Stage e tirocini? Caporalato legalizzato

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Stage e tirocini? Caporalato legalizzato

 

“Alternanza scuola lavoro”, “stage”, “tirocini”: espressioni ammantate di positività che in realtà nascondono tutte, nella stragrande maggioranza dei casi, la stessa identica realtà, una realtà fatta di sfruttamento, striscianti ricatti, precarietà.

È tanto tempo che insisto sulla necessità di abolire tali forme di lavoro nero (questo sono!) in modo da ridurre gli ambiti attraverso i quali i datori di lavoro malintenzionati possono ricorrere a manodopera senza diritti, malpagata, spesso a carico delle finanze pubbliche. Peraltro, lo dobbiamo dire con la massima chiarezza, tra questi datori di lavoro spesso c’è il settore pubblico (noi tutti).
 
La prima cosa da ricordare è che non parliamo assolutamente di contratti di lavoro: sono formalmente contratti di formazione. Difatti non prevedono retribuzione, ma solo (quando ci sono) dei rimborsi spese. Tanto è vero quanto vi dico che non è prevista alcuna contribuzione previdenziale, nemmeno figurativa.
 
In quanto contratti di formazione, le persone coinvolte non dovrebbero essere impiegate in attività particolarmente responsabilizzanti, come pure non dovrebbero essere lasciate sole: chi sottoscrive un contratto di questo tipo lo dovrebbe fare per formarsi, appunto, per imparare, per apprendere, per studiare. Non è quello che accade e lo sanno tutti.
 
Il settore pubblico è afflitto da anni e anni di politiche di austero neoliberismo e il personale scarseggia: gli stagisti costituiscono un bacino da cui attingere per compensare e per provare a reggere botta. A pagare, ovviamente, sono gli ultimi, le persone con minori tutele, molto spesso giovanissime (ma non solo!), che accettano pur di portate qualche spicciolo a casa o quantomeno di “sporcare il curriculum”.
 
Poi ci sono le grandi aziende (ad ogni modo non solo loro, purtroppo), le multinazionali, nel settore bancario ad esempio ne vediamo di tutti i colori, che si dimostrano persino più subdole e meschine e, se vuoi sperare in un lavoro, in un’assunzione vera e propria, devi passare attraverso il pegno dello stage: «dopotutto» ti dicono «è un modo per farsi conoscere, per “entrare”, con “prospettive di stabilizzazione”». Capite quanto è criminale il ragionamento che c’è dietro?
 
Oggi il tradimento ordito nei confronti della Costituzione è così profondo che il lavoro, dall’essere un diritto assoluto, è divenuto una sorta di privilegio concedibile solo a coloro i quali si piegano allo sfruttamento, alla precarietà.
 
Questa storia del “raccordo” tra scuola e sistema produttivo o tra università e imprese è una balla totale: ci sono grossi colossi multinazionali che non esitano, avidi e ingordi come sono, ad attingere da questi pozzi di schiavi, di servi da ricattare, facendo loro annusare una prospettiva, la possibilità di avere – dopo essersi sottoposti all’umiliazione dello sfruttamento – un futuro libero e dignitoso.
 
E, si diceva, spesso tutto questo avviene a carico delle finanze pubbliche che sostengono, mediante la sottoscrizione di alcune convenzioni, tali infamie: oltra al danno, la beffa.
 
Ritenete che quanto descritto sia molto diverso da quando il padrone pretendeva (e succede ancora!) una prestazione sessuale in cambio di un’assunzione? A qualcuno potrebbe apparire una similitudine eccessivamente retorica: a me no, per nulla!
 
Eppure i giovani si sottopongono a questo stillicidio nella speranza di avere un lavoro (e in questo senso che la disoccupazione galoppante è da leggere sotto lenti diverse, attribuendole una vera e propria funzione riequilibrartice in favore delle multinazionali), terrorizzati come sono dall’idea di non avere la possibilità di costruirsi un futuro a causa della pandemia da precarietà, quella di cui nessuno parla.
 
E Lorenzo Parelli, 18 anni, è morto. Come muoiono tante donne e tanti uomini che per le stesse ragioni accettano di lavorare in condizioni infami di (in)sicurezza.
 
Si torni alla Costituzione: il primo passo è quello abolire stage, tirocini e alternanza scuola lavoro.
SONO AUTORE DI “CONTRO LO SMART WORKING” (LATERZA 2021): https://www.laterza.it/scheda-libro/?isbn=9788858144442

Savino Balzano

Savino Balzano

Savino Balzano, nato a Cerignola nel 1987, ha studiato Scienze Politiche presso l'Università degli Studi di Perugia. Autore di "Contro lo Smart Working" (Laterza, 2021) e di "Pretendi il Lavoro! L'alienazione ai tempi degli algoritmi" (GOG, 2019). Sindacalista, si occupa di diritto del lavoro, collabora con diverse riviste.

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