"E’ una giornata storica oggi. E lo rimarrà per molto, se non in eterno". La traduzione integrale del discorso di Putin del 21 febbraio 2022

"E’ una giornata storica oggi. E lo rimarrà per molto, se non in eterno". La traduzione integrale del discorso di Putin del 21 febbraio 2022

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Riceviamo e ringraziamo per la possibilità di ripubblicare l'intero storico discorso di ieri del presidente della Federazione russa dagli amici di M-48

 

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Per il Donbass. Per la Russia. Il discorso integrale di Putin del 21 Febbraio 2022

(Traduzione di Eros R.F., dal sito presidenziale della Russia)

E’ una giornata storica oggi. E lo rimarrà per molto, se non in eterno.

Il mondo è spaccato in due, in modo sempre più netto. O dalla parte del Donbass, o contro. Ma qui non si parla solo di una striscia di terra grande a malapena quanto il Veneto. Qui si tratta di prevenzione di una balcanizzazione del Paese più grande della Terra, pianificata dall’occidente da troppi anni. Troppi anni sono passati senza che la Russia, o in generale qualunque Paese nemico (volutamente o meno) alla NATO si ribellasse veramente contro questa.

Oggi sarà ricordato come il giorno della prima mossa forte da parte della Russia. E’ vero, c’è già stata la guerra nel Caucaso. E’ vero, c’è già stata una guerra nel Donbass nel 2014 e nel 2015. Ma oggi la situazione è totalmente diversa. La NATO, l’occidente, come non mai è in crisi, e come non mai è così vicino nei propri piani aggressivi nei confronti della Russia.

Qui si parla dell’equilibrio del mondo intero – del presente, ma soprattutto del futuro… e anche del passato, da come ci fa ben pensare il presidente russo Vladimir Putin nel suo denso e già storico discorso.

Discorso di un eroe, un compagno, un rivoluzionario? Neanche ci passa per la mente definirlo in un modo simile. E forse già chiamarlo alleato è un grande sforzo. Tuttavia, che la Russia – nonostante la sua possenza naturale – sia un Paese sotto attacco, accerchiato, se non addirittura, in certi termini, oppresso, non possiamo assolutamente negarlo. E Putin, nonostante la sua aspra critica storica (in parte legittima) contro i bolscevichi, e nonostante la sua natura praticamente borghese (o meglio filo-borghese), sta fungendo negli ultimi anni da grosso bastione contro il globalismo e l’imperialismo occidentale. E per questo va sostenuto, contro tutte le offensive dell’ormai fortunatamente decadente impero occidentale.

Ma della figura di Putin potremmo e dovremmo parlare molto più a fondo, in quanto leader più complesso del nostro secolo… avremo altra occasione di parlarne. Vi lasciamo con la lettura del discorso integrale del presidente russo, che è una sorta di Manifesto delle passate e future politiche difensive russe; un Manifesto per l’Unità russa ed una lotta contro le serpi occidentali. Traete voi le vostre conclusioni.

Vi consigliamo infine di seguire il nostro canale telegram sulle notizie internazionali; troverete molto materiale sul tema: t.me/M48notizie


Cari cittadini della Russia! Cari amici!

Il tema del mio discorso sono gli eventi in Ucraina e perché questo è così importante per noi, per la Russia. Naturalmente, il mio indirizzo è rivolto anche ai nostri compatrioti in Ucraina.

Dovremo parlare a lungo e in dettaglio. La questione è molto seria.

La situazione nel Donbass è diventata ancora una volta critica e acuta. E oggi mi rivolgo direttamente a voi non solo per dare una valutazione di ciò che sta accadendo, ma anche per informarvi sulle decisioni che si stanno prendendo e sui possibili ulteriori passi in questa direzione.

Permettetemi di sottolineare ancora una volta che l’Ucraina non è solo un Paese vicino per noi. È parte integrante della nostra storia, della nostra cultura e del nostro spazio spirituale. Questi sono i nostri compagni e i nostri cari, compresi non solo i colleghi, gli amici e gli ex colleghi d’armi, ma anche i nostri parenti e le persone legate a noi da vincoli di sangue e familiari.

Per molto tempo, gli abitanti delle terre sud-occidentali storiche della Vecchia Russia si sono chiamati russi e cristiani ortodossi. Questo era il caso sia prima che dopo il XVII secolo, quando parti di questi territori furono riuniti allo Stato russo.

Ci sembra che in linea di principio siamo tutti consapevoli di questo, che stiamo parlando di fatti noti. Tuttavia, per capire ciò che sta accadendo oggi, per spiegare i motivi dell’azione della Russia e gli obiettivi che stiamo perseguendo, è necessario dire almeno qualche parola sulla storia della questione.

Lasciatemi iniziare con il fatto che l’Ucraina moderna è stata creata interamente dalla Russia, o più precisamente, dalla Russia bolscevica e comunista. Il processo iniziò quasi immediatamente dopo la Rivoluzione del 1917, e Lenin e i suoi soci lo fecero in modo molto crudo alla Russia stessa – con la secessione, strappando parte dei propri territori storici. Alle milioni di persone che vivevano lì, ovviamente, non è stato chiesto nulla.

Poi, alla vigilia e dopo la Grande Guerra Patriottica, Stalin aveva già annesso all’URSS e consegnato all’Ucraina alcune terre che prima appartenevano a Polonia, Romania e Ungheria. In una sorta di compensazione, Stalin diede alla Polonia parte dei territori tedeschi originali, e nell’anno 1954 Krusciov prese la Crimea dalla Russia per qualche motivo e la diede anche all’Ucraina. In effetti, è così che si è formato il territorio dell’Ucraina sovietica.

