Fabio Mini - Combattere fino all'ultimo ucraino? Gli Usa sono deboli e il rischio atomico concreto
Per l’ex colonnello Macgregor in un confronto globale gli Usa non possono vincere. A quel punto non resterebbe che ripiegare su un’arma nucleare tattica. Miccia di un’escalation
di Fabio Mini - Il Fatto Quotidiano, 14 settembre
E l’Ucraina? “Penso che sempre più ucraini vogliano solo sopravvivere a questa situazione, che sta diventando molto difficile, dato che Zelensky e i radicali che lo circondano sono fondamentalmente impegnati a combattere questa guerra fino all’ultimo ucraino”, spiega l’ex colonnello Douglas Macgregor.
In verità, molti negli Stati Uniti e altrove pensano che non si debba aspettare la fine dell’ultimo ucraino. Non perché ci sia voglia di pace ma per l’esatto contrario: la guerra deve continuare e allargarsi e quindi occorre intervenire militarmente in territorio ucraino contro la Russia. Devono intervenire gli europei a partire dai Paesi confinanti membri della Nato, ma soprattutto devono intervenire gli americani. Anche Zelensky, pur chiedendo a gran voce – oltre alle armi e i miliardi – il sangue dei nostri figli, è contrario all’intervento diretto e non perché vuole la pace o è sicuro di potercela fare. Patriottismo, nazionalismo? No.
Zelensky e i suoi vogliono mantenere il potere per venderlo ai migliori “offerenti” che da tempo lo stanno spalleggiando con le operazioni sotto falsa bandiera, con i presunti volontari, con i mercenari ad alto costo, con i sabotaggi, le provocazioni e i falsi pretesti. Dice Macgregor: “Sono sicuro che il signor Zelensky e i suoi amici siano ansiosi di ritirarsi nelle loro tenute in Florida o a Venezia o a Cipro, per godersi i miliardi che sono riusciti a rubare o a sottrarre dagli aiuti che abbiamo fornito. Ricordate che l’Ucraina è probabilmente uno dei più corrotti luoghi del mondo. E poi, naturalmente, ci sono i soliti sospetti: i grandi conglomerati del business agricolo, insieme a Blackrock, che hanno messo gli occhi sul fertile terreno dell’ucraina occidentale. Immagino che ci sarà un grande sforzo per ottenerne il controllo in qualche modo, che però potrebbe non funzionare una volta che questa guerra finirà con una completa e totale sconfitta del regime ucraino”.
Sull’opportunità dell’intervento militare diretto degli Usa, Macgregor è lapidario: “Se gli americani sapessero qualcosa della storia dell'Europa orientale direbbero di andarsene da lì. Perché le guerre, il sangue e l’odio che hanno caratterizzato quella parte del mondo per centinaia di anni sono qualcosa che non possiamo risolvere, non possiamo sistemare, non ne sappiamo nulla”. E sulle capacità dell’esercito Usa, Macgregor attinge all’esperienza diretta della Guerra fredda che anch’io condivido. Gli Stati Uniti offrivano all'Europa l’ombrello nucleare e i rinforzi di forze terrestri per arginare la penetrazione sovietica che avesse superato le difese avanzate tedesche, inglesi e americane presenti in Germania. Le esercitazioni di rinforzo con lo spostamento di truppe dal continente americano erano importanti, ma non eliminavano l’eventualità che fosse necessario ricorrere alle armi nucleari. In quella guerra continentale le forze americane disponibili erano già a quel tempo limitate. Oggi le forze terrestri impiegabili sono disperse in tutto il mondo e comunque non superano i 450.000 uomini con un rapporto combattenti/supporto di 1 a 5. La pretesa di poter affrontare e vincere due conflitti regionali contemporaneamente non riguarda le forze terrestri ma quelle aeree, navali e quelle strategiche nucleari.
La valutazione militare di Macgregor è quasi brutale: “Negli Stati Uniti non abbiamo riserve e nessuna capacità di aumentare la produzione; ci vorrebbero molti mesi per arrivare al tipo di standard che ci consentirebbe di competere in una guerra convenzionale di alto livello. Per questo motivo, persone come me e altri temono che, se dovessimo entrare in un confronto che non possiamo vincere allora ripiegheremmo sul deterrente nucleare: un’arma nucleare tattica. L’uso di qualsiasi arma nucleare farà partire l’escalation molto rapidamente, perché i tuoi avversari penseranno che se non useranno le loro armi nucleari le perderanno, quindi stiamo vivendo in un terribile dilemma in questo momento, la cosa più intelligente che possiamo fare è porre fine a questa guerra”.
