici mesi di devastanti bombardamenti, invasioni di terra, genocidio e deportazioni della popolazione civile, ad aver ragione di poche migliaia di guerriglieri asserragliati in un territorio più piccolo del Comune di Roma. Non è riuscito a liberare gli ostaggi ed è stato costretto a trattare dai suoi protettori USA, mentre l’economia è in grave crisi e le fila della Resistenza si rafforzano con sempre nuove adesioni. Gli Hezbollah sono sempre una forza notevole che si sta riorganizzando, e l’Iran non appare indebolito. Ha dimostrato di poter colpire il territorio israeliano nonostante l’ombrello USA; si rafforza con il nuovo patto con la Russia, e continua a sviluppare i suoi programmi nucleari. Anche lo Yemen settentrionale, governato dal movimento Ansar Allah, ha dimostrato di poter bloccare il commercio israeliano nel Mar Rosso e di poter colpire il territorio israeliano.
 
La Resistenza palestinese, sostenuta dai suoi alleati, dimostra quindi di essere sempre viva e soprattutto di costituire l’unica pur difficile via per la liberazione a lungo termine del paese dalla morsa sionista, pur dovendo pagare un prezzo spaventoso come quello già pagato da Algerini o Vietnamiti per la loro liberazione.
 
In alternativa abbiamo una presunta via diplomatica sponsorizzata dall’Occidente, che ha come proprio agente locale la cosiddetta Autorità Nazionale Palestinese, il cui carattere collaborazionista è ormai evidente. L’ANP è giunta fino alla repressione armata della Resistenza in Cisgiordania, e a proporsi come amministratrice della “ricostruzione” di Gaza dopo che l’esercito israeliano avrà fatto piazza pulita. Dopo i disastrosi (per i Palestinesi) Accordi di Oslo, trent’anni di inutili trattative hanno peggiorato drammaticamente la situazione e portato un piccolo gruppo previlegiato, mai eletto in nessuna consultazione democratica, ad amministrare alcuni brandelli isolati di territorio. Su questi brandelli (meno del 10% del territorio della Palestina storica) dovrebbe forse sorgere una parvenza di stato palestinese sotto il controllo delle autorità israeliane, quasi sul modello delle riserve dei nativi in USA o in Australia. Intanto proseguono la colonizzazione e la pulizia etnica in Cisgiordania, mentre i bombardamenti su Gaza non si sono mai interrotti anche negli anni precedenti il 7 ottobre 2023.
 
Purtroppo su questi temi anche il movimento pro-Palestina in Italia si è spaccato tra chi sostiene la Resistenza e chi fa un fronte comune con quelle forze moderate e ambigue che continuano a prenderci in giro con la storiella dei “due popoli, due stati”; ma le vicende storiche si evolvono e faranno giustizia di queste posizioni opportuniste.
 
Roma, 20 gennaio 2003, Vincenzo Brandi

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