Tenendo viva la memoria di Peppino Impastato

Tenendo viva la memoria di Peppino Impastato

Per combattere le mafie, i fascismi di ritorno e le mediocrità piccolo borghesi

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di Mariano Guzzini, redattore di "Cumpanis"

Grazie al lavoro molto efficace del “Centro Impastato” di Cinisi, e della “Casa Memoria”, pochi ignorano totalmente la figura del giornalista Peppino Impastato, ucciso dalla mafia il 9 maggio 1978. Lo stesso giorno dell’uccisione di Aldo Moro.
Tuttavia non tutti i dettagli di quella vicenda sono di dominio comune. I più hanno presente la lunghissima vicenda processuale, che solo dopo vent’anni ha portato in carcere i mandanti di quel delitto, soprattutto grazie al coraggio e alla resistenza fisica e morale di mamma Felicia.
Eppure per combattere efficacemente non soltanto le mafie, che ancora oggi spadroneggiano, i fascismi, i neo fascismi e i post fascismi che stanno rialzando la testa nel nostro disgraziato Paese, nonché per contrastare frontalmente la mediocrità piccolo borghese che è la matrice di ogni reazione e di ogni pulsione antidemocratica, sarebbe necessario che ogni sincero democratico si documentasse meglio e padroneggiasse ogni dettaglio di una storia che a suo modo riassume il meglio e il peggio delle speranze e delle lotte degli ultimi decenni del secolo scorso in terra di Sicilia.

1. Due libri importanti: “Mio fratello”

Per nostra fortuna vanno in questo periodo in libreria due testi importanti che aiuteranno chi vorrà ripercorrere la biografia di Peppino Impastato, documentandosi altresì sull’attività del “Centro Impastato” dalla scomparsa di mamma Felicia ai giorni nostri. 
Mi riferisco al libro di Giovanni Impastato, “Mio fratello”, edito dalla Libreria pienogiorno di Milano, ed a “Il coraggio della memoria”, del medesimo Giovanni Impastato,(edizioni CMI, Cinisi) che fornisce una completa documentazione sul lavoro intenso ed ininterrotto della Casa Memoria, fornendo al lettore discorsi, interviste, polemiche e celebrazioni dal 2004 ad oggi. 

“Mio fratello”, che ha per sottotitolo “una vita con Peppino” è il racconto a volte commosso e commovente, altre volte freddamente indignato ma egualmente coinvolgente dell’esperienza di vita di due fratelli che nascono all’interno di una famiglia mafiosa, e che riescono a comprendere quanto siano sbagliati quei legami, e quanto sia necessario contrapporsi frontalmente a quel mondo.
Tra i due fratelli Peppino è quello con le idee più chiare, mentre Giovanni, che ha cinque anni di meno, stenta a cogliere la complessità delle contraddizioni che la famiglia Impastato vive, anche a causa dello zio Cesare Manzella, capomafia riconosciuto di un territorio che lambisce anche la città di Palermo.

“Mio fratello” è un libro che non si può riassumere, ma che va letto. E’ articolato in tre parti (La botola; Amore non ne avremo; Peppino vive). La prima parte racconta la storia della famiglia Impastato, fino al momento in cui zio Cesare Manzella viene fatto esplodere davanti alla sua abitazione dal mafioso che vuole prendere il suo posto. Il racconto si occupa del concetto di onore, delle ragioni che rendono popolari e rispettati gli uomini d’onore, e del difficile rapporto con la legalità e con le forze dell’ordine. E’ in questi anni che il giovanissimo Peppino, studente molto brillante negli studi, e molto curioso nella vita, riflette sulla contraddizione tra il potere mafioso e la gente comune, in parte rappresentata anche da sua madre e da un altro zio, lo zio Matteo, che compra ogni giorno tre giornali e non condivide la condizione di mafioso di babbo Luigi. La definitiva condanna della mafia avviene davanti alla voragine aperta dal tritolo che ha ammazzato zio Cesare.

La seconda parte ha per titolo un verso di una poesia di Peppino che è anche un acrostico: lette in verticale le prime lettere diventano Anna, cioè il nome della donna angelicata e irraggiungibile probabilmente amata dal giovane Peppino. L’intera seconda parte racconta la metamorfosi del giovanissimo primo della classe nel giornalista che si oppone alla mafia di Cinisi, che per questa ragione viene cacciato di casa da babbo Luigi, senza che cambiasse modo di vedere. 
Il giovane Impastato partecipa alle lotte promosse da Danilo Dolci, fonda un giornale (L’idea socialista), dà vita ad un circolo culturale per scardinare il predominio della mentalità piccolo borghese e di tutte le subalternità che quella ideologia alimenta, aderisce al Psiup, al Manifesto, a Lotta Continua e si candida al consiglio comunale di Cinisi nella lista di Democrazia Proletaria, dopo aver fondato e animato nella limitrofa Terrasini una radio libera, “radio Aut”.
Questa seconda parte del libro di Giovanni Impastato “Mio fratello” contiene notizie sui fatti di Alcamo Marina, e sul tentativo di babbo Luigi di evitare che la cupola mafiosa condannasse a morte suo figlio. Per raggiungere questo obbiettivo va addirittura negli Stati Uniti, ma i suoi sforzi non raggiungono l’obbiettivo. Al contrario una notte un’auto lo investe e lo uccide, mentre rincasa. Al termine del suo funerale, ai mafiosi che ipocritamente tentano di porgere le loro condoglianze al nuovo capofamiglia, Peppino, lui grida: “Itivinni! Nun siti degni di strinciri a me manu”. Tano Badalamenti e i suoi accompagnatori fingono di comprendere un dolore che toglie lucidità, ma non dimenticano. Ormai al trentenne giornalista militante di Democrazia Proletaria restano pochi mesi di vita.
L’ultima parte del libro, intitolata “Peppino vive” si articola in quattro capitoli (delitto imperfetto; funerale; risurrezione; scuola). Il delitto imperfetto è quello di Peppino, il corpo del quale viene fatto trovare sui binari della linea Palermo - Trapani, dilaniato da una esplosione, il 9 maggio 1978. Vengono messi in atto molti tentativi di depistaggio e di diffamazione. E si farà molta fatica a gestire nelle aule di tribunale il bisogno di verità e di giustizia che mamma Felicia impersona come la più straordinaria delle mamme coraggio mai esistite.

