Italia e Palestina: fare fronte unico contro l’imperialismo

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Italia e Palestina: fare fronte unico contro l’imperialismo

 

di Alex Marsaglia

 

Nella serata del 1 Ottobre l’esito operativo della Global Sumud Flottilla è giunto al suo epilogo, più o meno scontato, ma sicuramente né legale né giusto. Al momento in cui scrivo 21 imbarcazioni sono state bloccate, mentre un’altra ventina è ancora in viaggio. Gli attivisti, com’era prevedibile, sono stati fermati ben prima di arrivare nelle acque palestinesi da Israele che agisce liberamente nelle acque internazionali come se il Mediterraneo fosse di sua proprietà (questo lo aveva già dimostrato Vittorio Arrigoni nel 2009 e la Handala su cui è imbarcato quest’estate Antonio Mazzeo).

Tutta la complicità politica dei governi occidentali con il colonialismo sionista è venuta a galla, rivelandosi per la melma paludosa putrida e ripugnante che è dal punto di vista umano. Qui ormai si dovrebbe trascendere il livello della politica istituzionale, poiché le manifestazioni di piazza partite quest’estate e arrivate anche in Italia in maniera maestosa a Settembre dimostrano semplicemente lo scollamento tra Governo e popolo. Ogni dinamica di rappresentanza democratica è saltata in un Paese in cui l’affluenza elettorale valica a stento la soglia del 50%.


L’Occidente intero e l’Italia si sono accorti che Israele comanda i nostri governi, ma se la lobby israeliana è così forte da comandare il Governo non può arrivare a domare i popoli. La ribellione in atto in Italia e nell’Occidente intero è una fiammata morale di umanità, giustizia, eguaglianza, autodeterminazione e libertà per i popoli insperata e che va sostenuta e portata avanti con tutte le forze possibili. A conferma dello scollamento in atto, in Italia il movimento di solidarietà palestinese ha trovato l’appoggio delle forze popolari, esprimendosi in manifestazioni in cui i partiti parlamentari e le forze sindacali confederali hanno unicamente puntato ad accodarsi meschinamente ai fini di un tornaconto politico. L’obiettivo politico dell’equipaggio di mare è stato centrato: mostrare in mondovisione il più grande arresto di attivisti umanitari nella Storia, avvenuto in seguito ad un atto di pirateria israeliano in acque internazionali. Nella notte del 1 Ottobre sono stati arrestati in 200 e probabilmente nelle prossime ore ne verranno fermati altrettanti. Se la Russia avesse arrestato in una sola manifestazione 200 attivisti sorosiani, ebbene i nostri media sarebbero tutti a gridare alla terribile repressione dittatoriale. Invece, lo fa Israele e quindi ossequi e viene espresso dispiacere per aver rovinato lo Yom Kippur. Ebbene sì, il nostro Vice-premier e Ministro degli Esteri è riuscito persino a scusarsi indirettamente per il fastidio arrecato alle forze dell’IDF che hanno dovuto richiedere la dispensa al rabbino (vedi qui: https://www.rainews.it/video/2025/10/antonio-tajani-gli-italiani-saranno-espulsi-in-italia-velocemente-flotilla-gaza-attivisto-1749f234-ba10-4c6f-b1a2-7059d407fe2b.html).

In ogni caso, si sa che le uniche dittature riconosciute dai cosiddetti “liberali” occidentali sono quelle dei nemici dell’Occidente, anche se spesso organizzati in regimi politici ben più democratici dei nostri. All’"unica democrazia del Medio Oriente” è concesso tutto, persino un genocidio, figuriamoci l’arresto di massa di attivisti per i diritti umani, che sono buoni solo quando sono utilizzati ai fini di retorica del potere imperialista. Quando i diritti umani vengono utilizzati contro il potere imperialista improvvisamente non sono più buoni e diventano da reprimere. Così come la sovranità dei “sovranisti di cartone” si è rivelata pura retorica del potere occidentale, poiché sappiamo che la DIGOS è stata chiamata ad intervenire in difesa dei soldati dell’IDF in vacanza in Italia, mentre i nostri militari si sono ritirati dalla difesa di cittadini italiani in missione umanitaria. Poco importa delle acque internazionali, del diritto navale internazionale e persino della Convenzione di Ginevra del 1949 che sancisce il “diritto di approvvigionamento alle popolazioni civili sotto occupazione militare” proprio per evitare di utilizzare la carestia come metodo di guerra, facendo nuovamente sprofondare l’umanità nelle condizioni più barbariche e animalesche come è stato durante il conflitto mondiale e l’olocausto.


