Globalizzazione o regionalizzazione: la via cinese | Fabio Massimo Parenti (XVII Forum di Verona)
Pubblichiamo l'intervento di Fabio Massimo Parenti, professore associato di relazioni internazionali, al Panel "Globalizzazione o regionalizzazione economica" del XVII Forum economico eurasiatico di Verona quest'anno svoltosi a Ras Al Khaimah (Emirati Arabi Uniti).
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L'esperienza cinese nel rapporto tra globalizzazione e regionalizzazione
Fabio Massimo Parenti
La globalizzazione ha bisogno di luoghi e regioni per esistere, per emergere. Pertanto, non è necessariamente in competizione con i processi di regionalizzazione, in quanto parliamo di dinamiche che sono essenzialmente complementari.
La visione competitiva tra i summenzionati fenomeni spaziali deriva dalle logiche della vecchia/nuova Guerra Fredda, promosse dall'Occidente, che, promuovendo guerre, cambiamenti di regime, protezionismo e sanzioni, sta ponendo fine alla cosiddetta globalizzazione neoliberale. Perdendo terreno sul piano economico e politico, l’Occidente sta infatti sviluppando ed eseguendo strategie di ripiegamento verso un nuovo mercantilismo ed una più estesa logica dei blocchi contrapposti: ciò favorisce processi di regionalizzazione rigidi (de-globalizzazione, de-risking, decoupling) in antitesi all’ultima fase di globalizzazione. Tuttavia, questo è solo un lato della storia, poiché stiamo parlando come detto di una forma specifica di globalizzazione (neoliberale) e di regionalizzazione (nuova guerra fredda, nuova guerra mondiale).
Il resto del mondo, al contrario, desidera un tipo di globalizzazione non più guidata da Washington. Una nuova forma di globalizzazione che possa essere guidata dai paesi dell'ex terzo mondo attraverso Pechino e le piattaforme BRICS plus. Qual è oggi il principale paese che lavora per realizzare un più alto livello di interconnessione spaziale nel mondo? La Cina, sia al livello domestico che all'estero, con l’iniziativa intercontinentale della Nuova Via della Seta.
Percorso di sviluppo cinese
Il percorso di sviluppo cinese è un riferimento ottimale per discutere le dinamiche e i processi globali-regionali. La Cina ha costruito un modello di sviluppo inizialmente incentrato su uno Stato non completamente integrato nel sistema mondiale. Più recentemente, tuttavia, il governo centrale ha sviluppato numerosi nuovi piani di integrazione territoriale. Combinando strategie interne ed interdipendenza globale, la Repubblica Popolare ha sviluppato una pianificazione territoriale attenta, che presenta più di una differenza rispetto a quella della "distruzione creativa" tipica del capitalismo occidentale nelle sue varianti europee e nordamericane.
A partire dalla fine degli anni '90, un importante processo di pianificazione regionale aveva dato origine a sistemi territoriali ben connessi. Possiamo ricordare la nuova municipalità autonoma di Chongqing (1997), l'istituzionalizzazione della Regione Economica di Bohai (2004), l'avvio della Zona Economica delle Pianure Centrali (2012) e la Great Bay Area (2011). Queste e altre macro-regioni cinesi rappresentano il quadro territoriale necessario per sostenere concretamente le strategie internazionali e nazionali più importanti chiamate «Go West» e «Going Global».
Questi esempi ci servono per capire che lo sviluppo interno cinese, basato su una pianificazione territoriale a lungo termine, con progetti pilota e varie sperimentazioni, offre un esempio virtuoso di processi di interconnessione locale-globale e regionale-globale. In altre parole, ci consente di avere un esempio molto interessante di regionalizzazione finalizzata a migliorare le dinamiche globali, ove le dinamiche economico-politiche a varie scale geografiche non sono necessariamente in competizione ma si supportano a vicenda. Il concetto di “doppia circolazione” è non a caso l'orizzonte e la strategia chiave del PCC fin dal XIV piano (21-25) – una strategia che cerca di armonizzare regionalizzazione e globalizzazione in modo dialettico e reciprocamente vantaggioso.
Sviluppo recente della pianificazione territoriale in Cina
Innanzitutto, stiamo parlando di un modello economico-politico ibrido, incentrato su riforme statali e non basato su una pianificazione rigida, ma flessibile; un modello che non è schiacciato sulla fiducia nella capacità dei mercati di funzionare autonomamente. Oggi la pianificazione territoriale in Cina si focalizza sullo sviluppo tecnologico e sugli obiettivi di sostenibilità. Essa passa attraverso reti di città, che comprendono regioni sempre più vaste, come la Grande Area della Baia (86 milioni), che unisce 9 città di Guangdong-HK-Macao (2011); oppure l'Area Bohai, Tianjin-Beijing-Hebei, con 260 milioni di persone, lanciata nel 2004. In ogni caso, possiamo osservare la decentralizzazione delle attività e delle funzioni, l'istituzione di parchi industriali eco-sostenibili e città intelligenti, spesso create in cooperazione con altri paesi. Finora, in totale, ci sono 21 nuove zone pilota, tra cui l'area portuale della provincia insulare meridionale di Hainan.
Conclusione
La globalizzazione neoliberale ha mostrato i suoi limiti. Avendo promosso una crescente riduzione dell'intervento statale nell'economia (con una spinta a favore della deregolamentazione dei mercati), essa ha ridotto il ruolo dello stato, diventato sempre di più portavoce delle comunità imprenditoriali e dei loro interessi particolari. Questo è evidente se confrontato con il "socialismo con caratteristiche cinesi" e l'idea di "costruire una comunità umana dal futuro condiviso". La storia della globalizzazione neoliberale è stata segnata da crisi sistemiche e guerre umanitarie: processi che hanno mostrato i risultati più nefasti e disgreganti sin dagli anni '90.
Dall’altra parte, invece, la BRI e l'estensione dell'influenza cinese appartengono ad una nuova geografia infrastrutturale - di porti, ferrovie, zone industriali, connessioni digitali e aeree. Gli stessi flussi di credito dalla Cina, così come il sistema di aiuti finanziari, sono diversi rispetto alle condizionalità proprie dei piani di aggiustamento strutturale che caratterizzano i flussi di credito provenienti dalle istituzioni occidentali.
In questo senso, c’è una netta differenza, un’idiosincrasia, tra la globalizzazione occidentale (neoliberale), ora rifiutata a favore di una maggiore divisione tra blocchi, e la regionalizzazione dei paesi emergenti, che opera invece a favore di nuove forme virtuose di connessioni regionali-globali.