Ma ora vorrei prestare particolare attenzione al periodo iniziale della creazione dell’URSS. Penso che questo sia estremamente importante per noi. Dovremo partire, come si dice, da lontano.

Lasciate che vi ricordi che dopo il colpo di stato di ottobre del 1917 e la conseguente guerra civile, i bolscevichi iniziarono a costruire una nuova statualità, e c’era un bel po’ di disaccordo tra loro. Stalin, che in quell’anno 1922 combinò [coprendo] le cariche di Segretario Generale del Comitato Centrale del RCP(b) e di Commissario del Popolo per le Nazionalità, propose di costruire il Paese sui principi dell’autonomizzazione, cioè dando alle Repubbliche – le future unità amministrativo-territoriali – ampi poteri quando si fossero unite allo Stato unificato.

Lenin criticò questo piano e offrì concessioni ai nazionalisti, come li chiamava all’epoca – gli “indipendenti”. Queste idee leniniste di una struttura statale essenzialmente confederale, e lo slogan sul diritto delle Nazioni all’autodeterminazione fino alla secessione, furono incluse a costituire la base della statualità sovietica: prima nell’anno 1922, in cui fu sancita nella Dichiarazione sull’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, e poi, dopo la morte di Lenin, nella Costituzione dell’URSS del 1924.

Qui sorgono immediatamente molte domande. La prima, e in effetti la più importante, domanda è: perché era necessario soddisfare le ambizioni nazionaliste in crescita smisurata [proprio] ai margini dell’ex impero? Trasferire enormi territori, spesso non collegati, alle unità amministrative di nuova formazione, e spesso arbitrariamente formate, Repubbliche dell’Unione. Ripeto: trasferiti insieme alla popolazione della Russia storica.

Inoltre, di fatto, a queste unità amministrative fu dato lo status e la forma di entità statali nazionali. Ancora una volta mi chiedo perché è stato necessario fare regali così generosi, che i nazionalisti più ardenti non avevano mai nemmeno sognato prima, e dare alle Repubbliche il diritto di secessione dallo Stato unificato senza alcuna condizione?

A prima vista non ha senso, è pazzesco. Ma lo è solo a prima vista. C’è una spiegazione. Dopo la Rivoluzione, il compito principale dei bolscevichi era quello di mantenere il potere ad ogni costo, proprio ad ogni costo. Per questo optarono a tutto: e alle condizioni umilianti del trattato di Brest, in un momento in cui la Germania del Kaiser e i suoi alleati erano nella situazione militare ed economica più difficile; e l’esito della prima guerra mondiale era di fatto predeterminato; e per soddisfare qualsiasi richiesta, qualsiasi desiderio dei nazionalisti all’interno del Paese.

In termini di destino storico della Russia e dei suoi popoli, i princìpi leninisti di costruzione dello Stato non furono solo un errore – furono, come si dice, molto peggio di un errore. Dopo il crollo dell’URSS in quel 1991, è diventato abbondantemente chiaro.

Certo, gli eventi del passato non possono essere cambiati, ma dovremmo almeno dirli direttamente e onestamente, senza riserve e senza alcuna colorazione politica. Posso solo aggiungere che le considerazioni della situazione politica attuale, per quanto spettacolari e vantaggiose possano sembrare in un determinato momento, non dovrebbero e non possono in nessun caso essere la base dei princìpi fondamentali della statualità.

Non sto accusando nessuno di nulla ora: la situazione del Paese all’epoca e dopo la guerra civile, alla vigilia, era incredibilmente difficile e critica. Tutto quello che voglio dire oggi è che è stato esattamente così. È un fatto storico. In realtà, come ho già detto, la politica bolscevica ha portato alla nascita dell’Ucraina sovietica, che ancora oggi può essere giustamente chiamata “Ucraina di Vladimir Lenin”. È il suo autore e architetto. Questo è pienamente confermato dai documenti d’archivio, comprese le dure direttive di Lenin sul Donbass, che fu letteralmente schiacciato sull’Ucraina. E ora “discendenti riconoscenti” hanno demolito [e demoliscono] i monumenti a Lenin in Ucraina. La chiamano “decomunizzazione”.

Volete la decomunicazione? Beh, questo ci sta bene. Ma non dobbiamo, come si dice, fermarci a metà strada. Siamo pronti a mostrarvi cosa significa la vera decomunizzazione per l’Ucraina.

Tornando alla storia della questione, ripeto che nell’anno 1922 l’URSS fu formata sul territorio dell’ex impero russo. Ma la vita stessa ha mostrato subito che era impossibile mantenere un territorio così vasto e complesso, né governarlo secondo i princìpi amorfi e confederali proposti. Erano completamente scollegati dalla realtà e dalla tradizione storica.

È logico che il Terrore Rosso e la rapida transizione verso una dittatura stalinista, il dominio dell’ideologia comunista e il monopolio del potere da parte del Partito Comunista, la nazionalizzazione e il sistema pianificato dell’economia nazionale – tutto questo ha di fatto trasformato i princìpi dichiarati ma inattuabili della statualità in una semplice dichiarazione, una formalità. In realtà, le Repubbliche dell’Unione non avevano alcun diritto sovrano, semplicemente non esistevano. In pratica, fu creato uno Stato strettamente centralizzato e totalmente unitario.

