L'India nello scacchiere geopolitico attuale

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L'India nello scacchiere geopolitico attuale

 

di Paolo Arigotti

 

La collocazione dell’India nello scacchiere geopolitico internazionale è estremamente interessante per la posizione che il subcontinente occupa rispetto ai diversi attori: oggi ci concentreremo, in particolare, sui rapporti con la Cina.

Al pari della Repubblica Popolare, l’India è uno dei paesi fondatori dei BRICS, dopo essere stata a lungo, nel periodo della guerra fredda, uno dei leader del fronte dei cosiddetti non allineati, fatto che non le impedì di intessere rapporti molto stretti con l’allora Unione Sovietica; inoltre, assieme a Cina, Russia e altri sei stati è membro dell’Organizzazione per la cooperazione di Shangai (SCO).

Allo stesso tempo, l’India ha  siglato, anche recentemente, importanti accordi politici e militari con gli Stati Uniti, dopo che nel 2017 le due nazioni – assieme a Giappone e Australia – avevano dato vita al Dialogo quadrilaterale di sicurezza (Quadrilateral Security Dialogue, QUAD), un patto strategico informale per contenere l'espansionismo cinese nell'Indo-Pacifico; Delhi, inoltre, fa parte dell’ulteriore iniziativa multilaterale dell’IPEF, Indo-Pacific Economic Framework for Prosperity e della I2U2, con USA, Israele ed Emirati.

Il comune denominatore che caratterizza molte di queste iniziative, a cominciare dal QUAD, nessuna delle quali mai elevata al rango di alleanza militare vera e propria, affonda le radici nella comune consapevolezza che nessuna nazione, da sola, sarebbe mai stata in grado di fronteggiare la crescente potenza militare cinese, consentendo agli americani di riunire attorno a sé diversi paesi amici che l’aiutino a presidiare una regione sempre più strategica, oltre a fungere da strumento di deterrenza per quegli stati che si fossero mostrati disponibili a accogliere le offerte d collaborazione di Pechino, vuoi perché timorosi della sua forza o semplicemente perché attratti dagli investimenti promessi dal Dragone.

Nel novero di queste nazioni, l’India ha molte ragioni per temere l’espansionismo politico ed economico del potente vicino, dal quale la dividono storiche rivalità.

Pensiamo così alla crescente influenza di Pechino sul Pakistan, che potrebbe comportare un maggiore impegno delle forze di Delhi nel Kashmir, o, più in generale, al pericolo di un sempre maggiore accerchiamento militare cinese, che potrebbe finire per chiudere la sbocco occidentale di Malacca alle basi indiane delle isole di Andamane e Nicobare, dove ha sede un importante comando interforze.

Sotto il profilo tecnologico ed economico ci sarebbe anche la “guerra” delle app, scoppiata nel 2020 quando l’India vietò diversi applicativi cinesi (come Wechat o Tik Tok) per motivi di sicurezza e salvaguardia dei dati, nonostante il subcontinente fosse (e rimanga) uno dei maggiori mercati mondiali del più famoso social cinese e che la Huawei possegga una significativa fetta di mercato[1].

La vera questione sul tappeto, tuttavia, resta quella del confine himalayano.

Nonostante nel corso del loro ultimo incontro nel mese di agosto al vertice BRICS, quello che ha deciso il raddoppio del numero dei membri, il presidente cinese Xi Jinping e il primo ministro indiano Narendra Modi abbiano rinnovato l’impegno per individuare una soluzione definitiva alle annose diatribe di confine[2], la questione è lungi dall’essere risolta; è opinione di Alberto Bradanini[3], ex ambasciatore d’Italia a Pechino e presidente del Centro studi sulla Cina contemporanea, che la querelle rappresenti ancora oggi uno dei principali (e storici) ostacoli all’intesa tra le due potenze nucleari.

Nonostante una dichiarazione finale congiunta nella quale le parti hanno definito la discussione “positiva, costruttiva e approfondita”[4], preliminare a nuovi contatti diplomatici e militari, la linea di confine lunga oltre tremila chilometri, che corre lungo le vette più alte del mondo, continua ad essere oggetto di dispute periodiche.

Nel 2020 la costruzione di nuove vie di comunicazione, in particolare una nuova strada indiana ad alta quota, ha dato vita a scontri tra le truppe di confine, per quanto la decisione di smilitarizzare l’area abbia sempre impedito la degenerazione in conflitto aperto. L’ultima guerra vera e propria fu quella lampo del 1962, quando le due nazioni si batterono per il controllo di parte del Kashmir e del confine nordorientale chiamato NEFA ("North East Frontier Agency): la guerra non si è mai formalmente conclusa, mancando un vero e proprio accordo di pace, e venne firmato solo un armistizio, formalmente ancora in vigore.

