La sottile strategia del farsi fregare dalla Lega

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La sottile strategia del farsi fregare dalla Lega



di Antonio Di Siena
 

Dopo le parole di Giorgetti di ieri continuare a sostenere pubblicamente che quella della Lega è una “strategia” rasenta il reato (per i curiosi - art. 661 cp). Ma purtroppo di creduloni in buona fede in giro ce ne sono ancora a frotte.
E disgraziatamente pure di cialtroni.


Ma veniamo ai fatti, o meglio alla dietrologia sui fatti.
Secondo i sostenitori della “strategia” la Lega starebbe recitando una parte, quella dei bravi ragazzi per non inimicarsi il potere.
Dirsi quindi favorevoli e leali ad €uro e Unione per tranquillizzare le consorterie europee, vincere le elezioni senza destabilizzazioni esterne, e poi fare l’esatto contrario fregando tutti.


Una machiavellica abiura tattica proferita col solo fine di ottenere la necessarie apertura di credito e agibilità politica per governare con le mani libere.
Una specie di Parigi val bene una messa ma pronunciato in lumbàrd.


Come se fossero loro gli unici furbacchioni. Mentre tutti gli altri, dagli uomini forti di Bruxelles e Washington a quelli di banche e grande finanza internazionale, soltanto un branco di coglioni.


Anche perché l’atto di abiura per essere credibile può farlo soltanto chi ha professato un’eresia. E Giorgetti eretico non lo è mai stato. Ecco perché è lui e non Bagnai (e nemmeno Borghi) ad andare sul giornale.


Perché Giorgetti, al contrario di quel che può apparire qualche altro leghista, è cristallina
espressione del potere.


Laureato alla Bocconi;
cugino del banchiere Ponzellini (l’allievo e collaboratore personale di Romano Prodi);
socio dell’Aspen Institute
(il “club” esclusivo fondato in USA di cui fanno parte Mario Monti, Giuliano Amato, John Elkann, Gianni Letta, Romano Prodi, Lucia Annunziata..); membro del “comitato dei saggi” nominato nel 2013 da Napolitano col fine di elaborare quel programma di riforme istituzionali ed economiche necessarie a rispettare le politiche di austerità e il patto di stabilità; nonché relatore della legge costituzionale che ha inserito il pareggio di bilancio in Costituzione.


Un uomo del potere quindi, con la fin troppo evidente funzione di garanzia dentro un partito che viene spacciato per sovranista e anti-sistema solo per fregare i voti degli allocchi, che va sul giornale non già per rilasciare un’intervista ma per mandare un messaggio chiaro.


Perché quella non è un’intervista, e per capirlo non serve manco leggersi le risposte. Bastano le domande dell’intervistatore che vi invito a leggere una di seguito all’altra.

- Salvini ha detto: «A Mosca sto meglio che a Bruxelles». È ancora così?
- Salvini ora dice che sull’immigrazione è meglio collaborare con l’Europa. Se tornerete al governo cambierete almeno i metodi?
- Nel team dell’economia della Lega ci sono ancora Borghi e Bagnai, fautori dell’uscita dall’euro. Tenete il piedi in due staffe?
- In Europa contate poco perché siete nel gruppo con AfD e Le Pen. Entrereste in un gruppo con i conservatori, dove c’è già la Meloni?
- Ora siete molto filo-americani. Siete d’accordo con Trump anche quando mette i dazi ai nostri prodotti o ci invita a partecipare a missioni di combattimento in Iraq?
- La Cina è un partner o un concorrente dell’Italia?
- Nel 2022 si eleggerà il capo dello Stato. Draghi presidente gioverebbe alla proiezione internazionale dell’Italia?
- Per rassicurare cancellerie e mercati, contemplereste l’ipotesi di un governo della Lega guidato da una personalità diversa dal vostro leader?


Avete letto?
Queste non sono domande.
È un articolato diktat, posto con la sfrontatezza tipica di chi, come Polito, è megafono del potere.
E viene dettato senza condizioni e alla luce del sole, nonché simbolicamente dalle colonne del quotidiano per antonomasia espressione del potere in Italia, con una finalità evidente: la pubblica, esplicita, sottomissione della Lega a quel potere estero e sovranazionale che governa ininterrottamente l’Italia dal dopoguerra.


E qui non c’è dietrologia o strategia che tenga.


Con una singola pagina di giornale è stato delegittimato Salvini (insieme alla corrente minoritaria No-Euro) e normalizzata la Lega. Riportandola ufficialmente nell’alveo dei partiti sistemici, ammesso e non concesso sia mai stata una roba diversa, le è stato consentito finalmente di governare.


Perché ieri Giorgetti ha pubblicamente garantito per la Lega assumendosi la responsabilità politica (e probabilmente pure personale) delle sue parole.


E l’ha fatto perché dentro la Lega Giorgetti é il capo.
E i capi non abiurano, al massimo si sottomettono.
Come fanno i vassalli.

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