Stalin, infatti, realizzò pienamente nella pratica non le idee di Lenin, ma le sue proprie idee di statualità. Ma non ha fatto cambiamenti rilevanti nei documenti sistemici, nella Costituzione del Paese – non ha rivisto formalmente i proclamati princìpi leninisti della costruzione dell’URSS. L’Unione Sovietica non era uno Stato, e sembrava non essere necessario [esserlo] – tutto funzionava sotto il regime totalitario, ed esteriormente sembrava bello, attraente e persino super-democratico.

E tuttavia è un peccato che le odiose fantasie utopiche ispirate dalla Rivoluzione, ma assolutamente distruttive per qualsiasi Paese normale, non siano state prontamente epurate dalle basi fondamentali, formalmente legali, su cui è stata costruita tutta la nostra statualità. Nessuno ha pensato al futuro, come è successo spesso in passato nel nostro Paese.

I dirigenti del Partito comunista sembravano credere di essere riusciti a formare un solido sistema di governo, di aver finalmente risolto la questione nazionale attraverso le loro politiche. Ma la falsificazione, la sostituzione di concetti, la manipolazione della coscienza pubblica e l’inganno sono costosi. Il bacillo dell’ambizione nazionalista non era andato da nessuna parte, e la mina originaria che era stata posata per minare l’immunità dello Stato contro il contagio del nazionalismo stava solo aspettando di accadere. Tale mina, ripeto, era il diritto di secessione dall’URSS.

A metà degli anni ’80, in un contesto di crescenti problemi socio-economici e di un’evidente crisi dell’economia pianificata, la questione nazionale, la cui essenza non erano le aspettative e le aspirazioni insoddisfatte dei popoli dell’Unione, ma soprattutto il crescente appetito delle élite locali, si faceva sempre più acuta.

Tuttavia, la direzione del PCUS – invece di analizzare profondamente la situazione, prendere misure adeguate, soprattutto nell’economia, così come una graduale, ponderata, deliberata trasformazione del sistema politico e della struttura statale – si limitò a una vera e propria verbosità sul ripristino del principio leninista di autodeterminazione nazionale.

Inoltre, mentre la lotta per il potere si svolgeva all’interno dello stesso Partito Comunista, ciascuna delle parti opposte cominciò a stimolare, incoraggiare e giocare sconsideratamente sul sentimento nazionalista, promettendo ai suoi potenziali sostenitori qualsiasi cosa desiderassero. Tra chiacchiere superficiali e populiste sulla democrazia e un futuro luminoso costruito sulla base di un’economia di mercato o pianificata, ma in condizioni di reale impoverimento e deficit totale, nessuno al potere ha pensato alle inevitabili tragiche conseguenze per il Paese.

E poi hanno seguito la strada ben battuta di soddisfare le ambizioni delle élite nazionaliste, nutrite nelle loro stesse file di Partito, dimenticando che il PCUS non aveva più, e grazie a Dio, tali strumenti per mantenere il potere e il Paese stesso – come il terrore di Stato e una dittatura di tipo staliniano nelle loro mani. E che anche il famigerato protagonista del Partito, come una nebbia mattutina, è svanito senza lasciare traccia proprio davanti ai loro occhi.

Nel settembre 1989, il plenum del Comitato Centrale del PCUS ha adottato un documento essenzialmente fatidico – la cosiddetta politica nazionale del Partito nelle condizioni moderne, la piattaforma PCUS. Esso conteneva le seguenti disposizioni, cito: «Le Repubbliche dell’Unione hanno tutti i diritti corrispondenti al loro status di Stati socialisti sovrani».

Un altro punto: «Gli organi rappresentativi supremi delle Repubbliche dell’Unione possono impugnare e sospendere i decreti e gli ordini del governo dell’Unione sui loro territori».

Infine: «Ogni Repubblica dell’Unione ha la propria cittadinanza, che vale per tutti i suoi abitanti».

Non era ovvio a cosa avrebbero portato tali formulazioni e decisioni?

Non è il momento né il luogo per entrare in questioni di diritto statale o costituzionale, per definire la nozione stessa di cittadinanza. Ma ancora la domanda sorge: in quelle circostanze già difficili, perché il Paese aveva bisogno di essere scosso ulteriormente in questo modo? Il fatto rimane.

Anche due anni prima del crollo dell’URSS, il suo destino era praticamente segnato. Ora sono i radicali e i nazionalisti, anche e soprattutto in Ucraina, a prendersi il merito della conquista dell’indipendenza. Come possiamo vedere, questo non è il caso. Il crollo del nostro Paese unito è stato causato da errori storici e strategici dei dirigenti bolscevichi, la direzione del Partito Comunista, fatti in diversi momenti nella costruzione dello Stato, nella politica economica e nazionale. Il crollo della Russia storica chiamata URSS è sulla loro coscienza.

Nonostante tutte queste ingiustizie, inganni e vere e proprie rapine alla Russia, il nostro popolo, proprio il popolo, ha riconosciuto le nuove realtà geopolitiche emerse dopo il crollo dell’URSS e ha riconosciuto i nuovi Stati indipendenti. E non solo – la Russia stessa, trovandosi in una situazione molto difficile in quel momento, ha aiutato i suoi partner della CSI, compresi i suoi colleghi ucraini, dai quali sono arrivate numerose richieste di sostegno materiale fin dal momento della dichiarazione di indipendenza. E il nostro Paese ha fornito questo sostegno nel rispetto della dignità e della sovranità dell’Ucraina.

