Nessuna linea rossa per Israele: come Washington legittima il genocidio a Gaza

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Nessuna linea rossa per Israele: come Washington legittima il genocidio a Gaza

 

di Clara Statello per l'AntiDiplomatico 

I bombardamenti degli ospedali non sono più un tabù. Da quando i carri armati israeliani hanno fatto irruzione lo scorso novembre nel cortile del complesso ospedaliero di Al Shifa, a Gaza City, la guerra di Israele contro ospedali, medici, infermieri e pazienti (anche neonati) è talmente diventata norma da non fare più neanche più notizia.

L’ospedale Admal Kamal di Beit Lahia, nel Nord di Gaza, martedì è stato precipitosamente e disperatamente evacuato, a causa del bombardamento del pronto soccorso, colpito dall’artiglieria israeliana. Reuters ed il canale Eye of Palestine hanno pubblicato diversi filmati che mostrano medici e infermieri mentre fuggono, trasportando i pazienti in barella. 

L'ospedale Al-Awda nel nord di Gaza è stato invaso, dopo un assedio iniziato il 19 maggio. Lo riferisce il segretario generale dell’OMS, Tedros Adhanom Ghebreyesus. Per diversi giorni i 148 membri del personale ospedaliero, 22 pazienti e i loro accompagnatori sono rimasti intrappolati all'interno. Solo nelle ultime ore è stata concessa l’evacuazione. Nella struttura sono rimasti però 14 pazienti con 8 accompagnatori e 12 medici, incluso il direttore dell’ospedale. Al-Awsa era rimasto l’unico ospedale nell’area ad avere una maternità e un reparto ortopedico.

Dall’inizio dell’operazione Spade di Ferro, Israele ha attaccato 450 obiettivi medici uccidendo 723 persone. Secondo i dati riportati dall’OMS, solo il 33% dei 36 ospedali di Gaza e il 30% dei centri sanitari di base sono in qualche modo funzionanti, tra ripetuti attacchi e carenza di forniture mediche vitali, carburante e personale. 

Il Washington Post scrive che “Israele ha fatto degli ospedali un obiettivo chiave della sua campagna militare a Gaza, danneggiando o distruggendo le strutture mediche più importanti della Striscia dopo aver affermato che Hamas le utilizzava per attività militanti”. 

Gli attacchi israeliani contro ospedali, moschee, strutture educative e panifici fanno parte di una “campagna per sradicare la società palestinese e ogni segno di strutture palestinesi nella vita civile”, sostiene un medico intervistato giovedì da Al Jazeera. “Questa è la politica di sradicare gli indigeni per impossessarsi delle loro terre”.

Attaccare un ospedale è un gravissimo crimine di guerra, un crimine che fino a pochi mesi fa avrebbe suscitato la riprovazione totale del mondo intero. Molti ospedali di Gaza sono stati assediati. Il principale, Al Shifa, è stato raso al suolo, 493 lavoratori della salute sono stati uccisi dall’IDF. Nei cortili degli ospedali assediati sono state ritrovate 7 fosse comuni, con almeno 300 corpi (oltre 500 secondo le autorità palestinesi). Alcuni giustiziati, altri decapitati, altri ancora sono stati rivenuti con polsi e piedi ammanettati, forse sepolti vivi.

Israele ha normalizzato l’orrore, lo ha reso un elemento del nostro quotidiano con il quale siamo obbligati a convivere, in nome del suo diritto alla difesa e della lotta all’antisemitismo. In concreto dobbiamo accettare in silenzio, se non di buon grado, i bambini fatti a pezzi, traumatizzati, mutilati, prigionieri, orfani o morti di fame, perché in passato la Chiesa cristiana ed i nazisti hanno perseguitato gli ebrei. Si utilizza un genocidio passato per legittimare genocidio presente.

E a legittimarlo sono in primis proprio i tre principali Stati europei di tradizione antisemita: Francia, Italia e Germania. In Europa alcuni Stati hanno già riconosciuto lo stato palestinese: Bulgaria, Cipro, Ungheria, Slovacchia, Svezia, Polonia, Ucraina, Bielorussia e Russia. Il 28 maggio si uniranno al gruppo due stati UE, Irlanda e Spagna, più la Norvegia, mentre Malta e la Slovenia hanno già annunciato che riconosceranno la Palestina. A prendere tempo sono la Germania, tra i più fedeli alleati di Israele, la Francia, secondo cui non è il momento giusto, e l’Italia, che come sempre segue in maniera subalterna la stessa linea di Washington.

