Lula e Boric contro i dazi USA: l’America Latina punta sull’integrazione (e sulla Cina)

Mentre il FMI riduce le stime di crescita regionale, Brasile e Cile rispondono con accordi bilaterali e un’infrastruttura che interessa alla Cina

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Lula e Boric contro i dazi USA: l’America Latina punta sull’integrazione (e sulla Cina)

I presidenti di Brasile e Cile, Luiz Inácio Lula da Silva e Gabriel Boric, hanno lanciato un messaggio chiaro a sostegno del multilateralismo e della cooperazione regionale, contrapponendosi alle politiche protezionistiche degli Stati Uniti. L’incontro bilaterale a Brasilia, culminato con la firma di una dozzina di accordi, non è solo un atto diplomatico, ma un segnale geopolitico rilevante per un’America Latina che cerca di ridefinire il suo ruolo in uno scenario internazionale polarizzato.

I due leader di sinistra hanno criticato senza mezzi termini i dazi imposti dall’amministrazione Trump, definendoli una minaccia al commercio globale e una contraddizione rispetto ai principi di liberalizzazione economica promossi dall’Occidente dagli anni ’80. «Abbiamo un presidente degli Stati Uniti che decide di avvallare una politica protezionista, contraria a tutto ciò che ci è stato insegnato sulla globalizzazione», ha dichiarato Lula, sottolineando l’ipocrisia di Washington in un momento in cui l’America Latina subisce le conseguenze di una guerra commerciale asimmetrica.

Le parole di Lula e Boric riflettono una preoccupazione: secondo il Fondo Monetario Internazionale (FMI), le previsioni di crescita per la regione nel 2025 sono state ridotte allo 2%, mezzo punto percentuale in meno rispetto alle stime precedenti, anche a causa delle tensioni commerciali.

Corridoio Bi-Oceanico: progetto strategico tra Atlantico e Pacifico

Al centro del dialogo tra Brasile e Cile c’è il Corridoio Bi-Oceanico, un’infrastruttura chiave per l’integrazione fisica ed economica del Sud America. Il progetto, in gestazione da oltre un decennio, mira a collegare i porti cileni di Antofagasta e Iquique con il sud del Brasile, attraversando Paraguay e Argentina lungo 2.400 km. Oltre a facilitare il commercio intraregionale, il corridoio avrebbe un valore geopolitico: creare un ponte tra Atlantico e Pacifico, riducendo la dipendenza dal Canale di Panama e attirando investimenti esteri, in particolare dalla Cina.

Pechino, non citata esplicitamente da Boric ma menzionata da Lula, potrebbe infatti giocare un ruolo cruciale nel finanziamento. «Non voglio dover scegliere tra Stati Uniti e Cina», ha ribadito Lula, invitando il collega cileno a rafforzare i legami con Pechino e a partecipare al prossimo vertice dei BRICS, il blocco multipolare che riunisce Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, oltre a diversi nuovi paesi partner.

Autonomia strategica

La difesa dell’“autonomia strategica” — concetto ribadito da Boric — emerge come risposta alla politicizzazione del commercio e alla competizione tra potenze. Per il Cile, terzo partner commerciale del Brasile, la collaborazione con Brasilia (governata da un accordo di libero scambio dal 2022) rappresenta un pilastro per diversificare alleanze e ridurre vulnerabilità esterne. Con un interscambio bilaterale superiore ai 12 miliardi di dollari nel 2024, i due Paesi dimostrano che l’integrazione sudamericana può essere un antidoto all’isolamento.

Progressismo vs estrema destra

Oltre alla dimensione economica, Lula e Boric hanno evidenziato la necessità di un fronte progressista contro l’ascesa dell’estrema destra, definita una «minaccia alle democrazie». Il presidente brasiliano, già promotore di un vertice progressista durante l’Assemblea Generale dell’ONU, sostiene ora un nuovo incontro a Santiago del Cile, in collaborazione con il premier spagnolo Pedro Sánchez. L’obiettivo è contrastare movimenti sovranisti che, in Brasile e Cile, hanno guadagnato consenso sfruttando insicurezze sociali e disillusioni verso le élite.

Integrazione o irrilevanza?

Il vertice Lula-Boric delinea una roadmap per un Sud America più coeso, ma non nasconde le sfide. La realizzazione del Corridoio Bi-Oceanico richiederà non solo finanziamenti (con Pechino in prima linea), ma anche una volontà politica duratura, considerando le divergenze storiche tra Paesi della regione. Inoltre, il bilanciamento tra Stati Uniti e Cina rimane un dilemma: mentre Lula sogna di «vendere a entrambi», la pressione per schierarsi potrebbe intensificarsi, soprattutto per volontà di Donald Trump che vuole imporre scelte di campo nette.

In questo contesto, l’integrazione sudamericana non è più solo una retorica, ma una necessità geoeconomica. Come ha sintetizzato Boric: «Questo è integrazione concreta, non solo discorsi». La posta in gioco è alta: evitare che la regione diventi un semplice campo di battaglia per le grandi potenze, per conquistare invece un ruolo da protagonista nel commercio globale.

La Redazione de l'AntiDiplomatico

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