Secondo le stime degli esperti, che sono confermate da un semplice calcolo dei nostri prezzi energetici, il volume dei prestiti preferenziali, le preferenze economiche e commerciali che la Russia ha concesso all’Ucraina, il beneficio totale per il bilancio ucraino dall’anno 1991 al 2013 è stato di circa 250 miliardi di dollari.

Ma non era tutto. Alla fine del 1991, gli obblighi di debito dell’URSS verso Paese stranieri e fondi internazionali ammontavano a circa 100 miliardi di dollari. E inizialmente si supponeva che questi prestiti sarebbero stati rimborsati da tutte le ex Repubbliche sovietiche in modo solidale, in proporzione al loro potenziale economico. La Russia, tuttavia, assunse l’intero debito sovietico e lo saldò completamente. Alla fine ha completato questo processo nel corso dell’anno 2017.

In cambio, i nuovi Stati indipendenti dovevano cedere alcuni dei loro beni esteri sovietici e accordi in tal senso furono raggiunti con l’Ucraina nel dicembre 1994. Tuttavia, Kiev non ha ratificato questi accordi e più tardi si è semplicemente rifiutata di attuarli, rivendicando il fondo di diamanti, la riserva d’oro, nonché le proprietà e altri beni ex sovietici all’estero.

Eppure, nonostante i ben noti problemi, la Russia ha sempre cooperato con l’Ucraina in modo aperto, onesto e, ripeto, nel rispetto dei suoi interessi, e i nostri legami si sono sviluppati in diversi settori. Per esempio, il fatturato commerciale bilaterale del 2011 ha superato i 50 miliardi di dollari nell’anno. Va notato che il volume del commercio dell’Ucraina con tutti i paesi dell’UE nell’anno 2019 prima della pandemia era inferiore a questa cifra.

Allo stesso tempo, si notava che le autorità ucraine preferivano agire in modo tale da avere tutti i diritti e i benefici nelle loro relazioni con la Russia, ma senza incorrere in alcun obbligo.

Invece del partenariato, ha prevalso la dipendenza, che a volte ha assunto un carattere assolutamente cavalleresco da parte delle autorità ufficiali di Kiev. Basta ricordare il ricatto permanente nella sfera del transito energetico e il banale furto di gas.

Dovrei aggiungere che Kiev ha cercato di usare il dialogo con la Russia come pretesto per contrattare con l’Occidente, ricattarlo avvicinandosi a Mosca, conquistando preferenze per sé: altrimenti l’influenza russa in Ucraina sarebbe cresciuta.

Allo stesso tempo, le autorità ucraine inizialmente, e voglio sottolinearlo, fin dai primi passi, hanno cominciato a costruire la loro statualità sulla negazione di tutto ciò che ci unisce, hanno cercato di distorcere la coscienza e la memoria storica di milioni di persone, intere generazioni che vivono in Ucraina. Non sorprende che la società ucraina abbia affrontato l’ascesa di un nazionalismo estremo, che ha rapidamente preso la forma di una russofobia aggressiva e del neonazismo. Da qui il coinvolgimento di nazionalisti ucraini e neonazisti in bande terroristiche nel Caucaso del Nord e le rivendicazioni territoriali sempre più vocali contro la Russia.

Anche le forze esterne, che hanno usato una vasta rete di ONG e servizi speciali per coltivare la loro clientela in Ucraina e promuovere i loro rappresentanti al potere, hanno giocato un ruolo.

È anche importante capire che l’Ucraina non ha essenzialmente mai avuto una tradizione stabile di una sua autentica statualità. E da quell’anno 1991 ha seguito la strada della copia meccanica di modelli alieni, distaccata sia dalla storia che dalle realtà ucraine. Le istituzioni politiche statali sono state costantemente ridisegnate per soddisfare i clan in rapida formazione con i loro interessi egoistici che non hanno nulla a che fare con gli interessi del popolo ucraino.

L’intero scopo della cosiddetta scelta di civiltà filo-occidentale del governo oligarchico ucraino non era e non è quello di creare condizioni migliori per il benessere del popolo, ma piuttosto di servire servilmente i rivali geopolitici della Russia, mantenendo i miliardi di dollari rubati agli ucraini e nascosti dagli oligarchi nei conti bancari occidentali.

Alcuni gruppi finanziari industriali, i partiti e i politici che hanno assunto si sono inizialmente affidati a nazionalisti e radicali. Altri hanno fatto un servizio a parole sulle buone relazioni con la Russia e sulla diversità culturale e linguistica, e sono arrivati al potere con i voti dei cittadini che hanno sostenuto con tutto il cuore tali aspirazioni, compresi milioni nel sud-est. Ma una volta in carica, hanno immediatamente tradito i loro elettori, abbandonato le loro promesse elettorali e attuato politiche per volere dei radicali, a volte perseguendo i loro ex alleati – quelle organizzazioni della società civile che sostenevano il bilinguismo e la cooperazione con la Russia. Hanno approfittato del fatto che le persone che li sostenevano erano, di regola, rispettose della legge, moderate nelle loro opinioni, abituate a fidarsi delle autorità – non avrebbero mostrato aggressività o fatto ricorso ad azioni illegali, a differenza dei radicali.

I radicali, a loro volta, divennero insolenti e le loro rimostranze crebbero di anno in anno. Hanno trovato facile imporre ripetutamente la loro volontà a un governo debole che era esso stesso infettato dal virus del nazionalismo e della corruzione e hanno abilmente sostituito i veri interessi culturali, economici e sociali del popolo e la reale sovranità dell’Ucraina con ogni sorta di speculazione su basi nazionali e orpelli etnografici esterni.

