Il pregiudizio (coloniale) del New York Times contro l'Italia

Il pregiudizio (coloniale) del New York Times contro l'Italia

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di Paolo Desogus

A quanto pare il New York Times si è interessato ai casi di violenza sulle donne avvenuti nelle ultime settimane. Il piglio è quello moralistico, anzi direi turistico della civiltà superiore che guarda con stupore agli italiani e al loro carattere incivile, patriarcale, barbaro e ancorato alle tradizioni secolari. Una parte degli Stati Uniti ci vede così, ci vuole vedere così, come legati a un tempo immobile che tra le sue contraddizioni produce anche la violenza sulle donne. Del resto si sa, Cristo si è fermato sul Brennero...

Questo pregiudizio, tipicamente colonialista, trova supporto evidentemente nel modo in cui vengono lette le notizie degli stupri riportati dalla stampa. Eppure le statistiche dicono molto chiaramente che l'Italia - incivile, arretrata, religiosa quanto vuole il NYT - è un posto enormemente più sicuro per le donne, e in generale per ogni essere vivente, degli Stati Uniti, così come di molti altri paesi d'Europa.

Spiace per i turisti newyorkesi: se da noi si insite tanto sulla violenza sulle donne è perché i primati statistici ci importano poco. Ogni stupro è un delitto e deve fare scandalo, deve incoraggiare le altre donne a sporgere denuncia. Se negli USA venissero date a queste violenze le stesse attenzioni che diamo noi, non basterebbero 24 ore al giorno di telegiornale per fare una sintetica cronaca delle bestiali, primordiali violenze sulle donne che si verificano sul suolo americano (per non dire poi se sono di colore, come accaduto pochi giorni fa).

Poi certo, ci sono delle distorsioni. A una parte degli italiani piace giocare la parte dei colonizzati, piace pensare che, sì, "è vero, siamo arretrati".

L'antiitalianismo è deresponsabilizzante, è facile, aiuta all'acquisizione di benemerenze da parte dell'alleato americano. Ma è anche parecchio miserabile e meschino.

Paolo Desogus

Paolo Desogus

Professore associato di letteratura italiana contemporanea alla Sorbonne Université, autore di Laboratorio Pasolini. Teoria del segno e del cinema per Quodlibet.

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