Per tentare di smorzare le tensioni è stato indetto poche settimane fa, nella città cinese di Nyingchi, un forum sul Tibet, con la partecipazione delle diverse nazioni himalayane: in quell’occasione il capo della diplomazia cinese Wang Yi ha invitato tutti i partecipanti a “mantenere congiuntamente l’unità regionale e rispettare la sovranità e l’integrità territoriale reciproche”, lanciando un chiaro segnale distensivo[5]. Tuttavia, il fatto che il ministro delle Risorse naturali di Pechino abbia diffuso una cartina che includeva nel territorio sovrano della Repubblica Popolare lo Stato nord-orientale dell'Arunachal Pradesh e l'altopiano conteso dell'Aksai Chin ha suscitato le proteste di Nuova Delhi, con una dura presa di posizione del ministro degli esteri Jaishankar, che ha definito “assurde” tali pretese[6].

Giunti a questo punto è possibile comprendere le ragioni che spingono l’India, consapevole della superiorità strategica e militare della Cina, a cercare nuovi alleati, nei quali però non sempre sembra nutrire piena fiducia. Come scriveva Phillip Orchard in un’analisi ripresa da Limes[7]: “se per esempio l’India pensasse che il Giappone, l’Australia e gli Stati Uniti non l’aiuterebbero a sufficienza a vincere in un conflitto con la Repubblica Popolare a un costo accettabile, allora Delhi avrebbe ottime ragioni per limitare le tensioni con Pechino”.

Detto in altri termini, se gli “alleati” (in particolare quelli del QUAD) non facessero fino in fondo il loro “dovere”, tanto varrebbe trovare un modus vivendi con Pechino, piuttosto che affrontare una sfida dai costi – economici e militari – e dagli esiti difficilmente prevedibili.

In attese di maggiori certezze, il subcontinente seguita a giocare su più tavoli, sia ricercando nuove intese con Pechino in ambito economico e commerciale (nel 2021 gli scambi con la Cina hanno superato il 100 miliardi di dollari, e sembrano destinati a crescere ancora, tanto da fare di Pechino il primo partner commerciale nel 2022), senza per questo rigettare il ruolo di  “agente di rifornimento e manutenzione”[8] per la forza navale statunitense nella regione dell’Asia-Pacifico, sulla scia di un accordo siglato a inizio anno tra il presidente Joe Biden e il primo ministro Narendra Modi, nel corso della visita di stato di quest’ultimo a Washington.

Le nuove basi statunitensi in India (si parla delle città di Chennai, Mumbai e Goa) si sommano agli hub creati in altri paesi amici dell’Asia, come  Giappone e Singapore, e hanno lo scopo dichiarato di contenere l’espansione, specie nell’oceano Indiano, della marina cinese che, se già oggi conta oltre trecento unità, si prefigge di superare le quattrocento entro la fine del decennio.

Nonostante i nuovi legami instaurati con l’America, i crescenti interessi economici intessuti coi cinesi e la comune appartenenza ai (e crescita dei) BRICS potrebbero, alla lunga, scontrarsi con una politica ambivalente; ulteriore elemento di cui tener conto è che dal primo gennaio entrerà nei BRICS l’Iran – anch’esso membro della SCO – che come noto è ai ferri corti con Washington, mentre il Pakistan, paese non precisamente amico dell’India (e sempre più vicino alla Cina), già esprime le sue preoccupazioni per un rischio instabilità nella regione.

L’India, sempre in un ottica di contenimento della Cina, in aggiunta alle varie iniziative già menzionate, ha intessuto una rete di accordi con vari paesi asiatici e dell’Africa orientale (come Mozambico o Madagascar) per controbilanciare l’espansionismo commerciale e militare cinese: tra gli altri ricordiamo l’accesso militare al porto di Duqm in Oman, che non a caso si colloca tra il porto cinese di Gwadar (Pakistan) e la base militare di Gibuti, cui si aggiunge la base navale di Changi a Singapore, che consente al subcontinente un rapido accesso allo stretto di Malacca, vicino al quale c’è un altro hub strategico, il porto di Sabang, in Indonesia. Per dare un nome “romantico” alla rete di alleanze e hub strategici creati dai due giganti si è usato il termine “collana di perle” cinese, contrapposta a quella “di diamanti” indiana[9].