Non c’è una statualità sostenibile in Ucraina, e le procedure politiche ed elettorali servono solo come una copertura, uno schermo per la ridistribuzione del potere e della proprietà tra i vari clan oligarchici.

La corruzione, che è senza dubbio una sfida e un problema per molti Paesi, compresa la Russia, ha assunto un carattere particolare in Ucraina. Ha letteralmente permeato, corroso lo Stato ucraino, l’intero sistema, tutti i rami del potere. I radicali hanno approfittato del giustificato malcontento del popolo, hanno messo a tacere la protesta e hanno portato il Maidan a un colpo di stato nell’anno 2014. Nel fare ciò, hanno ricevuto assistenza diretta da Paesi stranieri. Il cosiddetto campo di protesta in piazza dell’Indipendenza a Kiev è stato sostenuto materialmente dall’ambasciata americana per un milione di dollari al giorno. Altre somme molto ingenti sono state sfacciatamente trasferite direttamente sui conti bancari dei leader dell’opposizione. E stavamo parlando di decine di milioni di dollari. E quanto hanno ottenuto alla fine le persone veramente ferite, le famiglie di coloro che sono morti negli scontri provocati nelle strade e nelle piazze di Kiev e di altre città? È meglio non chiedere di questo.

I radicali che avevano preso il potere organizzarono una persecuzione, un vero e proprio terrore contro coloro che parlavano contro le azioni anticostituzionali. Politici, giornalisti e personaggi pubblici sono stati derisi e umiliati pubblicamente. Le città ucraine furono travolte da un’ondata di pogrom e violenza, una serie di omicidi rumorosi e impuniti. Non si può fare a meno di rabbrividire di fronte alla terribile tragedia di Odessa, dove manifestanti pacifici sono stati brutalmente assassinati e bruciati vivi nella Casa dei Sindacati. I criminali che hanno commesso questa atrocità non sono stati puniti, nessuno li sta cercando. Ma conosciamo i loro nomi e faremo tutto il possibile per punirli, trovarli e consegnarli alla giustizia.

Il Maidan non ha portato l’Ucraina più vicina alla democrazia e al progresso. Con il colpo di stato, i nazionalisti e le forze politiche che li sostenevano hanno finalmente portato la situazione a un punto morto e hanno spinto l’Ucraina nell’abisso della guerra civile. Otto anni dopo quegli eventi, il Paese è diviso. L’Ucraina sta vivendo un’acuta crisi socio-economica.

Secondo le organizzazioni internazionali, nel 2019 quasi sei milioni di ucraini, sottolineo, circa il 15%non della popolazione in età lavorativa, sono stati costretti a lasciare il Paese in cerca di lavoro. Spesso, di regola, per lavori occasionali e non qualificati. Anche il seguente fatto è indicativo: dall’anno 2020 della pandemia, più di 60.000 medici e altri operatori sanitari hanno lasciato il Paese.

Dall’anno 2014 a questa parte, le tariffe dell’acqua sono aumentate di quasi un terzo, l’elettricità di diverse volte e il gas domestico di una dozzina di volte. Molte persone semplicemente non hanno i soldi per pagare le utenze; devono letteralmente sopravvivere.

Che cosa è successo? Perché succede tutto questo? La risposta è ovvia: perché la dote ricevuta non solo dall’era sovietica, ma anche dall’impero russo, è stata sperperata e intascata. Decine e centinaia di migliaia di posti di lavoro, che davano alla gente un reddito stabile e portavano tasse all’erario – anche grazie alla stretta collaborazione con la Russia –, sono stati persi. Industrie come la costruzione di macchine, la fabbricazione di strumenti, l’elettronica, la costruzione di navi e di aerei sono adagiate sugli allori o distrutte, mentre un tempo rendevano orgogliosa non solo l’Ucraina, ma l’intera Unione Sovietica.

Il cantiere navale del Mar Nero a Nikolayev, dove furono costruiti i primi cantieri sotto Caterina la Grande, fu liquidato nel corso del 2021. Il famoso gruppo Antonov non ha prodotto un solo lotto di aerei dal 2016, e l’impianto Yuzhmash, specializzato nella produzione di razzi e attrezzature spaziali, è sull’orlo del fallimento, così come l’acciaieria Kremenchuk. Questo triste elenco potrebbe continuare all’infinito.

Per quanto riguarda il sistema di trasporto del gas, che è stato costruito da tutta l’Unione Sovietica, è [oggi] così fatiscente che il suo funzionamento è irto di grandi rischi e costi ambientali.

E ci si chiede: la povertà, la disperazione e la perdita di capacità industriali e tecnologiche è la stessa scelta di civiltà filo-occidentale che ha ingannato e inganna milioni di persone da anni, promettendo loro il paradiso?

In realtà, si è arrivati al fatto che il crollo dell’economia ucraina è accompagnato da una vera e propria rapina dei suoi cittadini, mentre l’Ucraina stessa è stata semplicemente messa sotto amministrazione esterna. Questo non viene fatto solo su ordine delle capitali occidentali, ma anche sul terreno attraverso tutta una rete di consiglieri stranieri, ONG e altre istituzioni schierate in Ucraina. Hanno un’influenza diretta su tutte le principali decisioni del personale, su tutti i rami e livelli di governo, da quello centrale a quello municipale, sulle principali aziende e corporazioni statali, tra cui Naftogaz, Ukrenergo, la Ferrovia Ucraina, Ukroboronprom, Ukrposhta e l’amministrazione dei porti marittimi ucraini.

