Il conflitto tra Russia e Ucraina: cause storiche e prospettive – intervista al Console Onorario della Federazione Russa nelle Marche
di Jo Gabel
In un contesto geopolitico sempre più complesso, la crisi ucraina continua a rappresentare una delle sfide più significative per la comunità internazionale. Abbiamo il piacere di conversare con l'Avvocato Marco Ginesi, Console Onorario della Federazione Russa nelle Marche, che ci offrirà una visione approfondita della situazione attuale. Attraverso la sua esperienza e competenza, esploreremo le radici storiche e politiche del conflitto, analizzando come gli eventi dal crollo dell'Unione Sovietica a oggi abbiano influito sui rapporti tra Ucraina e Russia. Concluderemo la nostra conversazione esaminando i possibili sviluppi futuri e il ruolo della diplomazia in questo delicato panorama.
Intervista all'Avvocato Marco Ginesi, Console Onorario della Federazione Russa nelle Marche
In qualità di Console Onorario della Federazione Russa nelle Marche, potrebbe illustrarci un quadro generale della situazione in Ucraina, a partire dalla dissoluzione dell'URSS e dall'evoluzione dei rapporti con la Russia?
La crisi ucraina è da intendersi come un complesso nodo di rapporti molto articolati che originano dalla dichiarazione di sovranità dell’Ucraina a seguito della dissoluzione dell’URSS nel 1990. Gran parte della popolazione dell’Ucraina, infatti, continuava a vedere nella Russia la vera patria.
Una connessione storica e culturale che ha influenzato i rapporti tra i due paesi negli anni successivi. E quindi quali furono gli sviluppi principali dopo le elezioni del 2010 in Ucraina?
Nel 2010 si svolsero le elezioni politiche e venne eletto presidente Viktor Janukovic, la cui politica fu caratterizzata da rapporti di buon vicinato con la Federazione Russa. Tra le sue iniziative di politica estera, ad esempio, ci fu quella di sospendere il procedimento di accordo tra il suo Paese e l'Unione Europea.
Scelta che ha portato a tensioni crescenti sia all'interno del Paese che con i paesi occidentali. Cosa avvenne in Ucraina?
Nel 2014 incominciarono a manifestarsi malumori che sfociarono presto in manifestazioni di piazza. Molti politologi sostengono che a soffiare sul fuoco della rivolta fossero indirettamente Stati occidentali, che non gradivano un'Ucraina amica della Russia e preferivano che entrasse a far parte dell'alleanza militare NATO. Di sicuro, a fomentare la rivolta fino all'accadimento di incidenti mortali, furono le componenti nazionalistiche del paese, tra cui gruppi ben organizzati e numerosi di simpatizzanti neo-nazisti, come il battaglione Azov, Svoboda e Pravij Sektor, responsabili di eccidi e crimini.
Queste tensioni sono state ulteriormente esacerbate dalla presenza di questi gruppi; quali furono le conseguenze delle manifestazioni per il governo ucraino?
Questo fenomeno si denominò Maidan (o Euromaidan), dal nome della piazza di Kiev dove frequentemente si svolgevano le violente manifestazioni di protesta. Il Maidan si concluse con un vero e proprio colpo di Stato che allontanò dal potere Janukovic, per sostituirlo (senza consultare il corpo elettorale e senza libere elezioni) con Olexandr Turcynov. La soluzione golpista della crisi non ottenne il gradimento degli abitanti della Crimea, né della parte orientale dell’Ucraina, detta Donbass. Infatti, nel marzo del 2014, fu indetto un referendum sull'autodeterminazione della Crimea, per ritornare alla Russia, come da risoluzione della Duma[^1].
Ma facciamo un passo indietro, come si è evoluto lo status politico della Crimea dall'epoca sovietica fino ai recenti eventi?
La Repubblica Autonoma di Crimea, da sempre russa per cultura, lingua, religione, tradizioni, entrò a far parte dell'Ucraina nel 1954 quando l'allora capo dell'URSS, Nikita Kruscev, decise di omaggiare la sua terra di origine, donandole la penisola sul Mar Nero. Era un dono formale, poiché entrambe le regioni facevano parte dell'URSS. Con la dissoluzione dell'URSS, nel 1991, l'Ucraina, come altri paesi dell'Unione, riconquistò la sua indipendenza e la Crimea divenne una Repubblica Autonoma ucraina, ma continuò a considerare la Russia come la sua madre patria, con la speranza di ritornarvi. Alle elezioni referendarie del 2014 assistettero 70 osservatori internazionali di 23 paesi (di cui 54 dell'Unione Europea), ma non furono presenti gli osservatori dell'OSCE, che non parteciparono ritenendo che la loro presenza dovesse essere richiesta dall'Ucraina, che ovviamente non l'avrebbe mai fatto.
Quali furono i risultati del referendum in Crimea e qual è stato il riconoscimento internazionale del suo esito?