Ma qualunque sia la collocazione geopolitica prescelta, i rapporti coi paesi BRICS restano fondamentali per l’India. Se ultimamente si è registrato un calo delle importazioni di petrolio dalla Russia (alla quale l’India non ha mai applicato sanzioni), crescono quelle dall’Arabia Saudita e dagli Emirati (prossimi all’ingresso nei BRICS). Inoltre, il calo dell’import di greggio da Mosca non è dipeso da problemi nei rapporti tra le due nazioni, ma dall’intensificarsi delle operazioni belliche in Ucraina e dalla diminuzione dei prezzi scontati del petrolio di Mosca, che avevano permesso a inizio conflitto di toccare picchi molto elevati (come ad ottobre 2022)[10]; a ciò si aggiungano le fermate programmate per manutenzione in talune raffinerie indiane. Del resto, anche le importazioni di greggio dagli Stati Uniti hanno seguito un andamento altalenante, con un picco a inizio anno, un crollo a marzo e un nuovo incremento a giugno 2023.

La politica estera indiana, ispirata al principio di un’autonomia strategica tra i due blocchi e in funzione dei propri interessi, sembra per ora dare i suoi frutti. Solo per fare un esempio, Delhi ha fatto affari d’oro vendendo agli europei il petrolio russo (sottoposto a embargo), dopo averlo raffinato, trasformandolo in diesel e altri prodotti petroliferi[11], contribuendo così a realizzare (con la complicità europea) un sostanziale aggiramento delle famose sanzioni.

Il problema è che se tutto ciò che nel breve periodo questa strategia ha portato dei vantaggi economici, non è affatto detto che il gioco possa durare all’infinito.

Il contrasto e la contrapposizione tra blocco occidentale a trazioni statunitense e quello del sud del mondo, incarnato dai BRICS, potrebbe mettersi di traverso, e non vanno trascurate le ambizioni indiane di conquistare la leadership del sud globale[12].

Non tutti la vedono in questi termini. Sameer Patil, membro senior della Observer Research Foundation (ORF)[13] di Mumbai e ricercatore sulle priorità di sicurezza nazionale e regionale dell'India e sull'antiterrorismo, insiste nel parlare di una precisa scelta di autonomia strategica del suo paese[14], smentendo l’idea di un paese “indeciso” nella sua collocazione: l’India, così sostiene l’analista, si configurerebbe come una nazione attenta ai propri interessi e partnership con varie potenze asiatiche.

Tuttavia, è innegabile che i fatti degli ultimi anni, a cominciare dal conflitto russo ucraino, abbiano grandemente accelerato il processo di polarizzazione del mondo dei due blocchi – alcune avvisaglie si possono intravvedere pure con la situazione mediorientale – e questo potrebbe alla lunga avere dei riflessi sulla cosiddetta autonomia di Nuova Delhi.

Per dimostrare come il mondo sia in rapida evoluzione, pensiamo al progetto di un nuovo corridoio economico tra India ed Europa, che dovrebbe transitare per Israele e Giordania (IMEC), il cui memorandum d’intesa è stato firmato lo scorso 9 settembre in occasione del vertice G20 tenutosi proprio nella capitale indiana. L’idea elaborata come risposta alla BRI cinese, con tanto di snodi ferroviari, trasbordi e strade ausiliarie digitali ed elettriche, nata con la partecipazione di Stati Uniti, India, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita e UE, con un ruolo speciale riservato a Germania, Francia e Italia, è a rischio, prima ancora di poter vedere la luce, per via del nuovo conflitto in Medio Oriente.

Un attento analista e conoscitore delle dinamiche internazionali come Pepe Escobar[15] enuclea una serie di ragioni per le quali il progetto non si realizzerà. Sauditi ed emiratini si stanno sempre più avvicinando al blocco BRICS, ergo che interesse avrebbero ad appoggiare un’iniziativa nata in funzione anticinese? E poi esiste già un’altra infrastruttura di collegamento, che coinvolge la stessa India, e si chiama INTSC[16], già attivo e funzionante, che sarebbe molto più utile anche a Nuova Delhi, anche per aprirle la porta ai mercati del Caucaso. In questo senso per gli stessi indiani potrebbe rivelarsi molto più proficuo ricorrere a canali già esistenti e rinsaldare i contatti con russi e cinesi, piuttosto che rischiare di irritarli per andare incontro ai desiderata degli americani[17].

Forse uno dei problemi di fondo nei rapporti tra i due giganti asiatici è rappresentato dall’atteggiamento della Cina, che rifiutando di riconoscere all’India il ruolo di interlocutore su un piede di parità (dall’alto di un PIL e di un budget per la difesa nettamente superiori[18]) alimenta la diffidenza reciproca.

