"La dedica del Giro d'Italia a Gino Bartali". Anche il Manifesto si abbassa alla propaganda filo Israele
“(…) L’omaggio che la Gazzetta dello Sport, quale organizzatrice della corsa rosea, ha voluto dedicare a Gino Bartali in occasione del Giro d’Italia 2018 e degli ottanta anni delle leggi razziali, facendo partire la corsa da Gerusalemme e includendo altre due tappe in terra israeliana, rappresentano una scelta condivisibile e confermano quanto sosteniamo da tempo, che la storia dello sport è parte integrante della storia politica. (…)” Questa considerazione la trovate nell’articolo “Un Giro dedicato a Gino Bartali” pubblicato, il 5 maggio, da “Il Manifesto” (qui lo screenshoot) che - ad onta del suo dichiararsi “quotidiano comunista” e di qualche suo buon articolo sul Giro d’Italia - non esita a fare propria l’operazione di maquillage messa su da Israele contro la quale hanno già protestato anche decine di personalità del mondo ebraico.
Operazione di maquillage , tra l’altro, basata su indubbi falsi storici.
Soffermiamoci, a tal proposito, su quanto segnalato in un articolo di Alberto Negri.
Come è noto, l’inizio del Giro d’Italia in Israele è stato giustificato con la commemorazione di Gino Bartali (ora cittadino onorario di Israele) per il suo salvataggio di ebrei, per i quali, tra il 1943 e 1944, avrebbe trasportato, nel telaio della sua bicicletta, carte di identità false. Una storia - nata dal romanzo pubblicato nel 1978 “Assisi clandestina” di Alexander Ramati - secondo lo storico Michel Sarfatti - fino al 2016 direttore della Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea – completamente inventata. Sarfatti, in un dettagliato articolo, evidenzia, infatti, che questo salvataggio non è menzionato né nelle testimonianze degli organizzatori del Soccorso Fiorentino, né in scritti privati o dichiarazioni pubbliche di Bartali (morto nel 2000) ed è categoricamente smentita da don Aldo Brunacci - canonico della cattedrale di Assisi, incaricato dal suo vescovo di organizzare il soccorso agli ebrei – che così si esprime a riguardo: “Si tratta di un vero romanzo. L’autore di “Assisi clandestina” aveva certamente in mente un copione per un film e non poteva trovare personaggio più adatto di Bartali, l’eroe sportivo per antonomasia di quell’epoca”.
Si, ma allora perché, nonostante una storia basata su un romanzo, è stato deciso di far partire Il Giro d’Italia da Israele? Vuoi vedere che c’entrano qualcosa i 16 milioni di euro versati a Rcs e Gazzetta dello Sport dal miliardario israelo-canadese Sylvan Adams? Chissà. Comunque, Pecunia non olet. E magari, l’anno prossimo, con uno sponsor altrettanto generoso e qualche altra leggenda Il Giro d’Italia lo vedremo partire da Guantánamo.
Francesco Santoianni