Semplicemente non c’è un tribunale indipendente in Ucraina. Su richiesta dell’Occidente, le autorità di Kiev hanno dato ai rappresentanti delle organizzazioni internazionali il diritto prioritario di selezionare i membri dei più alti organi giudiziari – il Consiglio di giustizia e la Commissione di qualificazione dei giudici.

Inoltre, l’ambasciata degli Stati Uniti controlla direttamente l’Agenzia nazionale per la prevenzione della corruzione, l’Ufficio nazionale anticorruzione, la Procura specializzata anticorruzione e la Corte suprema anticorruzione. Tutto questo viene fatto con il pretesto plausibile di rendere più efficace la lotta contro la corruzione. Bene, ok, ma dove sono i risultati? La corruzione è stata in piena fioritura, ed è ancora in piena fioritura.

Gli stessi ucraini sono a conoscenza di tutti questi metodi manageriali? Si rendono conto che il loro Paese non è nemmeno sotto un protettorato politico ed economico, ma è stato ridotto a una colonia con un regime fantoccio? La privatizzazione dello Stato ha portato al fatto che il governo, che si definisce «il potere dei patrioti», ha perso il suo carattere nazionale e sta conducendo costantemente verso la completa de-sovranizzazione del Paese.

Il corso di derussificazione e di assimilazione forzata continua. La Verkhovna Rada sta inesorabilmente emettendo sempre più atti discriminatori, e una legge sui cosiddetti popoli indigeni è già in vigore. Le persone che si considerano russe e che vorrebbero preservare la loro identità, lingua e cultura hanno ricevuto il messaggio esplicito che sono estranee in Ucraina.

Le leggi sull’istruzione e sul funzionamento della lingua ucraina come lingua di Stato hanno bandito il russo dalle scuole, da tutte le sfere pubbliche, fino ai negozi ordinari. La legge sulla cosiddetta lustrazione, la “pulizia” del potere, ha reso possibile occuparsi dei dipendenti pubblici indesiderabili.

Gli atti che danno alle forze dell’ordine ucraine motivi per una dura soppressione della libertà di parola e di dissenso e per la persecuzione dell’opposizione ne sono la riproduzione. La triste pratica delle sanzioni unilaterali illegittime contro altri Stati, individui stranieri e persone giuridiche è ben nota nel mondo. L’Ucraina ha superato i suoi gestori occidentali e ha inventato uno strumento come le sanzioni contro i suoi stessi cittadini, imprese, canali televisivi, altri media e persino membri del parlamento.

Kiev continua a preparare il massacro anche della Chiesa ortodossa ucraina del Patriarcato di Mosca. E questa non è una valutazione emotiva; lo dimostrano decisioni e documenti specifici. Le autorità ucraine hanno cinicamente trasformato la tragedia della scissione della Chiesa in uno strumento di politica statale. L’attuale leadership del Paese non risponde alle richieste dei cittadini dell’Ucraina di abrogare le leggi che violano i diritti dei credenti. Inoltre, nuovi progetti di legge sono stati registrati nella Rada contro il clero e milioni di parrocchiani della Chiesa ortodossa ucraina del Patriarcato di Mosca.

Parlerò separatamente della Crimea. Il popolo della penisola ha fatto la sua libera scelta: stare con la Russia. Le autorità di Kiev non hanno nulla per contrastare questa chiara ed esplicita volontà del popolo, quindi puntano su azioni aggressive, sull’attivazione di cellule estremistecomprese le organizzazioni radicali islamiche, sull’invio di gruppi sovversivi per commettere atti terroristici presso infrastrutture critiche e per rapire cittadini russi. Abbiamo prove dirette che tali azioni aggressive vengono effettuate con l’appoggio di servizi speciali stranieri.

Nel marzo 2021, l’Ucraina ha adottato una nuova strategia militare. Questo documento è quasi interamente dedicato al confronto con la Russia e mira ad attirare gli Stati stranieri in conflitto con il nostro Paese. La strategia propone l’organizzazione di quello che è essenzialmente un sottostrato terrorista in Donbass e Crimea russa. Delinea anche i contorni della guerra prevista, e dovrebbe finire, come credono gli strateghi di Kiev di oggi, e cito ancora, «con l’assistenza della comunità internazionale a condizioni favorevoli all’Ucraina». E anche, come si esprime oggi Kiev – e lo cito anche qui, ascoltate con più attenzione, per favore – «con il sostegno militare della comunità internazionale in un confronto geopolitico con la Federazione Russa». In sostanza, questo non è altro che la preparazione di un’azione militare contro il nostro Paese – contro la Russia.

Sappiamo anche che ci sono già state dichiarazioni che l’Ucraina sta per sviluppare le proprie armi nucleari, e questa non è una vuota spavalderia. L’Ucraina possiede la tecnologia nucleare sovietica e i mezzi di consegna di tali armi, tra cui l’aviazione e i missili Tochka-U, anch’essi di progettazione sovietica, con una portata di più di 100 chilometri. Ma ne faranno di più, è solo una questione di tempo. Ci sono alcune basi dell’era sovietica.

Così, sarà molto più facile per l’Ucraina acquisire armi nucleari tattiche che per alcuni altri Stati – non li nominerò ora – che sviluppano effettivamente tali armi, soprattutto in caso di supporto tecnologico dall’estero. E non dovremmo escludere nemmeno questo.

