La Grecia diventa oggi il principale partner militare degli Usa nella regione
Oggi il parlamento di Atene voterà la ratifica del secondo protocollo di cooperazione e mutua difesa fra Grecia e Stati Uniti.
Un nuovo accordo di difesa (promosso l’anno scorso da Anthony Blinken) che modifica il precedente con l’obiettivo di “salvaguardare gli interessi greci e creare uno scudo per la protezione del paese”.
In pratica il nuovo trattato di “difesa reciproca” consentirà agli USA di investire massicciamente in Grecia nel miglioramento delle strutture di difesa a tutela di sovranità, integrità territoriale e rispetto del diritto internazionale del mare… E utilizzare le strutture militari elleniche su terraferma e isole per logistica e formazione di personale.
Un accordo che colpisce per tempistica e contenuti.
Primo perché sposta notevolmente gli equilibri dell’industria militare. Estromessa di fatto la Germania (in passato fra i principali fornitori di armamenti di Atene), il protocollo spalanca agli USA le porte di un paese fra i massimi importatori di armi ad alta tecnologia e che vanta da anni un budget per la difesa in rapporto al Pil che è il doppio della media Ue. Consentendo agli investitori americani di inserirsi prepotentemente nel business dell'industria della difesa greca dal 2020 in forte espansione dopo le privatizzazioni delle ex industrie statali (solo negli ultimi due anni le esportazioni verso i paesi del Golfo - Arabia Saudita e EAU in primis - sono aumentate del 50%) e un fatturato da 300 milioni di dollari. E certificando, qualora ce ne fosse ancora bisogno, che il cuore economico degli USA resta l’industria bellica.
Secondo perché ribalta la storica posizione anti americana della popolazione greca, da sempre sospettosa verso gli statunitensi, soprattutto per il loro mai dimenticato sostegno al golpe della giunta militare del 1967. Processo iniziato sulla scia della crisi economica del 2010 e che ha visto il governo di Washington, nelle vesti del “poliziotto buono”, contrapporsi alla cinica e austera Germania.
Terzo, e forse più importante di tutti, perché sancisce l’investitura di Atene come principale partner militare americano nella regione. La Grecia, infatti, in passato aveva ripetutamente chiesto agli USA di impegnarsi maggiormente e per iscritto nella difesa della sua sovranità (ben al di là del quadro di accordi NATO) senza mai essere ascoltata. Adesso la musica sembra profondamente cambiata.
La concessione di numerose basi militari (una per tutte la strategica Alexandroupoli) apre alla Grecia la possibilità di partecipare al consorzio di difesa F-35 in sostituzione della Turchia… estromessa dopo gli accordi (recentemente rinnovati) fra Ankara e Mosca per l’acquisto dei sistemi di difesa russi S-400. E tutto questo accade a pochi mesi dagli accordi con la Francia per la fornitura all’esercito ellenico di fregate, corvette e caccia Rafale e, soprattutto, nel bel mezzo del conflitto in Ucraina.
Uno scenario che attesta da una parte la totale affidabilità della Grecia nel quadro delle alleanze occidentali, sostenendo fra l’altro il mai sopito obiettivo greco di diventare paese leader dei Balcani. Dall’altra (e dopo le fortissime tensioni greco-turche degli anni passati) dimostra, ancora una volta, che gli USA non si fidano più della Turchia e, indirettamente, anche della Germania suo storico alleato. Ancora una volta, quindi, Ankara sembra essere l’occulto ago della bilancia dell’intero scacchiere internazionale. E io resto convinto di una cosa: finché Erdogan resta al suo posto il conflitto in corso resterà circoscritto. Se dovesse saltare (le elezioni presidenziali si svolgeranno l’anno prossimo) le cose potrebbero precipitare in pochissimo tempo.