Il bluff dell'ultimatum europeo e la partita a tre (senza Kiev)

Zelensky aspetta una risposta da Putin e Trump per il faccia a faccia che si terrà il 15 maggio a Istanbul, mentre i volenterosi rimandano di giorno in giorno la scadenza per l’ok al cessate il fuoco totale e incondizionato

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Il bluff dell'ultimatum europeo e la partita a tre (senza Kiev)

 

di Clara Statello per l'AntiDiplomatico


L’ultimatum dei volenterosi a Mosca si è trasformato in farsa. Donald Trump, che sabato aveva dato il via libera telefonico al piano per costringere il Cremlino ad accettare un cessate il fuoco totale e incondizionato, lunedì dal suo account Truth Social ha invece sostenuto la proposta di Vladimir Putin di negoziati diretti e senza precondizioni mediati da Istanbul. 

Quindi la scadenza dell’ultimatum “o cessate il fuoco o sanzioni fine di mondo” è stata di volta in volta rimandata: da lunedì 12 maggio a martedì 13 maggio, prima dei negoziati di Istanbul. Poi il nuovo rinvio al fine settimana: se Mosca non accetterà un cessate il fuoco immediato e incondizionato il 15 maggio “i leader europei chiederanno al presidente degli Stati Uniti Donald Trump di dare seguito alla sua minaccia di nuove sanzioni", riporta Bloomberg. 

Per aumentare la posta Merz e Macron minacciano misure rafforzate contro il settore energetico e finanziario:  “In Ucraina la nostra sicurezza è in gioco, vogliamo un cessate il fuoco sulla terraferma, in mare e in aria per 30 giorni, ha sottolineato martedì il presidente francese.

Senza l’America i leader della coalizione pro-Kiev dimostrano di non avere il peso per fornire leve negoziali all’Ucraina ed esercitare pressioni su Mosca.

Sanzioni? Idioti

Reuters mette in guardia: le dichiarazioni ad alta voce dei leader dell'UE potrebbero minare la loro credibilità, se non sono seguite da azioni concrete, avverte un diplomatico. 
“Potrebbe sembrare un bluff”.

Putin in realtà non ha neanche preso in considerazione le continue pressioni dei volenterosi, a cui ha risposto indirettamente anche ieri, durante un incontro con i membri dell’Associazione degli imprenditori russi:  "Non ci spaventeranno con nuove possibili sanzioni. Non bisogna avere paura! Chi inizia ad aver paura, perde tutto subito. Bisogna essere pronti a qualsiasi azione dei nostri nemici. Agiranno persino a proprio danno. Sembra che non faranno certe cose, perché danneggerebbero sé stessi. Ma le fanno lo stesso, idioti". 

Allo stesso modo, durante la conferenza stampa di sabato notte al Cremlino, il presidente russo non ha risposto all’ultimatum di Starmer, Macron, Merz e Tusk, ma ha rilanciato i negoziati diretti e senza precondizioni con l’Ucraina, interrotti nel 2022 a Istanbul, limitandosi a definire rozzi gli atteggiamenti dei colleghi europei, con cui spera prima o poi una ripresa dei rapporti. 

Fuori UE, dentro Ankara

La mancanza di interlocuzione con gli europei corrisponde ad una precisa strategia: non riconoscere il peso di questi attori nel processo negoziale. Putin vuole l’UE fuori, la Turchia dentro. In perfetta sintonia con Trump.

Non solum sed etiam: Washington e Mosca potrebbero aver agito d’intesa, definendo una strategia comune durante l’ultimo incontro al Cremlino del 25 aprile tra Putin e l’inviato speciale statunitense Steve Witkoff. Il giorno dopo, appena annunciata la liberazione del Kursk, il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha dichiarato che la Russia era pronta per negoziati diretti senza precondizioni con l’Ucraina, come punto emerso durante l’incontro. Nel frattempo la Casa Bianca iniziava a lanciare segnali di ritiro dai negoziati, apparentemente per l’assenza di progressi. Il 5 maggio Trump esprime la volontà di coinvolgere Ankara, che risponde positivamente pochi giorni dopo. Domenica 11 maggio, pochi minuti dopo la fine del cessate il fuoco di tre giorni, Putin propone all’Ucraina di riprendere i colloqui diretti. 

