La scintilla che ha unito i palestinesi. Intervista a Bassam Saleh

Foto: Bacheca Facebook Bassam Saleh

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La scintilla che ha unito i palestinesi. Intervista a Bassam Saleh

 

Di nuovo sotto i riflettori mondiali, la questione palestinese irrompe nel dibattito internazionale. Da Gerusalemme, dalla protesta contro gli sfratti dell'occupazione israeliana, c'è stata una scintilla che, come sottolinea Bassam Saleh, giornalista palestinese, segretario di Fatah- Italia e attivista per i diritti dei popoli, ha di nuovo unito i palestinesi: " una rivolta palestinese globale che nessuno si aspettava e non è stata orchestrata da un parte specifica".

Con Saleh abbiamo affrontato anche come è cambiato, in peggio, l'atteggiamento dei media e politici italiani sulla questione palestinese negli ultimi 30 anni.

Gli attacchi ad Al Aqsa della polizia israeliana ricordano la visita di Sharon alla spianata delle moschee del 2000. Di fatto siamo ad una terza intifada?

Molto prima di questi attacchi della polizia israeliana, ci sono state le continue provocazioni dei coloni, e dei membri del governo e della Knesset israeliana, protetti dall’esercito, che ha chiuso la spianata e le moschee per permettere loro di entrare nei luoghi sacri dell’islam, senza nessun rispetto delle regole per entrare.

Cito un esempio: nelle moschee si entra scalzi, per pregare, e non si entra in nessun luogo di culto con le armi.

Queste provocazione sono continuate nella chiusura della porta di Damasco all’inizio del mese di Ramadan, che rappresenta la vita commerciale e giovanile palestinese.

A peggiorare la situazione, le manifestazioni dei coloni di estrema destra al grido "morte agli arabi", è stata la scintilla della ribellione palestinese, prima a Gerusalemme e poi estesa in tutti i territori palestinesi, arrivata all’interno di Israele. Da Lud a jafa, da Acre a Nazareth a Um al Fahem, i palestinesi con cittadinanza israeliana sono scesi in piazza in solidarietà con Gerusalemme e contro l’apartheid israeliana, e la polizia non ha risparmiato la forza per reprimere i manifestanti. È una ribellione che ha unificato tutto il popolo palestinese, comprese i palestinesi rimasti nella Palestina del 1948.

La resistenza agli sfratti del quartiere Sheikh Jarrah ha dato una nuova consapevolezza alla questione palestinese?

Certamente. Ha riconfermato che il piano sionista di pulizia etnica perpetrato già dalla creazione dello stato sionista non si è mai fermato.

Shekh Jarrah ha amplificato l’importanza di Gerusalemme, che è il cuore della questione palestinese insieme al diritto al ritorno.

Su queste due punti è fallito l’incontro voluto da Clinton tra Arafat e Barak nel 2000, alla Casa Bianca, che ha avuto come conseguenza la seconda intifada, e l’invasione di Sharon della Cisgiordania, con l’assedio di Arafat nella Moqata. Quello che sta succedendo in Palestina, non è un evento passeggero o una reazione al tentativo di evacuare il quartiere di Sheikh Jarrah: quest'ultima è stata la scintilla che ha acceso una rivolta palestinese globale che nessuno si aspettava e non è stata orchestrata da un parte specifica.

Sei da anni in Italia, che differenza vedi tra i partiti e i media di oggi tutto solidali con Israele, mentre prima c'era chi dimostrava almeno neutralità sulle questione palestinese.

A pensare come era l’Italia, 30-40 anni fa ed oggi, mi viene da piangere.

C’era un certo equilibrio nelle informazioni, e c’erano partiti che guardavo in modo benevole verso l’altra sponda del mediterraneo, anche nell’interessi dell’Italia.

C'era la Palestina che riusciva a mettere insieme, Pci, Psi e Dc, con le differenze dovute, che di certo non erano antisemiti o nemici di Israele. Ma avevano la consapevolezza politica di cercare una soluzione giusta al conflitto palestinese israeliano.

Ora come allora c’erano anche partiti e giornali che negano per fino l’esistenza del popolo palestinese e i suoi diritti inalienabile.

Oggi con le nuovi mezzi d’informazioni e comunicazioni, è più facile trovare le notizie, e seguire anche indiretta gli avvenimenti in qualsiasi parte del modo quasi. Ma certa stampa mainstream fa finta di non vedere, e  prova a disinformare e disorientare le persone, generalizzando un fatto insignificante che diventa il fatto più importante, distogliendo, e coprendo l’attenzione sui veri problemi.

Nel caso della Palestina, il palestinesi ucciso a sangue freddo, è un numero senza nome e cognome, per evitare di spiegare il perché di questa uccisione, l’aggettivo occupazione israeliana non viene mai citata. E la resistenza con tutti i mezzi possibili all’occupante diventa terrorismo. Uno stato che applica la segregazione, la colonizzazione l’apartheid è uno stato democratico? Si. Solo quando si tratta di Israele, perché è il figlio prediletto dell’occidente.

Per fortuna, non solo per i palestinesi, ma di tutti, ancora ci sono persone, e mezzi di comunicazione, che lavorano, convinti, facendo controinformazione. Fra loro ci sono tanti stimati giornalisti, e testate online.

Infine, c’e la grande solidarietà di tanti uomini e donne italiani/e per tutte le giuste cause dei popoli in lotta per la libertà, l’emancipazione, solidarietà vera e sincera fra i popoli, che dovrebbe mettere sotto pressione chi sta al governo e portarlo a ragionare e cambiare rotta.

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