Il referendum mostrò un risultato di 97,32% a favore del sì e 2,68% a favore del no su 1.548.197 votanti, su 1.899.466 aventi diritto al voto, con una percentuale di votanti dell'84,2%. Tuttavia, poiché il risultato era contrario agli interessi occidentali e NATO, il referendum non fu riconosciuto dalla comunità internazionale. Tentativi di mediazione sfociarono nei patti di Minsk per porre fine ai violenti scontri verificatisi dopo la proclamazione unilaterale delle Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk. Il 5 settembre 2014, i rappresentanti delle parti firmarono una prima intesa, denominata Trattato di Minsk I, articolata in 12 punti, che prevedeva, tra l'altro, il cessate il fuoco bilaterale, la decentralizzazione del potere con un temporaneo autogoverno locale e il controllo dell'OSCE sui confini tra Ucraina e Federazione Russa.
Quali sviluppi ci sono stati dopo la firma del Trattato di Minsk II e come hanno influito sul conflitto attuale?
In seguito a ripetute violazioni del cessate il fuoco, nel novembre 2014 è stata avviata una seconda fase di trattative, che ha portato l'11 febbraio 2015 alla firma del Trattato di Minsk II, siglato dai capi di stato di Ucraina, Russia, Francia e Germania. Questo trattato ha ribadito i punti del primo accordo e ha richiesto una riforma della Costituzione ucraina per concedere ampi margini di autonomia alle regioni separatiste. Tuttavia, tali intese sono state violate, e le regioni autonome sono state soggette a persecuzioni e repressioni che hanno contribuito all'attuale conflitto. Nel marzo 2022, poco dopo l'inizio del conflitto, iniziarono le trattative per un negoziato tra le delegazioni russa e ucraina a Minsk, mediate dal presidente turco, che portarono a una bozza di accordo per il cessate il fuoco. Tuttavia, le ingerenze occidentali, in particolare della NATO, del governo britannico e degli Stati Uniti, indussero l'Ucraina a ritirarsi dalle trattative.
Ci sono state successive reazioni ufficiali dell'Ucraina alle proposte di mediazione?
L'Ucraina ha inizialmente mostrato una certa apertura alle proposte di mediazione, ma successivamente ha respinto le ulteriori offerte, inclusa quella del Vaticano, giungendo addirittura ad accusare il Pontefice di essere filo-russo. Le azioni del governo ucraino e l'influenza delle potenze occidentali hanno complicato ulteriormente le trattative.
Quali scenari vede per il futuro del conflitto, e come interpreta la situazione attuale nel Suo ruolo di Console Onorario della Federazione Russa?
Fermo restando che la soluzione negoziale è l’unica possibilità di definizione verosimile della vicenda, dato che le alternative immaginabili sarebbero certamente distruttive, mi sembra che le aperture della Russia alle trattive vengano dalle altre parti reiteratamente frustrate e sterilizzate a priori ponendo out-out preliminari all’inizio stesso della trattativa: ad esempio ritiro incondizionato delle truppe russe dai territori separatisti come presupposto per l’avvio di qualsiasi ipotesi di negoziato. E’ evidente come tali formule, ovviamente inaccettabili dalla controparte, dimostrino una volontà puramente formale di composizione della crisi e, viceversa, una sostanziale chiusura all’idea del negoziato (che, come dice la parola stessa, non può prevedere una totale capitolazione delle ragioni di una parte a beneficio di quelle dell’altra).
Tale sensazione mi pare suffragata dalle recenti deliberazioni degli Stati occidentali e, in particolare, dalla recente risoluzione del Parlamento Europeo che invita gli Stati membri ad eliminare le restrizioni sull’uso di armi da parte dell’Ucraina per colpire il territorio russo.
Francamente rilevo che queste determinazioni appaiono in netto controsenso rispetto all’auspicata, almeno a parole, risoluzione della crisi mediante negoziati.
In conclusione la situazione è (e rimane) particolarmente complessa e, ritengo, di non facile né tempestiva risoluzione.
Per quello che concerne il mio incarico posso solo dire che il ruolo della diplomazia (seppur, nel mio caso, con i limiti ed i distinguo che derivano dalla natura onoraria delle competenze affidatemi), è storicamente quello di favorire il dialogo e la mediazione sempre, anche ove paia che non residui margine alcuno rispetto alle situazioni conflittuali.
Per questi motivi, non competendomi altro se non le funzioni che mi sono state assegnate, continuerò con convinzione e speranza a svolgere i miei compiti di protezione degli interessi della Russia e dei cittadini russi in Italia e la promozione delle relazioni commerciali, economiche, culturali e scientifiche tra i due Paesi che, in quanto espressione di dialogo, credo sia il modo più concreto per favorire un componimento della crisi.
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[^1]: Duma: La Duma di Stato è la camera bassa dell'Assemblea Federale della Federazione Russa, l'organo legislativo del paese. È responsabile dell'adozione delle leggi e ha un ruolo cruciale nel processo legislativo russo.