Secondo il ministro degli Esteri forzista Antonio Tajani il riconoscimento deve essere “bilaterale”, dunque l’Italia riconoscerà la Palestina solo quando la riconoscerà Israele. In altre parole cede la propria autonomia politica al suo omologo israeliano, Yisrael Kats. Non andrebbe meglio se al governo ci fosse il centro-sinistra, visto che la segretaria del PD, Ellie Schlein, dice di auspicare in un riconoscimento europeo, demandando ancora una volta ad entità esterne una decisione cruciale sul ruolo dell’Italia nel Mediterraneo e nel vicino Oriente.

Le autorità di Madrid, Oslo e Dublino hanno motivato la loro mossa con la necessità di accelerare una soluzione diplomatica del conflitto, secondo la politica dei due popoli due Stati, in linea con l’ONU.

“Il premier Netanyahu continua a bombardare ospedali, scuole, case e punisce con la fame, il freddo, il terrore più di un milione di bambine e bambini innocenti”, ha dichiarato il primo ministro spagnolo Pedro Sanchez.

Ad oggi, secondo le autorità palestinesi, sono oltre 35mila vittime e di questi almeno 14mila sono bambini. Il bilancio potrebbe essere peggiore perché circa 10mila persone risultano disperse sotto le macerie. Oltre 17.000 bambini sono rimasti orfani, senza una figura parentale adulta al loro fianco, mentre tra le vittime civili si contano: 147 giornalisti e 262 soccorritori uccisi (tra cui sette stranieri). I feriti sono quasi 80.000.

L’utilizzo della fame come arma di guerra da parte di Israele sta causando la malnutrizione di 50mila bambini di Gaza. In particolare, nel Nord è colpito da grave malnutrizione il 31% di bambini sotto i due anni, a Rafah il 10%. I bambini morti per fame sono 31.

Nel tentativo di rimuovere le infrastrutture di Hamas, Israele ha distrutto o danneggiato l’80% delle 563 scuole dell’enclave, impedendo l’accesso all’istruzione a 625mila studenti. Ha ucciso 6.425 scolari. Inoltre ha distrutto o danneggiato il 60% delle abitazioni, l’80% dei negozi. Ha distrutto 247 moschee, 3 chiese e 171 installazioni dell’UNRWA.

L’operazione di Israele lanciata dopo il 7 ottobre è stata una carneficina di civili, ma Israele è lontana dall’obiettivo strategico che sostiene di voler ottenere. Secondo quanto scrive Politico, citando i dati dell’intelligence USA, solo il 35% dei militanti di Hamas è stato distrutto dall’IDF, mentre il 65% dei tunnel è rimasto intatto. Inoltre la resistenza palestinese è riuscita a reclutare nuove leve. Gli USA dubitano che Israele riuscirà a conseguire la vittoria totale su Hamas, più volte invocata da Netanyauh. Invitano i loro alleati a porre “una maggiore attenzione sulla connessione tra le operazioni militari in corso e, in ultima analisi, il risultato strategico”.

Israele ormai conduce una guerra senza regole di ingaggio, ha oltrepassato ogni linea rossa nell’impotenza della comunità internazionale. Dietro l’apparente divergenza politica, la Casa Bianca mantiene un sostegno incondizionato, che garantisce ad Israele l’impunità totale. Basta guardare alle minacce di Washington nei confronti della Corte Penale dell’Aja, dopo il mandato d’arresto internazionale per il premier israeliano ed il suo ministro della Difesa Yoav Gallant.

Il tribunale era stato istituito all’inizio del millennio dopo la guerra in Jugoslavia, per processare Slobodan Milosevic ed i suoi uomini. Karim Khan è lo stesso procuratore che l’anno scorso ha incriminato Vladimir Putin e alcuni funzionari russi. Adesso lui e i suoi colleghi membri della corte rischiano di ricevere dagli USA sanzioni e il ban d’ingresso negli USA. Provvedimenti che normalmente vengono adottati nei confronti di terroristi.

“Alcuni leader mi hanno detto molto schiettamente  “Questo tribunale è costruito per l'Africa e per teppisti come Putin”, ha detto Khan alla CNN.

Queste poche parole mostrano l’utilizzo strumentale che fanno gli USA del diritto internazionale: un moltiplicatore di forze quando serve a legittimare “l’ordine internazionale fondato sulle regole”, ovvero la supremazia statunitense sul mondo; da calpestare e mettere al bando quando diventa un limite per l’imperialismo, il colonialismo e il sionismo.

Clara Statello

Clara Statello

Clara Statello, laureata in Economia Politica, ha lavorato come corrispondente e autrice per Sputnik Italia, occupandosi principalmente di Sicilia, Mezzogiorno, Mediterraneo, lavoro, mafia, antimafia e militarizzazione del territorio. Appassionata di politica internazionale, collabora con L'Antidiplomatico, Pressenza e Marx21, con l'obiettivo di mostrare quella pluralità di voci, visioni e fatti che non trovano spazio nella stampa mainstream e nella "libera informazione".

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