Il vero (e taciuto) aspetto preoccupante di Fratelli d'Italia

Il vero (e taciuto) aspetto preoccupante di Fratelli d'Italia

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Comincio a provare molta stanchezza nel leggere la solita lagna sul neofascismo della Meloni e del suo partito. Sicuramente esistono contatti con quella realtà culturale deteriore e detestabile. Ma lasciare che l'analisi si concentri solo sui termini ideologico-simbolici impedisce di mettere a fuoco la complessità dei processi politici in atto.

Questa complessità non risiede né nella discendenza postfascista di Giorgia Meloni, né nel programma politico, il quale è in fondo un'accozzaglia di scempiaggini che tiene insieme un po' di tutto, persino pezzi di "agenda Draghi". Al contrario credo che riguardi principalmente la saldatura sociale che FdI è stata in grado di compiere. Il partito della Meloni riesce ad ottenere il voto di settori importanti delle classi disagiate che in passato avevano votato per il M5S e più recentemente per la Lega. Essere rimasto fuori dalla maggioranza del governo Draghi ha infatti consentito a FdI di apparire come un partito di protesta e antisistema.

L'aspetto notevole di FdI è però quello di avere dalla propria parte pezzi estremamente significativi dell'establishment, soprattutto straniero. Giorgia Meloni ha ottenuto l'endorsement esplicito americano con Hilary Clinton e con una campagna molto positiva da parte della stampa internazionale. Lo stesso Mario Draghi al Meeting di Comunione e liberazione ha sostanzialmente respinto le preoccupazioni verso la nascita di un governo a trazione FdI. A questo poi si aggiungono le candidature di uomini vicini ai centri di potere, tra cui spicca la figura di Giulio Tremonti, probabile ministro dell'economia o addirittura Presidente del Consiglio.

La serrata campagna giornalistica per separare il PD dal M5S e da Calenda e per impedire una loro coalizione contro la destra è un ulteriore elemento che aiuta a comprendere le intenzioni dei gruppi nazionali di potere, anche quelli fintamente progressisti di Repubblica, che ha largamente favorito la frammentazione nel campo della sinistra (sinistra qui intesa solo in senso convenzionale).

Establishment italiano e straniero e voto di protesta trovano dunque saldatura nel consenso di FdI. L'indirizzo fanatico-atlantista e neoliberista di questo partito ha quindi una base di elettori che per appartenenza di classe dovrebbero votare altrove, ma che per l'assenza di una sinistra politica e per la sciagurata nascita del governo Draghi ora guardano a destra.

Io trovo molto preoccupante che l'establishment, seppure in modo paradossale, possa avere una base sociale da mobilitare e di cui indirizzare la rabbia. È un fatto che porterà delle conseguenze. Chi si reputa antifascista (e conosce la storia del fascismo) dovrebbe prendere in considerazione questo dato molto più del folklore della camicia nera.

Paolo Desogus

Paolo Desogus

Professore associato di letteratura italiana contemporanea alla Sorbonne Université, autore di Laboratorio Pasolini. Teoria del segno e del cinema per Quodlibet.

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