La “guerra al narcoterrorismo” di Noboa: una copertura per giustificare l’intervento straniero?
Il Parlamento dell’Ecuador ha approvato una risoluzione che, sotto il pretesto della lotta al crimine organizzato, autorizza il governo neoliberista di Daniel Noboa a far entrare truppe straniere nel paese. Con 121 voti a favore, l’Assemblea Nazionale ha dato il via libera a una misura presentata come necessaria per contrastare la “delinquenza organizzata transnazionale”, definita come un nemico dello Stato. Tuttavia, dietro questa retorica di emergenza si nascondono dubbi e critiche sull’effettiva natura della decisione.
La risoluzione invita il governo a utilizzare canali diplomatici per attuare accordi di cooperazione internazionale già esistenti, ma non chiarisce quali paesi saranno coinvolti né quali poteri avranno le forze straniere sul territorio ecuadoriano. Inoltre, l’obbligo per i ministri di riferire quindicinalmente sui progressi sembra più una formalità che una garanzia di trasparenza. Durante il dibattito, esperti legali hanno sottolineato che non era necessaria un’approvazione parlamentare per cercare cooperazione internazionale, alimentando il sospetto che questa mossa abbia motivazioni politiche più che strategiche.
#URGENTE | Asamblea Nacional reafirma el compromiso con la lucha contra el crimen organizado y exhorta al gobierno.#JuntosLegislamos pic.twitter.com/RW1TI55j1W
— Asamblea Nacional (@AsambleaEcuador) February 26, 2025
Molti osservatori interpretano la decisione come un tentativo di Noboa di rafforzare la propria immagine in vista del ballottaggio del 13 aprile contro Luisa González, candidata della Revolución Ciudadana. La retorica della “guerra al narcoterrorismo” e del “conflitto armato interno” sembra infatti mirata a giustificare una misura estrema, come l’ingresso di truppe straniere, in un contesto di crescente insicurezza. Tuttavia, questa strategia rischia di minare la sovranità nazionale e di aprire la porta a ingerenze esterne difficili da controllare.
Il governo ha cercato di rassicurare che la collaborazione sarà temporanea, ma i numeri allarmanti della violenza – con 750 omicidi solo a gennaio – non bastano a spiegare perché si ricorra a una soluzione tanto drastica. Le critiche alla gestione della sicurezza da parte di Noboa sono sempre più forti, e questa risoluzione sembra più un’operazione di facciata che una risposta strutturale ai problemi del paese sudamericano che ai tempi di Rafael Correa aveva tassi di criminalità molto bassi. Il rischio è che, dietro il pretesto della lotta al crimine, si celi un’agenda politica che potrebbe avere conseguenze imprevedibili per l’Ecuador.