Il Rubicone della NATO

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Il Rubicone della NATO


di Giuseppe Masala per l'AntiDiplomatico

 

E' chiaro a tutti che dopo la caduta di Avdeevka per l'Ucraina la situazione del conflitto con la Russia si è fatta pressoché insostenibile: truppe esauste e prive di quella rotazione tra reparti fondamentale per avere un esercito efficiente, carenza di munizioni ed attrezzature, copertura aerea ormai sempre più scarsa se non inesistente e, infine, il rubinetto dei finanziamenti del governo di Washington ormai chiuso a causa delle barricate elevate nel Congresso da parte dei Repubblicani.

Pesa su Kiev, come è evidente, soprattutto il mancato finanziamento da parte di Washington perchè ciò ovviamente comporta una sostanziale interruzione del flusso di attrezzature, armi e munizioni necessarie per tenere testa all'esercito russo. In questo tornante difficilissimo l'Europa sta provando in tutti i modi a sopperire al blocco dei flussi di risorse finanziarie e militari provenienti da Washington con il fine di tenere in piedi l'esercito ucraino evitando una disfatta di proporzioni simili a quelle che l'Italia subì a Caporetto.

L'interesse delle élites politiche europee, non è certamente legato alle sorti degli ideali del liberalismo sulle rive del Dniepr ma a ragioni più prosaiche: l'Occidente e in particolare l'Europa hanno investito cifre spaventose nel regine di Kiev nato dal Putch di Majdan. Non mi riferisco ovviamente solo al costo del riarmo di Kiev su standard occidentali, ma anche ai finanziamenti diretti necessari a Kiev per tenere in piedi un minimo di welfare state e la macchina burocratica dello stato ma anche ai costi spaventosi delle sanzioni sia per quanto riguarda il mancato export verso la Russia, sia per quanto riguarda l'aggravio dei costi energetici e conseguentemente l'aumento enorme dell'inflazione. Si parla complessivamente di centinaia di miliardi di euro investiti dall'Occidente su Kiev, dunque una cifra iperbolica che viene meno per le esigenze interne dei paesi occidentali. Da considerare inoltre che i costi delle sanzioni sono uno stock finanziario in continua crescita a causa del fatto che non si sa quando verranno tolte e che dunque, anno dopo anno, l'ammontare cresce inesorabilmente.

E' chiaro che in un contesto come questo in caso di sconfitta di Kiev e di raggiungimento degli obbiettivi strategici di Mosca per le élites europee si aprirebbe una partita pericolosissima. Sarà difficile spiegare alle popolazioni l'aumento dei costi energetici e la conseguente deindustrializzazione che diventerebbe un dato strutturale e non più modificabile, così come strutturale e immodificabile – nel breve e nel medio periodo – sarebbe l'abbassamento del tenore di vita medio delle persone e molto probabilmente il consenso su cui si basa il loro potere subirebbe una debacle irrimediabile con l'ascesa di una nuova classe dirigente.

Peraltro è da considerare che anche la Nato in caso di sconfitta di Kiev sarebbe in grave pericolo di sopravvivenza, sia a causa della ostilità di Trump nel caso in cui diventasse nuovamente Presidente degli Stati Uniti sia a causa degli evidenti dissapori e frizioni che si notano tra alleati europei come per esempio quelle esistenti tra Regno Unito e Germania, per non parlare poi del sabotaggio del North Stream che ha danneggiato enormemente l'economia tedesca e che è vede proprio alcuni componenti dell'alleanza tra i maggiori sospettati.

E' chiaro che in un simile contesto generale le élites europee sono in evidente stato di fibrillazione. La prova di ciò si è avuta il 26 Febbraio a Parigi quando – durante una conferenza dei paesi “donatori” dell'Ucraina – Emmanuel Macron ha pronunciato parole clamorose che aprono all'invio di truppe di terra in Ucraina: «Oggi non c’è consenso sull’invio ufficiale di truppe sul terreno ma a livello di dinamica non possiamo escludere nulla. Faremo tutto il necessario per impedire alla Russia di vincere questa guerra». Una affermazione che, come si può capire, rompe un tabù; quello dell'invio di truppe come opzione possibile. Rottura del tabù immediatamente confermata dal Primo Ministro francese Gabriel Attal che ha dichiarato: «Non si può escludere niente in una guerra in corso nel cuore dell'Europa». A buon intenditore...

Le parole arrivate dal mondo politico francese hanno generato sgomento (da verificare se di facciata o genuino) nel resto dei governi europei che si sono lanciati in immediate smentite e dinieghi da Berlino, a Roma, a Varsavia. Sfortunatamente per questi ultimi, è però arrivata direttamente da Washington la voce che ha fatto tornare tutti nella realtà.  Mi riferisco all'audizione del Segretario alla Difesa americano Lloyd Austin che in un'audizione al Congresso degli Stati Uniti ha dichiarato senza possibilità di equivoco: «La NATO dovrà combattere conto la Russia se l'Ucraina verrà sconfitta».

Sfortunatamente, come dicevo all'inizio, questa è la realtà, gli investimenti occidentali nel regime di Kiev in termini politici, diplomatici, militari, finanziari sono troppo elevati per consentire un dietrofront indolore magari ben mascherato dietro le solite narrazioni nelle quali sono specializzati i nostri giornalisti ed opinionisti.

Piano piano tutte le linee rosse sono state superate dall'Occidente. Prima hanno consegnato armamenti individuali e strumenti di protezione individuale, poi si è passati alle armi anticarro, poi ancora a tank, artiglieria e droni d'attacco, poi sistemi di difesa aerea (Patriot e Samp-T) e missili a medio raggio (Scalp e Storm Shadow) ad altissima tecnologia, infine ad aerei F-16 e a rompere l'ultimo tabù dell'invio di truppe di terra.

Davvero c'è ancora qualcuno che vuole sostenere che non siamo in guerra?


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Giuseppe Masala

Giuseppe Masala

Giuseppe  Masala, nasce in Sardegna nel 25 Avanti Google, si laurea in economia e  si specializza in "finanza etica". Coltiva due passioni, il linguaggio  Python e la  Letteratura.  Ha pubblicato il romanzo (che nelle sue ambizioni dovrebbe  essere il primo di una trilogia), "Una semplice formalità" vincitore  della terza edizione del premio letterario "Città di Dolianova" e  pubblicato anche in Francia con il titolo "Une simple formalité" e un  racconto "Therachia, breve storia di una parola infame" pubblicato in  una raccolta da Historica Edizioni. Si dichiara cybermarxista ma come  Leonardo Sciascia crede che "Non c’è fuga, da Dio; non è possibile.  L’esodo da Dio è una marcia verso Dio”.

 

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