I confini d'Europa nella visione del Corriere della Sera
di Fabrizio Poggi per l'AntiDiplomatico
In un lacrimevole necrologio di Marija Zajtseva, tutto intriso di bile europeista all'indirizzo della Bielorussia, il Corriere della Sera del 19 gennaio arriva a sfidare i programmi scolastici di istruzione primaria, almeno come li si conosceva ai tempi in cui l'Europa era considerata un continente, e non un'entità neolittoriale a uso e consumo delle strategie di guerra UE-USA-NATO.
D'altronde, quando si è imboccata la strada del fervore bellicista, come nelle più paludate tradizioni guerrafondaie di quel Corriere de «popolo italiano corri alle armi», echeggiando «dalle Alpi all'Oceano indiano un solo grido di fede e di passione: Duce!», ecco, allora tutta la retorica deve essere improntata a gettar fango sul nemico, plaudendo a qualsivoglia “eroe”, proclamato tale dalla rinata “Intesa” interventista del XXI secolo, in modo che le menti delle persone siano sempre più permeabili ad accogliere come “necessario e doveroso” lo scatenamento della guerra guerreggiata contro un nemico che sta “fuori dell'Europa”.
Così, cacciando fuori della porta de “L'Europa” una buona metà del territorio europeo, e proclamando la santità di personaggi contigui ai nazisti di Kiev, si ridisegna la geografia e si scrive che «La più importante oppositrice, Svetlana Tikhanovskaya, che nel 2020 era la sfidante di Lukashenko, dopo avere denunciato le frodi elettorali s’è rifugiata anche lei in Europa». Chiaro il concetto? L'Europa finisce là dove comincia il vecchio ”dispotismo asiatico” degli “ultimi dittatori d'Europa”. Ma che almeno si decidano, una buona volta: sono “dittatori d'Europa” o “dittatori” fuori dell'Europa?
E chi sono invece i “democratici”? Sono, di volta in volta, tutti quelli che decidono di «imbracciare l’automatico e andare in prima linea, a sparare in una guerra che sentiva sua»? Sono quelli che confessano di aver ricevuto «l'ordine del comandante di annichilire chiunque parlasse russo», come ammesso da due prigionieri ucraini catturati nella regione di Kursk. Sono coloro che oggi, nell'Ucraina condannata da dieci anni a subire il terrore nazigolpista, ripetono gli slogan dei collaborazionisti hitleriani di Stepan Bandera di “gloria all'Ucraina – gloria agli eroi”, a quegli “eroi” come Marija Zajtseva, mettendo insieme la «bielorussa che combatteva per la libertà» e i civili e poliziotti uccisi a majdan Nezaležnosti dai cecchini baltici e georgiani al soldo dei golpisti? Oppure si deve intendere che gli uccisi in piazza Indipendenza, a Kiev, nel gennaio 2014, siano solo quelli che la junta vuole siano considerati tali?
Gli “eroi” del Corriere sono soltanto coloro che “sfidano”, a suon di simpatie per i nazigolpisti di Kiev, il «miglior amico di Vladimir Putin», il solito “ultimo dittatore d'Europa”, Aleksandr Lukašenko? Sono quei mercenari che torturano e uccidono i civili nei seminterrati, come accaduto, ultimo in ordine di tempo, nel villaggio di Russkoe Porechnoe, nel distretto di Sudža in cui, una volta liberato, soldati russi hanno rinvenuto i corpi di tre anziani, le mani legate, massacrati a colpi di granate?
Oh, Marija! Marija Zajtseva, che portava lo stesso cognome di un altro, ben più onorato e leggendario Zajtsev, Vasilij Zajtsev, il quale, ottant'anni fa, si distinse da eroe vero della Grande guerra patriottica del popolo sovietico contro i nazisti tedeschi e i loro complici di mezza Europa. E invece, Marija, ottant'anni più tardi, aveva deciso di andare a dar man forte ai nazisti di oggi, inquadrata nella «Seconda Legione internazionale dell’esercito ucraino», insieme ad altre centinaia di mercenari addestrati nei poligoni della NATO, convinta che «combattere Lukashenko e combattere Putin, era la stessa cosa», dato che, entrambi, sono “gli ultimi dittatori d'Europa”, pur se, a detta del Corriere, fuori di una certa Europa.
“Dittatori” perché – parola di Antony Blinken, ci tiene a precisare il Corriere – le presidenziali di domenica prossima in Bielorussia «non possono essere credibili». È proibito crederci, per definizione: è scritto nelle “tavole della legge” euroatlantica; inoltre, la «più importante oppositrice, Svetlana Tikhanovskaya», sono armai alcuni anni che «s’è rifugiata anche lei in Europa»: come potrebbero essere “credibili”?
Ci ha provato, il “dittatore” Lukašenko, a invitare gli osservatori dell'Ufficio per le istituzioni democratiche e i diritti umani del OSCE, perché seguano lo svolgimento delle elezioni presidenziali. Il Ministero degli esteri bielorusso comunica che è in corso l'accreditamento degli osservatori internazionali. Lo sanno al Corriere?
Dopo aver comunicato che l'invito a partecipare in qualità di osservatori è stato inviato ad alcune centinaia di rappresentanti stranieri, il Ministero degli esteri di Minsk ha detto che «è stato indirizzato anche al ODIHR del OSCE» e che la Commissione elettorale bielorussa ha accreditato 456 osservatori internazionali di 49 paesi. Ma, ovvio che, se non arriveranno da “L'Europa”, nemmeno quegli osservatori «possono essere credibili»: sempre per definizione.
A ogni modo, a sfidare “l'ultimo dittatore d'Europa”, domenica prossima saranno il leader del Partito liberaldemocratico Oleg Gaidukevic, l'autocandidata e candidata alle presidenziali del 2020 Anna Kanopatskaja, il leader del Partito comunista Sergej Syrankov e il presidente del Partito repubblicano di lavoro e giustizia Aleksandr Khižnjak.
Per la disperazione del Corriere, pare che tra i candidati non ci sia la “stipendiata” Svetlana Tikhanovskaja, che nel 2020 i farabutti del PD definivano «presidente legittima della Bielorussia», al pari di ogni “Guaido” che, in giro per il mondo, sfidi i “dittatori” invisi a “L'Europa”. D'altronde, Tikhanovskaja «s'è rifugiata anche lei in Europa», entro i confini del mondo conosciuto... dal Corriere.