Niente di tutto questo ha fermato l’Occidente, Israele e i nostri governi che hanno continuato ad esercitare la retorica del potere identificata da Immanuel Wallerstein, «proponendo percezioni, analisi e asserzioni di valore particolaristiche, sostenendo di affermare proposizioni universali»[1] così i diritti umani, l’autodeterminazione dei popoli e persino la sovranità sono sacri solo quando sono pro domo occidentale. D’altro canto «essere non orientalisti significa accettare la persistente tensione fra l’esigenza di universalizzare le nostre percezioni, le nostre analisi e le nostre asserzioni  di valore e l’esigenza di difendere le nostre radici particolaristiche contro l’attacco da parte di chi, pur proponendo percezioni, analisi e asserzioni di valore particolaristiche, sostiene di affermare proposizioni universali»[2]. Così in questi anni abbiamo visto che se l’Ucraina è utile ai fini della guerra imperialista allora sarà bene sostenere l’autodeterminazione del popolo ucraino contro le popolazioni russofone, far leva sui diritti umani violati dai russofoni, rivendicare una sovranità nazionale senza badare troppo alle radici etnico-linguistiche, sottilizzando il meno possibile sulle questioni etiche al fine di scagliare quelle popolazioni contro il nemico dell’imperialismo.

Il punto nodale è quindi prendere coscienza che noi italiani, in quanto occidentali, siamo amministrati da un protettorato simile a quello che si sta cercando di imporre ai palestinesi. E non crediate che quest’ultimo rinuncerà a rivelarsi meno barbarico al momento opportuno, poiché negli scorsi anni abbiamo visto l’Ucraina mandare al fronte a far massacrare la propria popolazione, così come abbiamo assistito alla negazione del latte in polvere ai bambini greci durante il braccio di ferro sui conti pubblici con l’Unione Europea. Il potere occidentale non si farà alcuno scrupolo a schiacciare sotto il proprio “tallone di ferro”, per richiamare Jack London, le popolazioni che domina ed osano ribellarsi. Lo farà e basta, senza tante remore per i diritti umani che concretamente si riveleranno essere pura retorica e cadranno al momento opportuno. Le relazioni internazionali da questo punto di vista risultano essere disvelatrici di una dinamica di classe, riportando alla luce le «relazioni internazionali di produzione» di marxiana memoria, in cui agiscono le relazioni di classe tra lavoratori e capitalisti, organizzate dalla privatizzazione dei mezzi di produzione, della proprietà. Così nel XXI secolo le relazioni internazionali di produzione vedono contrapporsi un Sud Globale a maggior statalismo e un Occidente collettivo in cui è dispiegato nel suo massimo stato di espansione il neoliberismo. Quest’ultimo è avvitato in una crisi ormai pluridecennale e si sta sempre più ridimensionando in una forma militarista aggressiva al fine di esercitare l’«accumulazione per espropriazione», moltiplicando le zone di guerra a discapito del Sud Globale. Questa «relazione di produzione nuova, differente che non è relazione di classe, ma è una relazione di produzione di nazioni», diventa quindi altrettanto fondamentale poiché i destini delle popolazioni, e delle classi sociali subalterne, vengono radicalmente messi in discussione per riattivare il ciclo di accumulazione dell’Occidente. Così questa relazione di produzione, «non è all’interno di una nazione, ma tra nazioni, ed è questa oggi la relazione di produzione principale»[3]. Allora l’internazionalismo della classe lavoratrice dovrà ricercare «l’unità dei lavoratori dei paesi imperialisti con i lavoratori coloniali e semicoloniali in generale»[4]; di certo un’unità faticosa ma che si sta già esprimendo nelle iniziative dei sindacati di base USB, SGB, CUB e Cobas che nei porti di Genova e Livorno hanno bloccato negli scorsi mesi container carichi di armi diretti verso Israele. Questa solidarietà “umanitaria” è importantissima e lodevole, poiché mira a colpire al cuore la logistica militarista dello sterminio di Gaza, ma è da approfondire sempre più come strumento di lotta di classe nel quadro di un neoliberismo occidentale divenuto sempre più aggressivo nella sua forma imperialista. Se “non un chiodo” deve uscire dai porti per Gaza, allo stesso modo dovrà avvenire per il fronte ucraino in cui l’Unione Europea che esercita da decenni il suo dominio coloniale sull’Italia è impegnata sempre più a sorreggere il conflitto in nome e per conto dell’imperialismo americano, che è poi lo stesso che finanzia Israele in Medio Oriente.