Il coinvolgimento della Turchia nei negoziati potrebbe derivare dall’importanza strategica del Paese per il ripristino della Black Sea Grain Iniciative, interessi energetici e per il suo ruolo nella vasta area che va dal Caucaso alla Libia, passando per la Siria. 

L’esclusione dal processo negoziale invece è l’incubo dei principali Paesi europei e di Bruxelles. Chi non partecipa al banchetto dei negoziati è nel menù. 

Faccia a Faccia Putin e Zelensky?

L’attivismo europeo dello scorso fine settimana mirava proprio a questo, ad ammettere i “volenterosi” nel processo negoziale, magari nel ruolo di “bastone” che la Casa Bianca evidentemente non vuole (o non può?) utilizzare contro Mosca. Al momento sembrano essere rimasti alla finestra. La risposta di Trump alla controproposta del Cremlino, affidata come al solito ad un post di Truth, ha vanificato questi sforzi:  “Il presidente russo Putin non vuole un cessate il fuoco con l'Ucraina, ma piuttosto un incontro in Turchia giovedì per discutere di una possibile fine dello spargimento di sangue. L'Ucraina deve accettare, ORA”. 

Con queste parole il capo dell’Occidente collettivo, nonché maggior azionista della NATO, ha screditato l’ultimatum dei volenterosi e costretto Zelensky a rinunciare al cessate il fuoco incondizionato come condizione da cui far partire i negoziati (diretti e senza precondizioni). Il presidente ucraino ha dunque rilanciato, sfidando Putin a presentarsi a Istanbul giovedì per un faccia a faccia. 

Per la stampa italiana è uno scacco al re, ma in realtà la mossa mette in difficoltà Bankova. Lo stesso Zelensky infatti, aveva vietato per decreto le trattative con la parte russa finché Putin sarà al Cremlino. 

Se la cava (non brillantemente) puntando il dito contro il Cremlino: il decreto non solo non deve essere annullato, ma chiedere di farlo è propaganda russa: "Questa è la narrazione di Putin, secondo cui devo cancellare qualcosa, questa è esclusivamente la narrazione della Federazione Russa. Non posso e non mi proibisco nulla". 

Quindi il decreto vale per tutti tranne per il presidente ucraino: "nessuno tranne me può condurre negoziati sulla sovranità, l'integrità territoriale dell'Ucraina e la nostra rotta". 
Insomma la legge vale per tutti ma non per Zelensky, che adesso è improvvisamente pronto al faccia a faccia con Putin. All’incontro di altissimo livello potrebbe aggiungersi anche Trump, attualmente impegnato in un tour in Medio Oriente. Alcuni autorevoli analisti geopolitici, come il direttore di Limes Lucio Caracciolo e il direttore di Analisi Difesa Gianandrea Gaiani, non escludono che Putin possa effettivamente andare. 

Se andrà, però, sarà il segnale che già i giochi sono stati decisi, non da Kiev ma da Mosca e Washington. Altrimenti sarà l’ennesima conferma che il Cremlino continua ad ignorare le richieste ucraine nel processo negoziale. 

Al momento l’Ucraina non ha indicato nomi, a parte il presidente. La composizione della delegazione russa sarà resa pubblica in serata, per il momento a quanto pare Lavrov e Ushakov non ne faranno parte. Marco Rubio, nella doppia veste di Segretario di Stato e Segretario ad interim della Sicurezza Nazionale, probabilmente si recherà a Istanbul il 16 maggio. Si parla della possibile partecipazione di Witkoff, Kellogg e Abramovich. Resta la possibilità della presenza di Putin e di Trump che dall’Air Force one ha assicurato ai giornalisti: abbiamo già pianificato tutto.

Clara Statello

Clara Statello

Clara Statello, laureata in Economia Politica, ha lavorato come corrispondente e autrice per Sputnik Italia, occupandosi principalmente di Sicilia, Mezzogiorno, Mediterraneo, lavoro, mafia, antimafia e militarizzazione del territorio. Appassionata di politica internazionale, collabora con L'Antidiplomatico, Pressenza e Marx21, con l'obiettivo di mostrare quella pluralità di voci, visioni e fatti che non trovano spazio nella stampa mainstream e nella "libera informazione".

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