Del funerale di Peppino il fratello Giovanni ricorda soprattutto una foto con i pugni alzati, e il manifesto affisso sui muri di Cinisi e firmato Democrazia Proletaria dove è scritto a chiare lettere: “Peppino Impastato è stato assassinato (…) l’omicidio ha un nome chiaro: mafia.” L’epitaffio inciso sulla tomba reciterà: “Rivoluzionario e militante comunista – Assassinato dalla mafia democristiana”.

Il capitolo “Risurrezione” prende il titolo dalla frase pronunciata da Felicia Impastato alla notizia della condanna di Tano Badalamenti quale mandante dell’assassinio di suo figlio. “Avete risuscitato mio figlio”, disse in quella occasione mamma Felicia. E Giovanni aggiunge: “ Peppino è risorto grazie al Centro Impastato e ogni volta che nel suo nome sono stati pubblicati studi approfonditi sulla mafia e sui suoi sviluppi nel tempo. E’ risorto con le lotte dei suoi compagni e quando è nata Casa Memoria.”


2. Due libri importanti: “Il coraggio della memoria”

Il secondo testo egualmente prezioso si chiama “Il coraggio della memoria”. E’ stato composto sempre da Giovanni Impastato, con la collaborazione di Evelin Costa, che coordina la comunicazione di Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato.
I documenti che vengono pubblicati riguardano il periodo successivo all’assassinio e alla condanna dei mandanti. Vengono proposti all’attenzione del lettore testi che rievocano importanti momenti. Si va dal ringraziamento per la solidarietà ricevuta dopo la condanna per la presunta diffamazione dell’avvocato di don Tano, febbraio 2005,alla lettera ai figli di Bernardo Provenzano pubblicata dall’Unità del 19 aprile 2006, invitati a dire di no alla mafia; c’è l’intervento di Giovanni Impastato in occasione dell’intestazione dell’aula consiliare di Cinisi a Peppino, nel dicembre 2008. C’è la reazione alla decisione del sindaco leghista del comune di Ponteranica di togliere il nome di Peppino alla locale biblioteca civica (2009). Ci sono i discorsi pronunciati in occasione delle annuali manifestazioni del 9 maggio. Fino agli ultimi documenti, che si occupano della pandemia, nel marzo 2020. E poi del 9 maggio “diverso”, senza corteo e con l’amarezza per la scarcerazione dei boss. E infine la nota di Giovanni Impastato del 23 settembre 2020 nella quale si da notizia che dalla fine del lock down, decisa il 18 maggio, al settembre oltre diecimila persone hanno visitato Casa Memoria, con tutte le precauzioni igieniche del caso. 
Quella casa – lo ricordo per il lettore meno informato – che oggi è un bene culturale affidato alla cura del Centro Impastato, ma che è stata la residenza di Tano Seduto, cioè di don Tano Badalamenti. A cento passi di distanza dall’abitazione di Luigi e Felicia Impastato.

Potrei, e forse dovrei, aggiungere altri riferimenti esprimendo meglio e fino in fondo la mia personale totale vicinanza a quanti danno vita a tutte le iniziative che a Cinisi continuano ad essere organizzate per combattere la mafia, i fascismi vecchi e nuovi, e la squallida mentalità piccolo borghese, spaventata e contemporaneamente aggressiva, arrivista, consumista, ma irrimediabilmente ignorante. 
Ma non mancheranno altre occasioni per approfondire quello che ho trattato di corsa e superficialmente. Nelle Marche sono in programma, in questo novembre 2021, iniziative di presentazione dei due libri, con la fondamentale presenza dell’autore. In Ancona, il libro "Il coraggio della memoria" sarà presentato pubblicamente dal Centro Politico e Culturale "Cumpanis" delle Marche martedì 30 novembre, presso la sede dell'ANPI, con la presenza di Giovanni Impastato.  E sono certo che anche altrove, in molti posti liberi e democratici, accadranno eventi analoghi. Perchè per fortuna ci siamo anche noi di sinistra, e non ci tiriamo indietro.

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