Il gioco delle tre carte sulla pelle dei lavoratori e delle lavoratrici della PA
1924
di Federico Giusti
Non passa giorno in cui qualche lavoratore non chieda la ragione del mancato rinnovo di gran parte dei contratti pubblici, sono tanto abituati ad accogliere i contratti senza discussione alcuna che accetterebbero anche aumenti irrisori pari a un terzo della inflazione.
Senza generalizzare, ormai da anni, ormai siamo abituati a rinnovi contrattuali preceduti da roboanti piattaforme rivendicative poi letteralmente smentite al momento della firma.
La domanda è sempre la stessa: dove è finita la democrazia nei luoghi di lavoro? Nel dimenticatoio e prova ne sia che pochi sono i partecipanti alle assemblee, sempre più ridotte, organizzate per discutere delle piattaforme contrattuali, trascorrono anni e scopriamo che buona parte dei buoni intenti si è persa per strada e alla fine è stato sottoscritto un testo lontano anni luce da quello sul quale il mandato della forza lavoro si era espresso favorevolmente.
E' prassi consolidata fornire mere informazioni, approssimative e generiche, sull'andamento delle trattative che una volta terminate non portano alla discussione e al voto della forza lavoro il testo finale, anzi le assemblee sono organizzate a contratti siglati raccontando di avere raggiunto il migliore dei risultati possibili. Insomma, per sintetizzare il tutto, basti un luogo comune: scappati i buoi è inutile chiudere la stalla.
Una autentica democrazia sindacale avrebbe effetti molteplici e legittimerebbe agli occhi della forza lavoro i sindacati, eppure la pratica democratica viene avversata dagli stessi e ritenuta troppo invasiva nell'operato delle burocrazie, infatti se i contratti prima di essere siglati dovessero essere vagliati dalla forza lavoro i tempi della firma si allontanerebbero e probabilmente molte intese verrebbero respinte delegittimando l'operato dei sindacati rappresentativi.
Per essere pragmatici quali dovrebbero essere i contenuti di un contratto?
Citiamo solo alcuni aspetti, dal recupero del potere di acquisto al potenziamento di quello contrattuale, dal ripristino della quattordicesima mensilità alla fine della performance, dalla cancellazione della vessatoria norma che decurta i primi dieci giorni di malattia a un buono pasto non inferiore a 12 euro.
Sarebbero segnali rilevanti per invertire la tendenza al ribasso sotto il profilo salariale ma anche per arrestare quella progressiva erosione delle prerogative contrattuali che ormai riduce l'operato delle RSU a discutere del fondo secondo logiche divisive
Cgil e Uil quanto resisteranno al pressing del Governo e dell'Aran per non sottoscrivere l'ennesimo contratto in perdita per altro scaduto da 3 anni e 3 mesi?
Spereremmo di essere smentiti ma crediamo invece tangibili i segnali di disgelo ad esempio quando troviamo scritta la richiesta di «un confronto serio e rispettoso di tutte le organizzazioni sindacali, senza scorciatoie o tentativi di forzatura» al fine di scongiurare la unilaterale erogazione delle risorse a disposizione con la legge di Bilancio (ossia senza recupero dei due terzi del costo della vita) ipotizzata dal ministro per la Pa Zangrillo.
E non ci rincuora certo la "rivoluzionaria" richiesta di «un anticipo di tutte le risorse disponibili, comprese quelle destinate ai contratti 2025/2027, il superamento dei limiti anacronistici ai tetti del salario accessorio e un piano straordinario di assunzioni».
Non perchè siano proposte inaccettabili ma solo per due fatti incontrovertibili ossia la mancata richiesta di una manovra di Bilancio straordinaria che assegni maggiori risorse ai rinnovi contrattuali e una esplicita rivendicazione per sospendere i tetti di spesa in materia di personale
I sindacati che scenderanno in piazza per la guerra in Ucraina non hanno il coraggio e l'etica di rivendicare la deroga del Patto di stabilità a favore dei contratti e del welfare, quindi anche se inserissero delle risorse aggiuntive avremmo solo un anticipo del prossimo triennio contrattuale, da qui ad un paio di anni la perdita di potere di acquisto, e contrattuale, sarebbe ancor maggiore. Il classico gioco delle tre carte per occultare la natura subalterna della azione sindacale