Con la comparsa di armi di distruzione di massa in Ucraina, la situazione nel mondo, in Europa, soprattutto per noi, per la Russia, cambierà drasticamenteNon possiamo non reagire a questo pericolo reale, soprattutto, ripeto, che i mecenati occidentali potrebbero facilitare la comparsa di tali armi in Ucraina per creare un’altra minaccia al nostro Paese. Possiamo vedere come il pompaggio militare del regime di Kiev sia persistente. Gli Stati Uniti da soli hanno speso miliardi di dollari dall’anno 2014 a questa parte, tra armi, attrezzature e addestramento specializzato. Negli ultimi mesi, le armi occidentali sono fluite in Ucraina in un flusso costante, in piena vista del mondo intero. Le attività delle forze armate e dei servizi di sicurezza ucraini sono dirette da consiglieri stranieri, lo sappiamo bene.

Negli ultimi anni, contingenti militari dei paesi della NATO sono stati presenti sul territorio ucraino quasi continuamente con il pretesto di esercitazioni. Il sistema di comando e controllo delle truppe ucraine è già integrato con le truppe della NATO. Ciò significa che il comando delle forze armate ucraine, anche delle singole unità e sottounità, può essere esercitato direttamente dal quartier generale della NATO.

Gli Stati Uniti e la NATO hanno iniziato a sviluppare spudoratamente il territorio dell’Ucraina come teatro di potenziali ostilità. Le esercitazioni congiunte regolari hanno un chiaro orientamento anti-russo. Solo l’anno scorso, più di 23.000 militari e più di mille pezzi di equipaggiamento vi hanno preso parte.

È già stata approvata una legge che permette alle forze armate di altri Stati di entrare in Ucraina nel corso dell’anno 2022 per partecipare a esercitazioni internazionali. È chiaro che stiamo parlando principalmente delle truppe della NATO. Almeno dieci di queste manovre congiunte sono previste per quest’anno.

È ovvio che tali eventi servono come copertura per il rapido rafforzamento del raggruppamento militare della NATO in Ucraina. Tanto più che la rete di campi d’aviazione potenziata con l’aiuto degli americani – Boryspil, Ivano-Frankivsk, Chuguev, Odessa e così via – è in grado di assicurare il trasferimento di unità militari nel più breve tempo possibile. Lo spazio aereo dell’Ucraina è aperto ai voli dell’aviazione strategica e di ricognizione statunitense e ai droni utilizzati per monitorare il territorio russo.

Devo aggiungere che il centro operativo marittimo di Ochakov, costruito in America, permette alle navi della NATO di operare, compreso l’uso di armi di precisione contro la flotta russa del Mar Nero e le nostre infrastrutture lungo tutta la costa del Mar Nero.

Una volta, gli Stati Uniti intendevano installare strutture simili in Crimea, ma i Crimeani e i residenti di Sebastopoli hanno ostacolato questi piani. Lo ricorderemo sempre.

Ripeto, oggi un tale centro è schierato, è già stato schierato a Ochakov. Vi ricordo che i soldati di Alexander Suvorov hanno combattuto per questa città nel XVIII secolo. Grazie al loro coraggio, divenne parte della Russia. Allo stesso tempo, nel XVIII secolo, le terre del Mar Nero, annesse alla Russia in seguito alle guerre con l’Impero Ottomano, furono chiamate Novorossiya. Ora queste pietre miliari della storia vengono dimenticate, così come i nomi degli statisti militari dell’Impero russo, senza i cui sforzi molte grandi città e persino l’accesso al Mar Nero non esisterebbero nella moderna Ucraina.

Un monumento ad Alexander Suvorov è stato recentemente demolito a Poltava. Cosa si può dire? Stai rinunciando al tuo passato? Dalla cosiddetta “eredità coloniale dell’impero russo”? Bene, allora sii coerente qui.

Il prossimo [punto]. Dovrei notare che l’articolo 17 della Costituzione dell’Ucraina non permette lo spiegamento di basi militari straniere sul suo territorio. Ma si scopre che questa è solo una convenzione che può essere facilmente aggirata.

I Paesi della NATO hanno dispiegato missioni di addestramento in Ucraina. Queste sono, di fatto, già basi militari straniere. Basta chiamare la base “missione” ed è fatta.

Kiev ha da tempo proclamato un percorso strategico verso l’adesione alla NATO. Sì, certo, ogni Paese ha il diritto di scegliere il proprio sistema di sicurezza e di stringere alleanze militari. E sembrerebbe così, se non fosse per un “ma”. I documenti internazionali sanciscono espressamente il principio della sicurezza uguale e indivisibile, che, come sappiamo, include l’obbligo di non rafforzare la propria sicurezza a spese della sicurezza di altri Stati. Posso fare riferimento alla Carta dell’OSCE per la sicurezza europea adottata a Istanbul nel 1999 e alla Dichiarazione di Astana dell’OSCE del 2010.

In altre parole, le scelte di sicurezza non dovrebbero minacciare altri Stati, e l’adesione dell’Ucraina alla NATO è una minaccia diretta alla sicurezza della Russia.

Ricordo che nell’aprile 2008, al vertice di Bucarest dell’Alleanza Nord Atlantica, gli Stati Uniti hanno fatto passare la decisione che l’Ucraina e, incidentalmente, la Georgia sarebbero diventati membri della NATO. Molti alleati europei degli Stati Uniti erano già ben consapevoli di tutti i rischi di una tale prospettiva, ma hanno dovuto sopportare la volontà del loro partner principale. Gli americani li hanno semplicemente usati per perseguire una politica decisamente anti-russa.