E se non è sempre vero che tra i due litiganti il terzo gode, in mezzo  si stagliano gli americani, che pensano di usare l’India come arma di distrazione per i cinesi dal teatro dell’Indo pacifico; una valutazione molto discutibile, non foss’altro perché la crescita esponenziale della marina del Dragone e dell’influenza cinese nell’area non sembrano dare ragione alla strategia di Washington. Una ragione in più per comprendere come le frizioni tra Cina e India non investono solo le relazioni bilaterali, innestandosi negli equilibri geopolitici della regione più contesa del mondo [19].

A riprova del carattere ambivalente delle posizioni espresse dall’India anche in sede BRICS, ricorderemo il veto all’ingresso dell’Algeria nel club[20] – sostenuto invece da russi e cinesi – che secondo alcune voci sarebbe ascrivibile alle pressioni dell’intelligence francese; per la cronaca, poche settimane dopo Algeri ha dichiarato di non avere per il momento più interesse a entrare nei BRICS[21].

Allo stesso tempo, però, non mancano una serie di segnali in controtendenza, che sembrano andare nella direzione di un avvicinamento dell’India al blocco orientale.

Oltre ai rapporti con Russia e Cina, pensiamo a una serie di accordi su cooperazione economica ed investimenti reciproci, firmato tra sauditi e indiani proprio in occasione del vertice G20 di Nuova Delhi[22]: ben 47 memorandum, riguardanti, tra l’altro, un nuovo importante progetto di collegamento ferroviario tra India, UE, Arabia Saudita, Giordania e altri paesi dell’Asia occidentale, con l’obiettivo di implementare i traffici commerciali[23].

Inoltre, nello stesso vertice è stata ribadita la volontà indiana, già frutto di una precisa indicazione della banca centrale a quelle locali, di utilizzare le rispettive valute nazionali (dirham degli Emirati o rupia indiana) negli scambi commerciali con gli EAU, a cominciare dal petrolio[24].

Sul versante opposto, abbiamo già fatto cenno alle tensioni storiche col Pakistan, storico nemico dell’India, il cui progressivo avvicinamento alla Cina[25] (grazie anche al corridoio economico chiamato CPEC[26]) potrebbe causare parecchi grattacapi all’India. E ora Pechino intesse rapporti perfino col piccolo regno del Bhutan[27], finora considerato “cortile di casa” di Nuova Delhi, storica pedina nella questione dei confini himalayani.

Venendo alle conclusioni, se le diatribe tra i due giganti asiatici non possono certo dirsi risolte e/o in via di definizione, esistono alcuni segnali che potrebbero indurre – con tutte le contraddizioni che si sono evidenziate – a un cambio di prospettiva.

Se fino a pochi anni fa India e Cina, è il caso di dirlo, non se le mandavano a dire – come quando Delhi accusava Pechino di sfruttare ai suoi fini i rapporti con l’Africa e vari paesi asiatici, o quando Xi Jinping prometteva ritorsioni per la decisione indiana di  non aver preso parte al vertice BRI e non aver aderito al RCEP (il Partenariato complessivo economico regionale che lega 15 paesi del continente asiatico) – e ferme restando le “scaramucce” di confine, la ricerca di un modus vivendi non viene affatto esclusa, e ove raggiunta potrebbe rivoluzionare tanti equilibri.

La stessa svolta nazionalista impressa dall’attuale dirigenza politica indiana – attesa alla prova delle urne il prossimo anno – non pare aver inciso più di tanto sugli storici dissidi, nel senso di impedirne una soluzione: basti ricordare che gli incontri tra Xi e Modi sono stati molto più numerosi che mai nella storia dei vertici delle due nazioni [28].

Se da un lato gli americani hanno tutto l’interesse a contrastare questo avvicinamento, e la stessa politica estera indiana non pare del tutto incline ad abbandonare la via (legittima) dell’autonomia strategica, in un mondo sempre più bi o multipolare – a seconda delle chiavi di lettura – non necessariamente ci sarà spazio per un nuovo movimento dei non allineati.

Se la diplomazia è l’arte del compromesso tra interessi contrapposti, resta da vedere se sarà in grado di trovare il giusto equilibrio, magari con un buon viatico che potrebbe arrivare dal mondo della cultura[29], che ha visto lo sviluppo di proficui rapporti tra le due potenze avversarie.

I rapporti tra Cina e India potrebbe rivelarsi, in un futuro ancora incerto, la chiave dei BRICS. E non andrebbe trascurato che Delhi avrebbe tutto l’interesse che la Cina, in ascesa inarrestabile, non acquisisca un ruolo preponderante nella realtà asiatica e planetaria[30]. In altre parole, meglio un accordo dignitoso, piuttosto che correre il rischio di essere messi da parte.