Come vedete le cose si tengono e sotto alle «relazioni internazionali di produzione» ritroviamo le medesime «relazioni di produzione» che un tempo erano chiaramente identificate all’interno di ogni Paese. In una logica internazionalista, tocca identificare il nemico imperialista comune e agire partendo dalle dinamiche di classe per imporre la pace agendo sui rapporti di produzione in vigore, che restano sempre gli stessi poiché sono sempre degli operai a movimentare le merci di guerra prodotte per il profitto padronale. In questo senso il popolo palestinese e quello italiano sono molto più legati di quanto i nostri media mainstream ci mostrino, anzi a ben vedere questi ultimi sono impegnati proprio nell’operazione retorica opposta: il dividi et impera. La retorica del potere ci dice che chi manifesta per la Palestina in Italia in questi anni si è disinteressato delle problematiche sociali italiane, come se chi non manifesta per la questione palestinese fosse stato a sua volta paladino di ogni ingiustizia sociale. Il gioco del potere è quindi sempre il solito: dividere il popolo, per poter governare più facilmente.

Quello che resta da fare è invece unire le istanze e le sensibilità, sapendo che dall’altro lato della barricata c’è il nemico imperialista che sul fronte mediorientale sta realizzando il genocidio di Gaza, mentre su quello orientale sta trascinando le popolazioni europee in una guerra su vasta scala contro la Russia. I popoli in rivolta hanno sempre scritto la Storia, da Settembre anche il popolo italiano si è ridestato, mostrando in massa solidarietà al popolo palestinese. Ora che dopo tanta indifferenza si è preso coscienza del dominio coloniale sui palestinesi non resta che compiere l’ultimo passo e prendere coscienza che il loro fronte è anche il nostro: è bene ricordare la complicità del nostro Governo con Israele, ma è altrettanto evidente che il nostro Paese è sotto il medesimo controllo che muove Israele e nella fattispecie l’Unione Europea nella sua azione di dominio. I popoli uniti e in rivolta scrivono la Storia, quella che vogliamo scrivere è antimilitarista, pacifista e per l’autodeterminazione dei popoli: portare fuori Israele dalla Palestina e fuori l’Italia dalla NATO e dall’Unione Europea resta l’unica via per liberare i nostri popoli dal comune nemico imperialista. 


FONTI:

[1] I. Wallerstein, La retorica del potere. Critica dell’universalismo europeo, Fazi Editore, Roma, 2007, p. 64

[2] Ivi, pp. 63-64 (corsivo mio)

[3] H. Jaffe, Via dall’azienda mondo. Dove destra e sinistra stanno dalla stessa parte, Jaca Book, 1995, Milano, p. 31

[4] H. Jaffe, Abbandonare l’imperialismo, Jaca Book, 2008, Milano, pp. 71-72

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