La "casa nei boschi": è davvero questa la tutela dei minori?

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La "casa nei boschi": è davvero questa la tutela dei minori?


di Francesco Corrado

 

Il caso della famiglia di Palmoli cui sono stati sottratti i tre figli e che sta facendo discutere non solo l'Italia, offre un buono spunto per analizzare la situazione dei diritti dei minori nel nostro paese.

Anche se in questi casi si usa un linguaggio edulcorato e si usano espressioni garbate tipo  "allontanamento dalla famiglia" e simili, ciò che va tenuto presente è che l'esperienza subita dai bambini e dalla famiglia è identica nella sostanza fattuale (e psicologica) a quella di un arresto. 

Un intervento della forza pubblica teso a limitare la libertà personale è sempre un evento traumatico. Anche quando ad essere sottoposto a tale trattamento è un adulto, figuriamoci quando si tratta di bambini con meno di 10 anni. Quindi tali tipi di intervento devono assolutamente essere residuali.

Si edulcora poi il linguaggio dicendo che i bambini sono portati in una "struttura protetta". Ovviamente queste strutture le possiamo chiamare coi nomi più accattivanti, potremmo chiamarle anche "strutture della felicità", ma rimane il fatto che i bambini vengano istituzionalizzati. Cioè vengono inseriti in strutture che si presentano come istituzioni totali cioè istituzioni che hanno questi tre requisiti: 1-controllo sui soggetti operato dall'alto, 2 -organizzazione formale e centralmente amministrata del luogo e delle sue dinamiche interne, 3-allontanamento ed esclusione dei soggetti istituzionalizzati dal resto della società. 

Quindi le cosiddette strutture protette in realtà hanno tutti i requisiti delle carceri, degli ospedali psichiatrici e in generale di strutture detentive in quanto ci si entra coattivamente per decisione dell'autorità ed al suo interno non si può essere liberi.

Per chiarire meglio: la situazione di questi bambini è molto più afflittiva rispetto a quella della detenzione domiciliare. Cioè un detenuto, quindi una persona maggiore di età, condannato per reati, può scontare tutta o parte della propria pena in una condizione di maggior vicinanza ai propri familiari, mantenendo le proprie abitudini di vita, nel proprio ambiente domestico, mentre quei bimbi no; quindi i bambini di Palmoli stanno vivendo una situazione di maggiore controllo, minore libertà e di maggiore alienazione rispetto alla loro vita normale di quanto accada ad un reo che abbia subito una condanna penale da scontare ai domiciliari.

A nulla vale la considerazione che all'interno dell'istituto sia presente, in un altro piano, la madre dei piccoli.

Questo infatti aggiunge sofferenza a sofferenza in quanto i bambini stanno assistendo alla umiliante situazione della madre che li può vedere solo quando il regolamento dell'istituzione prevede. Cioè quel punto fermo di amore ed autorità genitoriale che è la madre deve ubbidire ad ordini altrui nel relazionarsi coi figli. E se non violenza questa allora, cosa lo è?

Per usare le parole della garante dei minori Marina Terragni: il prelevamento dei minori deve essere eccezionale che ricorre solo quando c'è un rischio comprovato cioè che bisogna provare. Infliggere il trauma del collocamento in casa-famiglia (o in altra struttura) è come infliggere una pena ad un innocente.

Ovviamente per prendere provvedimenti simili la magistratura minorile dovrebbe dimostrare che i minori stiano correndo dei pericoli e questi pericoli siano attuali, cioè essere rischi che il minore corre nell'immediato, e devono essere rischi gravi, quindi ben determinati e non generici riferimenti a possibili, lontani e non meglio specificati rischi, come sembra dal dispositivo che riguarda la famiglia di Palmoli.

Infatti questi provvedimenti possono essere presi solo in caso di violenze ed abusi seri, cioè per salvare l'integrità psicofisica del minore, oppure in caso di abbandono. Altrimenti come fanno notare altri giudici siamo in presenza di una sorta di rapimento di minori.

Il dispositivo del tribunale de L'Aquila e le sue motivazioni sembrano infatti contenere argomentazioni valide solo a chi non è abituato alla logica giuridica essendo di fatto estremamente vago.

Dei tre problemi evidenziati dal tribunale e cioè salute, disagio abitativo e scolarità-socialità faremo una breva analisi, rimandando una più approfondita disamina degli atti a quando si sarà compresa meglio la situazione fattuale, su cui c'è ancora molta confusione.

Riguardo alla salute le condizioni fisiche dei bambini esse sono ottime e la cosa è stata anche certificata dal pediatra, sono vaccinati e l'indigestione di funghi di cui parla il tribunale e che nella narrativa popolare è diventato un avvelenamento è uno delle migliaia di casi che si verificano ogni anno. Niente che possa giustificare l'intervento delle forze dell'ordine.

A nulla valgono le doglianze del tribunale relativamente ai problemi relativi all'abitazione in quanto nessuno dei suddetti problemi può essere usato come motivazione per sottrarre i bambini ai propri genitori. Anche perché questo darebbe corda allo slogan salviniano usato in questi giorni che è a nostro avviso fuorviante: "e allora i rom?"