Magari, facendo una proiezione (e una previsione), in un domani ancora imprecisato le due potenze potrebbero presentarsi con le due famose rette parallele, destinate a non incontrarsi mai, ma a viaggiare l’una al fianco all’altra.

 

 

FONTI

ilcaffegeopolitico.net/56261/cina-e-india-una-rivalita-in-ascesa?gclid=Cj0KCQjwqP2pBhDMARIsAJQ0CzpHEp4vL9HojzKheyy-wrUfAK_Wytlr8yxRONP4u_MwnqXhxCDPewkaAuZpEALw_wcB

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“Alberto Bradanini: nei rapporti tra Cina e India la chiave dei BRICS” - www.youtube.com/watch?v=MamfAjVQ0ho&t=1032s (canale YouTube Spunti di riflessione)

www.limesonline.com/cartaceo/pechino-contro-delhi-leterna-sfida-sul-tetto-del-mondo

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[1] www.panorama.it/news/dal-mondo/cina-india-relazioni-economiche

[2] www.scmp.com/news/china/military/article/3232223/xi-and-modi-agree-brics-prioritise-de-escalation-efforts-himalayan-border

[3] Alberto Bradanini: nei rapporti tra Cina e India la chiave dei BRICS www.youtube.com/watch?v=MamfAjVQ0ho&t=1032s (canale YouTube Spunti di riflessione)

[4] new.thecradle.co/articles/xi-modi-agree-to-de-escalate-tensions-on-disputed-himalayan-border

[5] www.china-files.com/in-cina-e-asia-forum-sul-tibet-wang-yi-difende-lintegrita-territoriale-della-cina/

[6] www.italiaoggi.it/news/la-cina-ha-elaborato-una-cartina-che-attribuisce-a-se-stessa-delle-aree-che-l-india-invece-afferma-che-2611365

[7] www.limesonline.com/cartaceo/il-quad-visto-dagli-stati-uniti

[8] ytali.com/2023/04/29/i-labirinti-della-geopolitica-indiana/

[9] it.insideover.com/difesa/la-collana-di-perle-contro-la-collana-di-diamanti-cosi-india-e-cina-si-contendono-lasia.html#google_vignette

[10] zbr.com.mx/it/sin-categoria-es/diminuiscono-le-importazioni-di-petrolio-russo-in-india/77473/#google_vignette

[11] greenreport.it/news/energia/lindia-sta-vendendo-diesel-russo-allunione-europea/#:~:text=New%20Delhi%20compra%20greggio%20scontato,carburante%20per%20aerei%20al%20giorno.

[12] www.linkiesta.it/2023/08/india-modi-brics-mondo/

[13] new.thecradle.co/articles/indias-foreign-policy-dilemma-counter-or-cooperate-with-china

[14] ytali.com/2023/04/29/i-labirinti-della-geopolitica-indiana/

[15] new.thecradle.co/articles/war-of-economic-corridors-the-india-mideast-europe-ploy

[16] en.wikipedia.org/wiki/International_North%E2%80%93South_Transport_Corridor

[17] www.panorama.it/news/dal-mondo/cina-india-relazioni-economiche

[18] www.ispionline.it/it/pubblicazione/cina-e-india-relazioni-pericolose-35803

[19] www.limesonline.com/cartaceo/pechino-contro-delhi-leterna-sfida-sul-tetto-del-mondo

[20] new.thecradle.co/articles/india-vetoed-algeria-brics-entry-at-frances-request-report

[21] aliseoeditoriale.it/perche-lalgeria-fa-retromarcia-sullingresso-nei-brics/

[22] www.arabnews.com/node/2371251/business-economy

[23] new.thecradle.co/articles/saudi-arabia-india-agree-to-boost-investment-economic-ties

[24] new.thecradle.co/articles/india-asks-local-banks-to-de-dollarize-uae-trade-report

[25] www.limesonline.com/rubrica/cina-wang-yi-india-afghanistan-pakistan-nepal

[26] cpec.gov.pk/

[27] www.china-files.com/in-cina-e-asia-wang-yi-atteso-negli-usa-per-preparare-lincontro-tra-biden-e-xi/

[28] www.china-files.com/bharat-un-nuovo-nome-per-lindia/

[29] dspace.unive.it/bitstream/handle/10579/20124/852499-1248547.pdf?sequence=2

[30] formiche.net/2023/04/india-cina-confini-tensioni-vertice-sco/

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