Facendo il confronto con la situazione ai tempi della guerra in Vietnam, Macgregor dice: “In termini di morale e di disciplina penso che siamo vicini al punto in cui eravamo alla fine degli anni 70. Dal 2001 la maggior parte dei combattimenti sono su scala molto ridotta contro un nemico fugace, che va in giro in sandali con un AK-47 e che fa molto affidamento su esplosivi e mine per uccidere gli americani. Circa l’87% delle nostre perdite sono state causate da esplosivi estratti da mine. Quello attuale non è un esercito abituato a trovare qualcuno che possa reagire. Una volta avevamo il monopolio della tecnologia militare e della precisione. Tutto questo è andato perduto. Ora tutti ce l’hanno, non c’è nulla che possiamo fare che non possano fare anche a Mosca, a Pechino e probabilmente in molti altri Paesi che ancora non conosciamo. Nel 1991 avevamo forze armate paragonabili a un’auto con motore da 500 cavalli di potenza, poi è passato a 400, 300, 200 fino a 100. Ora non ci accorgiamo della differenza perché non si preme il pedale dell’acceleratore. L’auto è sufficiente per andare a fare la spesa, per guidare sulla 95 a 50 miglia all’ora, ma se si spinge sul pedale si scopre che si tratta di un motore debole, che non ha più le caratteristiche di un tempo”.
Anche l’organizzazione militare è carente, specialmente perché ridondante: “Con solo sette generali e ammiragli a quattro stelle siamo riusciti a sopravvivere alla più grande e distruttiva guerra della storia e fortunatamente a finire dalla parte dei ‘vincitori’. Ora siamo benedetti da 43-44 generali e ammiragli a quattro stelle distribuiti in molteplici comandi progettati per coprire il mondo. Le forze armate sono divise, ognuna di esse vive nel suo mondo, ha la sua dottrina, la sua burocrazia, il suo modo di fare la guerra: tutta questa unione (jointness) è solo una sciocchezza. Ci sono un sacco di generali e ammiragli e ognuno ha una ragione di esistere e un migliaio di uomini di staff, ha bisogno di soldi per i suoi progetti e questo diventa una gigantesca mangiatoia per le persone sulla Collina (Capitol Hill), e nessuno chiede perché? Credo che questo rasenti la follia, soprattutto perché non viviamo nel mondo del 1920-1945, ma nel XXI secolo. Oggi le forze proiettate in avanti sono facili da identificare, facili da colpire e distruggere. Quindi, che senso ha avere molte forze proiettate in avanti? ‘Possiamo sempre rinforzarle’, ma non è così. Occorre attraversare vasti oceani e gli avversari hanno flotte di sottomarini. Quante navi devono affondare, prima che tutti dicano che non ne vale la pena? La stessa cosa vale per gli aerei. “Abbiamo aerei migliori”, forse, ma non abbiamo difese aeree molto buone. Abbiamo trascurato per anni la difesa aerea e missilistica nell’esercito, che l’ha sempre trattata come una sorta di figliastro, perché non abbiamo combattuto contro nessuno che ci obbligasse a difenderci dagli attacchi missilistici e aerei. Ebbene, quei giorni sono finiti. In altre parole, se si spinge la guerra con la Russia nell'Europa centro-orientale, la guerra raggiungerà anche noi qui negli Stati Uniti”. Come in effetti li sta raggiungendo l’odio dei Paesi africani. In Niger “siamo andati per combattere gli islamisti. La verità è che non c’erano molti islamisti finché non siamo arrivati noi. Ora ci sono molti islamisti. Ora si scopre che l’intera popolazione, oltre a odiare i francesi, ha deciso di odiare anche noi. E la gente dice: ‘Li abbiamo addestrati, abbiamo dato loro assistenza e si stanno rivoltando contro di noi’. Deve essere colpa dei mercenari di Wagner, dei russi e forse di quei fastidiosi cinesi”. Nessuno ammette che siamo entrati lì e abbiamo rovinato tutto da soli”.
Grazie Colonnello! Con tutto il cuore da chi ha dovuto star dietro al suo Paese con un motore da 50 cavalli e ora pretende di seguirlo o precederlo in guerra con uno da cinque.