Se l'ordinamento giuridico della Repubblica consente ai rom di vivere e crescere i bambini in roulotte, per rispetto alla loro cultura (e ci va bene), allora non si capisce perché questo non sarebbe possibile nella comunità neorurale di Palmoli. Peraltro parliamo di una casa che è stata visitata da una decina di emittenti televisive e decine di youtuber e da nessuna delle immagini disponibili si vedono cose così catastrofiche, anzi.

Nemmeno sarebbero valide le questioni relativa all'antisismicità. Giova ricordare che proprio li vicino, durante il cosiddetto terremoto del Molise del 2002, a seguito del crollo di una scuola elementare appena ristrutturata, persero la vita 27 bambini. Solo una parte delle case e solo una piccola parte degli edifici pubblici hanno certificati antisismici e comunque anche questa storia, a sentire l'avvocato difensore, non sarebbe stata posta in termini corretti dal tribunale. Perizie relativamente alla casa sono state fatte e di certo non si tratta di locali fatiscenti.

Di fatto l'unica preoccupazione concreta che il dispositivo del magistrato minorile paventa è quello che l'umidità possa causare malattie respiratorie ai bambini.
Almeno abbiamo una preoccupazione specifica e non vaga. Eppure quella zona non è famosa per l'umidità come la Pianura Padana per esempio. E la casa ha tre fonti di riscaldamento.

Il terzo punto evidenziato dal tribunale, che di fatto è considerato il più importante, sarebbe relativo alla scolarità-socialità.

Relativamente alla situazione scolare della maggiore dei tre bambini, considerata problematica da parte del tribunale, la documentazione era disponibile all'assistente sociale già dagli inizi di novembre, come detto dall'avvocato della famiglia, ed anche al sindaco, ma non era pervenuta all'autorità giudiziaria. Quindi il problema scolare della minore di fatto no esiste.

Relativamente alla socialità questo punto pare essere anch'esso falso. Falso perché, al di la delle definizioni giornalistiche, quella famiglia non vive nella foresta Amazzonica né in un vero e proprio bosco ma in una ex masseria, in una frazione posta a 5 km dal paese, circondata da altre case in cui vivono bambini che sono amici dei tre sventurati protagonisti di questa triste vicenda. Cioè la "famiglia dei boschi" vive nella campagna dell'interno del vastese, in un ambiente rurale, altro che bosco. Inoltre i tre bambini tolti alla famiglia frequentano i bambini che vivono nella stessa comunità. Su questo le testimonianze degli abitanti del paese paiono concordare. 

Per procedere alla sottrazione dei minori sarebbe stata necessaria la reclusione dei bambini ed il divieto di frequentare amichetti, cosa che la gente del luogo nega decisamente, altro che vaghi richiami alla socialità!

In definitiva la possibilità per lo stato di interferire in modo così pesante nelle faccende della famiglia di Palmoli, come di qualsiasi altra famiglia, è quella di salvare l'integrità psicofisica del minore da un danno attuale e grave. E qui, questi presupposti, mancano del tutto.

Come ha spiegato quasi 15 anni fa il giudice Morcavallo: "degli oltre 10.000 fascicoli che ho studiato solo in tre casi esisteva un reale rischio per il minore", in tutti gli altri casi a prevalere sono state le esigenze del business delle adozioni in casa famiglia. 

La situazione giuridica paradossale di fronte alla quale ci troviamo è che mentre per togliere la libertà ad un maggiorenne ci vogliono accuse circostanziate e poi la dimostrazione della colpevolezza, con tutte le garanzie di un processo penale, per far si che la forza pubblica intervenga su dei minori bastano frasi apodittiche, il paventare futuribili rischi non meglio identificati e nessuna prova delle affermazioni riportane nel dispositivo del tribunale.

Veniamo al baccano politico che questa decisione sta sollevando.

Va rigettata l'argomentazione di Salvini "e allora i Rom?", chiaramente limitativa del problema in questione, che è un problema di diritti basilari, mentre lo slogan di Salvini sarebbe teso solo ad allargare la base di queste abitudini invasive dei tribunali dei minori. Perché qualcuno potrebbe rispondere con un: tranquilli ora ci andiamo a prendere i bambini rom e poi tocca ai vostri. Così non si risolve nessun problema.

Ma ancora peggio sono coloro che privi di senso critico, ma soprattutto con limitate conoscenze, tendono ad affidarsi alle verità dell'autorità e si compiacciono della terribile decisione del tribunale accettando ogni decisione dei cosiddetti competenti. 

Se davvero questi giudici fossero solo e sempre competenti e se davvero si affidassero a conoscenze scientifiche che cioè, date delle premesse ci consentono di prevedere i risultati, allora cosa dobbiamo dire dei due casi di omicidio di minori ad opera delle madri avvenuti due settimane fa? Se gli operatori ed i giudici hanno agito secondo scienza allora volevano che i bambini venissero uccisi? No di certo. 

Il problema è che di fronte al giro di affari delle case famiglia lo stato sta diventando sempre più pervasivo e sempre più coartante delle libertà dei cittadini, sempre più autoritario e disumano.

Francesco Corrado

Francesco Corrado

Giornalista 

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