Lo schiaffo di Putin a Zelensky
La mossa da poker del Cremlino che ha spiazzato Kiev. A rischio i negoziati?
di Clara Statello per l'AntiDiplomatico
Putin lascia Zelensky ad aspettarlo all’altare. Oggi non sarà in Turchia per inaugurare la ripresa dei negoziati russo-ucraini che potremo denominare “Istanbul2”. La conferma è arrivata solo nella tarda serata di mercoledì, quando il Cremlino ha sciolto il nodo sulla composizione della delegazione russa. Ne faranno parte Vladimir Medinsky (assistente del presidente russo), Alexander Fomin (vice ministro della Difesa), Mikhail Galuzin (Vice ministro degli Esteri), Igor Kostiukov, Capo della Direzione principale dello Stato maggiore delle Forze armate.
Immediatamente dopo, Trump ha dato forfait. Neanche lui oggi sarà a Istanbul. Non ha avuto l’incontro storico di cui sperava prendersi il merito. Un segnale che il tango si balla in due, ma è Mosca a guidare il passo.
La composizione delle delegazioni
Secondo i dati di Flightradar, l’aereo della delegazione russa è atterrato in Turchia attorno alle tre di notte. La squadra dei negoziatori, dunque, è stata svelata soltanto all’ultimo momento, poco prima della partenza dall'aeroporto di Chkalovsky. Mosca ha voluto giocare al buio, lasciando Kiev senza un’idea dell’importanza strategica assegnata ai colloqui dalla controparte russa. Inferiore rispetto alle attese di Bankova e della Casa Bianca.
Mosca ha comunicato per prima la composizione della sua delegazione (determinando quindi il livello di colloqui che dovrebbero tenersi oggi), ma conosceva la squadra ucraina, stabilita con decreto presidenziale promulgato il 15 marzo.
Mentre la delegazione russa è di medio-alto profilo, guidata da un negoziatore tecnico, quella ucraina è di massimo livello. Comprende il ministro degli Esteri Andrii Sibiha, il ministro della Difesa Rustem Umerov, il consigliere presidenziale per la diplomazia Igor Zhovkva. Ciò significa che il capo dei consiglieri presidenziali e i ministri ucraini incontreranno i vice dei loro omologhi.
Il differente livello delle due delegazioni indica la differente importanza strategica che le parti assegnano a questo incontro. La Russia ha scoperto le carte solo alla fine, senza dare all’Ucraina la possibilità di una risposta. Dalla scacchiera Putin è passato al tavolo da poker.
Zelensky andrà Istanbul. Incontrerà il presidente Erdogan e da lì prenderà una decisione sulla partecipazione della delegazione ai colloqui. Nel frattempo, in mattinata, i negoziatori ucraini hanno incontrato in Turchia il segretario di stato Marco Rubio, il senatore repubblicano Lindsay Graham, il ministro degli Esteri francese Jean-Noël Barrot (evidentemente i francesi cercano ancora disperatamente di mettere il piede dentro il processo negoziale).
Lo schiaffo di Mosca a Zelensky
Per la parte russa quello di oggi sarà un vertice esplorativo, con Mosca disposta a trattare ma alle sue condizioni. Ripartendo da dove il dialogo era stato interrotto. In questo senso Medinsky, già capo delegazione nel 2022, rappresenta la continuità con i negoziati di Istanbul.
"Mosca considera gli attuali negoziati come una continuazione del processo negoziale iniziato tre anni fa a Istanbul e un percorso per eliminare le cause profonde del conflitto. Questo è ciò che ha determinato la scelta dei negoziatori", scrive il quotidiano russo Kommersant.
La sua scelta, inoltre, rappresenta soltanto l’apertura di Mosca al dialogo e indica due cose:
• il processo negoziale è nella fase preliminare: le decisioni non arriveranno domani o nel fine settimana, come aveva annunciato Trump e nonostante le minacce di sanzioni durissime dei volenterosi.
• Mosca non si fida di Kiev: Medinsky – di origine ucraina - è una figura sacrificabile. Un fallimento dei negoziati non avrebbe delle ripercussioni politiche, in quanto la responsabilità non ricadrebbe su figure di vertice come Lavrov o Ushakov.
E il rischio di fallimento dei colloqui esiste davvero, anzi potrebbero fallire prima ancora di iniziare. Zelensky pensava di aver messo sotto scacco Putin annunciando la sua partecipazione a Istanbul. Non si è reso conto invece di scoprire le carte mettendosi da solo in una posizione di svantaggio.
Quando lo ha compreso ha iniziato a mettere in dubbio la partecipazione ucraina al vertice. Prima ha detto che solo lui avrebbe potuto negoziare, poi ha posto la presenza di Putin come condizione dei colloqui.
Secondo quanto riporta il Washington Post, Zelensky sarebbe stato convinto da Witkoff e da alcuni funzionari europei a non abbandonare le trattative, dopo che il presidente ucraino ha dichiarato che non avrebbe permesso ai suoi collaboratori di incontrare una delegazione russa in Turchia, a meno che non fosse intervenuto Putin.
Mosca non ha ceduto né a Kiev, né ai “volenterosi” e alla stampa internazionale, e neanche a Trump e Lula hanno insistito per avere un incontro di alto profilo.
Il presidente del Brasile, infatti, di ritorno da una visita ufficiale in Cina, ha fatto una sosta nella capitale russa per chiedere a Putin di recarsi personalmente ai colloqui con l'Ucraina in Turchiaha riferito l'ufficio presidenziale brasiliano. Non è stato ricevuto dal presidente russo, la conversazione è avvenuta telefonicamente. Poche ore prima Zelensky aveva chiesto la sua mediazione. L’intervento di uno dei principali partner della Federazione Russa è servito.
Probabilmente il presidente ucraino credeva di poter condurre un bluff proponendo il faccia a faccia: Putin non avrebbe accettato e la responsabilità del fallimento dei negoziati diretti sarebbe caduta su di lui. Invece Mosca non ha preso in considerazione e ha addirittura declassato l’incontro a “colloqui tecnico-preliminari. Uno schiaffo a Kiev.