La Geoeconomia di Prevost

Molti analisti tendono a sottovalutare il ruolo del Pontefice di Roma in merito agli eventi di politica internazionale. Nulla di più sbagliato come ci hanno insegnato i pontificati di Karol Wojtyla e di Mario Bergoglio. Anche Prevost infatti sta dando un impronta geopolitica e geoeconomica alla sua azione dove il suo background di matematico gioca un ruolo fondamentale come si è visto con il monito contro "lo sviluppo tecnologico senza scrupoli".

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La Geoeconomia di Prevost

 

di Giueppe Masala per l'AntiDiplomatico

 

Molti sottovalutano l'importanza della Chiesa Cattolica nel quadro geopolitico mondiale. E' una storia vecchia questa, rimase famosa per esempio la frase di Stalin: «Quante divisioni ha il Papa?» proprio per dire che la Chiesa non ha alcun ruolo nell'ambito delle relazioni internazionali e delle questioni di ordine geopolitico che decidono gli assetti del mondo.

I fatti e la storia hanno smentito questa visione. Pensiamo al potente ruolo giocato dal Papa polacco Karol Woytila, nella disgregazione del cosiddetto mondo del socialismo reale simboleggiato dalla caduta del Muro di Berlino prima e del dissolvimento dell'Unione Sovietica dopo. Ognuno di noi può avere l'idea che vuole su quella fase storica e su quella esperienza umana, ma nessuno può negare il potente ruolo svolto dalla chiesa cattolica a partire dall'appoggio formidabile al sindacato polacco Solidarnosc: ciò che segnò uno dei primi e più importanti segni che indicavano come qualcosa di importante stesse accadendo nelle società che vivevano oltre la Cortina di Ferro.

Venendo ai giorni nostri, anche Papa Bergoglio ha dato prova di grande capacità di lettura della realtà geopolitica verificatasi nelle relazioni internazionali sia tra singoli Stati che tra blocchi di stati contrapposti tra loro. Il Pontefice argentino pur non avendo influito direttamente nelle vicende ha comunque svolto un ruolo importantissimo aprendo gli occhi a una consistente parte dell'opinione pubblica mondiale. Lo ricordiamo tutti, la definizione, ormai entrata nella storia, che ha spiegato a tutti il senso di quello che stava accadendo è quella di «Guerra Mondiale a pezzi». Una definizione che in tre parole spiega il senso di ciò che stava (e sta tuttora) accadendo dandogli una coerenza logica: le tante guerre in corso (soprattutto tra Africa, Europa ed Asia, sono un puzzle che una volta ricomposto ci fa vedere una guerra più generale - di ordine di grandezza planetario - che vede tra loro contrapposti due grandi blocchi di stati: quello Occidentale capeggiato dagli USA  e quello Euroasiatico capeggiato dalla Cina.

Va detto che Bergoglio, espresse il concetto di guerra mondiale a pezzi in tempi davvero non sospetti, già nel 2014, quando davvero pochissimi analisti erano in grado di vedere l'enorme conflitto che stava deflagrando e che, nel corso di questo decennio, ha mietuto come minimo un paio di milioni di vittime se oltre all'Ucraina, si aggiungono i morti verificatisi nel Sahel africano e in Siria. Va anche aggiunto che, nella interpretazione di Papa Francesco vi è una parte più nascosta. Si tratta di una verità troppo spesso taciuta ma ben conosciuta agli storici dei conflitti e gli studiosi della geopolitica in generale. La guerra non deflagra improvvisamente, in maniera inaspettata, ma è sempre frutto di scelte protratte nel tempo e portate avanti con piccoli passi che visti separatamente dagli altri non lasciano intravvedere quale sarà lo sbocco finale del processo. Così allo stesso modo la guerra mondiale a pezzi, è certamente un insieme di proxy war dove le grandi potenze si sfidano lasciando combattere i loro paesi protessi ma lo sbocco finale, se non fermato in tempo, sarà comunque l'unione dei vari pezzi del puzzle e dunque lo scoppio di una guerra generale ed incontrollata.

Anche Prevost, sebbene assiso al soglio di Pietro da appena qualche mese, ha già voluto dare un’impronta al suo Pontificato anche sotto l'aspetto dell'economia, della geopolitica e in definitiva dell'analisi delle cause profonde dei conflitti che affliggono i nostri tempi. Lo ha fatto in maniera indiretta, e  forse proprio per questo in maniera molto profonda, indicando le cause ultime che stanno portando ad un nuovo grande conflitto generalizzato nei nostri giorni.

In più di una circostanza Prevost ha posto l'accento sui pericoli di un uso non etico dell'Intelligenza Artificiale, uso che potrebbe rinchiudere l'umanità in un panopticon che tutto vede e che tutto indirizza così come apertamente dichiara di voler fare Curtis Yarvin il teorico dell'Illuminismo Nero; ideologo che peraltro gode della stima e della considerazione dell'ala più reazionaria dell'élite della Silicon Valley che ha appoggiato Trump e che vanta tra le sue fila uomini del calibro di Elon Musk e Peter Thiel.

Ma è evidente che non è solo il rischio di una nuova “dittatura” delle élites tecnologiche ciò che Prevost vuole sottolineare: quando esprime una condanna dello “sviluppo tecnologico senza scrupoli” sottolinea anche il rischio della povertà a cui saranno soggetti i popoli soccombenti nella lotta per il predominio tecnologico.  Ed in definitiva pone in evidenza una verità da sempre taciuta; quella che molte guerre nascono proprio dalla sconfitta nella cosiddetta lotta per il primato tecnologico. Accadde questo durante la Belle  Écoque quando la Gran Bretagna perse la sfida del predominio economico e tecnologico con la Germania guglielmina. Sconfitta scientifica e commerciale che pose le premesse per lo scoppio della Prima Guerra Mondiale anche perchè l'impero britannico rischiava di perdere il ruolo della sterlina come moneta standard dei commerci internazionali. Esattamente lo stesso fenomeno che ora sta ponendo in contrapposizione gli USA e la Cina, rischiando di trascinare il mondo in un nuovo conflitto planetario. La Cina ormai insidia apertamente il primato tecnologico americano rischiando di disintegrare l'impero occidentale a causa del rischio “collaterale” di perdita del primato del dollaro come moneta standard dei commerci internazionali. Come si può vedere, una situazione molto simile  a quella che anticipò la prima guerra mondiale.

Questi concetti non apertamente detti dal Pontefice sono pienamente ascrivibili alla sua condanna dello sviluppo tecnologico irresponsabile e della lotta furibonda tra le nazioni che ne consegue. Lotta che può sfociare, appunto, in conflitti aperti di portata mondiale.

Un Papa dunque, che oltre ad essere autorità morale e religiosa esprime una importante dottrina geoeconomica e geopolitica supportata da importanti competenze tecniche e matematiche. Dunque un papa che può dare un impulso fondamentale alla comprensione dei fenomeni e dei cambiamenti, pieni di potenziali conflitti, che l'uomo sta affrontando e sempre di più dovrà affrontare.

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