Quello "strano" silenzio calato sul caso di Andry Paruby
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di Clara Statello per l'AntiDiplomatico
Non si parla più del caso di Andry Paruby, il fondatore del partito Social Nazionale ucraino e leader dei gruppi in armi dell' Euromaidan. Forse perché ad uccidere il deputato Andry Paruby non è stata né “la mano di Mosca” né una resa dei conti interna, ma la vendetta di un padre ucraino, il signor Mychailo Viktorovy? Stselnikov, per il figlio caduto al fronte.
In onore suo e del nonno si chiamava Mychailo-Viktor ed era partito come volontario. Aveva scelto come nome di battaglia Lemberg, l'antico nome asburgico della città di Leopoli. Evidentemente una scelta ideologica.
Lemberg non è uscito vivo dal tritacarne di Bachmut, come tante decine di migliaia di ragazzi ucraini.
“Questa è la mia vendetta personale contro le autorità ucraine”, ha detto il padre ai giornalisti, l'unica dichiarazione rilasciata dopo la sua cattura. Ha affermato di voler essere condannato al più presto e scambiato, per poter andare in Russia a cercare il corpo del figlio.
Questa drammatica vicenda smonta radicalmente la narrazione occidentale che parla di un popolo ucraino unito attorno ai propri leader nello sforzo di respingere l’offensiva russa.
Forse per questo è calato un velo di silenzio, nonostante i tanti interrogativi ancora insoluti che avvolgono il caso.
Abbiamo chiesto un commento a Vasily Prozorov, ex tenente colonnello dei servizi segreti ucraini che nel 2017 e fuggito in Russia dove ha successivamente aperto il sito UKR LEAKS per denunciare i crimini del regime di Kiev.
1. Signor Prozorov, l'assassinio di Paruby mostra inequivocabilmente una frattura all'interno dell' Ucraina. Qual è oggi, in realtà, lo stato della società ucraina in questa fase della guerra?
È una domanda molto interessante. Continuo a sentire regolarmente persone che vivono nei territori controllati da Kiev e la sensazione dominante è chiara: stanchezza e mancanza di prospettive. La gente comune non crede più in un futuro migliore.
Prevalgono depressione e il desiderio che la guerra finisca al più presto, a qualunque condizione. In pubblico però pochi osano parlarne, per paura – fondata – di persecuzioni da parte delle autorità e dei gruppi nazionalisti.
Al contrario, l’élite del Paese ripete incessantemente il messaggio opposto: “si combatterà fino alla fine”. Facile dirlo, visto che loro non rischiano il fronte, la miseria o la mancanza di prospettive. Anzi, da questa guerra molti traggono vantaggi e ricchezze. A queste persone la guerra conviene, ma sono poche, anche se ben organizzate e saldamente al potere.
2. La morte di Paruby mostra che gli ucraini iniziano ad attribuire le responsabilità della guerra non tanto alla Russia di Putin, quanto ai propri leader politici legati a Maidan. Secondo lei, cosa ha provocato questo mutamento nell’opinione pubblica?
La gente non è ingenua. Capisce bene chi sia il vero responsabile della propria situazione. Non è un caso che nei commenti sui social si leggano sempre più spesso domande come: “Perché il governo non ha fermato la guerra nell’aprile 2022, quando la Russia offriva condizioni tutto sommato accettabili?”. La memoria collettiva non è corta: la gente vede e ricorda.
3. Questa vicenda riporta alla mente la tragedia delle centinaia di migliaia di dispersi, e con loro di altrettante famiglie sprofondate nella disperazione. Ritiene plausibile che episodi simili possano ripetersi? E quale messaggio ha ricevuto Bankova?
Non credo che tutto questo possa intimorire il potere. Anche di fronte a testimonianze dirette, Kiev continua a ripetere la solita formula della “pista russa”, ignorando l’evidenza. E così sarà anche in futuro: qualsiasi episodio simile verrà presentato come un’operazione dei servizi russi e usato come giustificazione per nuove strette repressive all’interno del Paese.
4. Che lettura si dà in Russia a questi eventi e, più in generale, alla situazione interna dell’Ucraina?
Posso darle la mia opinione personale. Mi dispiace per il popolo. Là vivono ancora tante persone normali, del tutto ragionevoli, che però sono finite ostaggio di un regime criminale.
5. Parubij è stato una figura chiave della svolta maidanista dell' Ucraina. In base alla sua esperienza nei servizi ucraini, come si spiega che una personalità del genere si muovesse senza alcuna protezione?
La questione è semplice: per la squadra di Zelensky apparteneva al vecchio clan, era un potenziale concorrente. Nessuno aveva interesse a proteggerlo. Perché difendere qualcuno che, col tempo, poteva trasformarsi in un problema?
6. Durante la cerimonia commemorativa, l’ex presidente Petro Porošenko ha paragonato Paruby a Stepan Bandera. E un accostamento appropriato?
Se si guarda al fatto che entrambi hanno le mani macchiate del sangue di vittime innocenti, allora il paragone regge. Sia Bandera che Paruby sono stati carnefici innanzitutto del loro stesso popolo, adottando l’ideologia del nazionalismo estremo. Dal mio punto di vista, entrambi sono veri e propri cannibali in abiti umani.
7. Damien Ganul, Ivan Vorony? e Andry Paruby hanno portato con sé nella tomba segreti oscuri. A chi, in Occidente, conviene il silenzio perpetuo sui massacri e sul terrorismo dell’Ucraina maidanista?
È così. In una mia recente indagine sugli eventi del Maidan del 2014 a Kiev, ho accertato che Paruby è stato tra i principali esecutori dei piani occidentali per rovesciare il governo legittimo. E non solo a Kiev. Già nel 2010-2011 trasferiva la sua “esperienza” agli attivisti delle proteste liberali in Russia: insegnava come allestire campi di tende nelle città, come opporsi alla polizia, come organizzare provocazioni in strada. Era inevitabile, quindi, che avesse stretti legami con esponenti occidentali, compresi rappresentanti di forze nazionaliste e persino fasciste. Questi ambienti oggi sono scossi dalla perdita di un “esperto” simile, ma allo stesso tempo sollevati: con lui sono scomparse anche molte informazioni compromettenti sulle attività oscure di partiti radicali e servizi segreti occidentali. Lo stesso discorso vale per gli altri esponenti nazionalisti.