Siria: vacilla l'unica vittoria dell'"occidente collettivo"
Una Siria divisa sembra ancora negli interessi, se non di tutti, di molti.
di Gabriele Germani
I timori di molti analisti sull’avvio di una guerriglia diffusa da parte dei fedelissimi dell’ex regime prendono corpo. Nel pomeriggio di giovedì sono giunte notizie di scontri tra gruppi armati alawiti e miliziani dell’HTS (la formazione di Al Shara) ad Homs. Precedentemente, circa due giorni fa, nella sezione meridionale del paese si erano verificati scontri tra i resti dell’esercito di Assad e le autorità.
Nella serata di giovedì a Tartus e Latakia, dove sono presenti le due basi russe, si sono tenute manifestazioni e scontri di massa. Lentamente le proteste sono cresciute fino a coinvolgere le campagne e i paesi dell’interno. Nelle stesse ore è stato presentato il Consiglio militare per la liberazione della Siria, i cui scopi sono: liberare la Siria da tutte le forze di occupazione; rovesciare HTS; proteggere il popolo siriano; far tornare i rifugiati; istituire uno Stato sovrano e unitario in cui le sette etnie che compongono il popolo possano coesistere pacificamente. Venivano dunque invitate le minoranze (in particolare sciiti, curdi e drusi) a ribellarsi.
Al Jazeera ha riferito che l’ex Presidente Assad è al corrente delle vicende e ne segue gli sviluppi; aggiungeva inoltre che questi sono sostenuti da una potenza straniera (non specificata). Gli occhi del mondo sono caduti su Russia e Iran. La stessa emittente ha -nel corso della serata- riferito di un sostegno delle forze curde al Consiglio per la liberazione.
Il governo di Damasco ha fatto affluire i propri miliziani nelle province ribelli, proclamando il coprifuoco a Tartus dalle 22.00 alle 10.00 del mattino (successivamente imposto anche a Latakia e ad Homs). Sono circolati video cruenti: le forze ufficiali hanno aperto il fuoco sui manifestanti a Latakia e in tutto il paese sono stati commessi abusi nei confronti delle minoranze, in special modo degli alawiti.
Al Sud, nel distretto di Daraa (zona drusa) le moschee anti-HTS hanno invitato alla jihad contro l’occupazione israeliana e alla ribellione contro il governo.
A Jarabulus, nell’estremo meridione, la comunità drusa è scesa in piazza. Nella notte, è stato riferito che l’esercito russo avrebbe colpito qualsiasi minaccia contro la sicurezza degli insorti. Questa notizia è stata successivamente smentita. I ribelli hanno iniziato a rafforzare le proprie posizioni e avviato azioni in direzione di Homs.
I miliziani di HTS in difficoltà hanno colpito indiscriminatamente i civili alawiti, sparando contro le abitazioni. Attorno alle 22.00 italiane, dal confine Nord veniva riferito un ingresso di forze militari turche in direzione Idlib. All’1.00 di notte italiana, la resistenza prendeva il controllo del Monte Yunus, la vetta più alta della zona costiera.
Mentre la direttrice verso l’interno (Homs) sembra essersi fermata, la linea costiera sta lentamente cadendo nelle mani degli insorti, permettendo un ponte tra le basi russe ed Hezbollah. A tal riguardo, dal Libano sono giunte altre due notizie:
- Le milizie sunnite locali si sono messe a disposizione di HTS;
- Lungo il confine settentrionale (come già accaduto di recente) si sono verificati scontri tra i clan sciiti e le forze del governo siriano.
Nella notte fonda è stato reso noto che a guidare la resistenza è il generale Ghiath Suleiman Dalla, ex ufficiale della 4° divisione dell’SAA, considerato vicino all’Iran. Nella dichiarazione proponeva il ritiro di HTS dalla regione, in cambio della fine degli scontri e della liberazione di tutti gli ostaggi. Nei giorni passati Israele aveva invocato un ruolo delle minoranze per limitare il potere del governo definito “jihadista”. Se da un lato Israele potrebbe avvantaggiarsi del caos per creare un cantone druso; Russia e Iran potrebbero voler porre nella zona costiera un governo di fiducia a supporto di Hezbollah.
Persino la Turchia, al momento l’attore più danneggiato dalla manovra, potrebbe aver un machiavellico tornaconto, giustificando l’occupazione di Idlib.
Una Siria divisa sembra ancora negli interessi, se non di tutti, di molti.