Alcuni Stati membri sono ancora molto scettici sull’adesione dell’Ucraina alla NATO. Allo stesso tempo da alcune capitali europee ci arriva il messaggio: “Di cosa vi preoccupate? Non accadrà letteralmente domani”. Infatti, i nostri partner americani dicono la stessa cosa. “OK”, diciamo, “non domani, ma dopodomani”. Cosa cambia nella prospettiva storica? In sostanza, niente.

Inoltre, siamo consapevoli della posizione e delle parole della leadership degli Stati Uniti secondo cui i combattimenti attivi nell’Ucraina orientale non escludono la possibilità che questo Paese entri nella NATO se può soddisfare i criteri dell’Alleanza Nord Atlantica e sconfiggere la corruzione.

Eppure cercano sempre di convincerci che la NATO è un’alleanza “pacifica e puramente difensiva”. Dicono che non ci sono minacce per la Russia. Ancora una volta ci suggeriscono di crederci sulla parola. Ma noi conosciamo il vero prezzo di tali parole. Nell’anno 1990 in cui si discuteva la questione dell’unificazione tedesca, gli Stati Uniti promisero alla leadership sovietica che non ci sarebbe stata alcuna estensione della giurisdizione o della presenza militare della NATO di un centimetro verso est. E che l’unificazione tedesca non avrebbe portato a un’estensione dell’organizzazione militare della NATO a est. Questa è una citazione.

Hanno parlato e dato assicurazioni verbali e tutto si è rivelato essere niente. Più tardi, ci è stato assicurato che l’adesione alla NATO dei Paesi dell’Europa centrale e orientale avrebbe solo migliorato le relazioni con Mosca, sollevato i Paesi dalle loro paure di una difficile eredità storica e persino creato una cintura di Stati amici della Russia.

Si è rivelato esattamente il contrario. Le autorità di alcuni Paesi dell’Europa dell’Est, che diffondono russofobia, hanno portato i loro complessi e stereotipi sulla minaccia russa nell’Alleanza e hanno insistito su un rafforzamento delle capacità di difesa collettiva da impiegare principalmente contro la Russia. E questo è successo negli anni ’90 e nei primi anni 2000, quando, grazie all’apertura e alla nostra buona volontà, le relazioni tra la Russia e l’Occidente erano a un livello elevato.

La Russia ha adempiuto a tutti i suoi obblighi, compreso il ritiro delle truppe dalla Germania e dagli Stati dell’Europa centrale e orientale, dando così un enorme contributo al superamento dell’eredità della guerra fredda. Abbiamo costantemente offerto diverse opzioni di cooperazione, anche nel Consiglio NATO-Russia e nel formato OSCE.

Inoltre, ora dirò qualcosa che non ho mai detto pubblicamente, lo dirò per la prima volta. Nell’anno 2000 in cui il presidente uscente degli Stati Uniti Bill Clinton visitò Mosca, gli chiesi: «Come si sentirebbe l’America ad accettare la Russia nella NATO?»

Non rivelerò tutti i dettagli di quella conversazione, ma la reazione alla mia domanda sembrava, diciamo, molto contenuta – e come gli americani hanno effettivamente reagito a questa possibilità si vede nei loro passi concreti verso il nostro Paese. Questo include il sostegno aperto ai terroristi nel Caucaso del Nord – un atteggiamento sprezzante verso le nostre richieste e preoccupazioni di sicurezza nell’area dell’allargamento della NATO –, il ritiro dal trattato ABM, e così via. Viene voglia di chiedere: perché, perché tutto questo, per cosa? D’accordo, non ci volete vedere come vostri amici e alleati, ma perché farci nemici?

C’è solo una risposta: non si tratta del nostro regime politico, non si tratta di altro, semplicemente non hanno bisogno di un Paese così grande e indipendente come la Russia. Questa è la risposta a tutte le domande. Questa è la fonte della tradizionale politica americana sulla Russia. Da qui l’atteggiamento verso tutte le nostre proposte di sicurezza.

Oggi, basta uno sguardo alla mappa per vedere come i Paesi occidentali hanno “mantenuto” la loro promessa di non permettere alla NATO di avanzare verso est. Semplicemente ingannato. Abbiamo avuto cinque ondate di espansione della NATO una dopo l’altra. Polonia, Repubblica Ceca, Ungheria, Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Romania, Slovacchia e Slovenia hanno aderito all’Alleanza dal 1999 al 2004, Albania e Croazia nel 2009, Montenegro nel 2017 e Macedonia del Nord nel 2020.

Di conseguenza, l’alleanza e la sua infrastruttura militare hanno raggiunto direttamente i confini della Russia. Questa è stata una delle cause principali della crisi dell’euro-sicurezza, e ha avuto un impatto molto negativo su tutto il sistema di relazioni internazionali, portando a una perdita di fiducia reciproca.

La situazione continua a deteriorarsi, anche nella sfera strategica. Per esempio, aree di posizionamento per i missili anti-missile sono in fase di dispiegamento in Romania e Polonia come parte del progetto di difesa missilistica globale degli Stati Uniti. È noto che i lanciatori di missili schierati qui possono essere utilizzati per i missili da crociera Tomahawk – sistemi di attacco offensivo.

Inoltre, gli Stati Uniti stanno sviluppando un missile universale Standard-6, che, oltre a risolvere i compiti di difesa aerea e missilistica, può anche colpire obiettivi di terra da superficie. In altre parole, il presunto sistema difensivo di difesa missilistica degli Stati Uniti si sta espandendo e stanno emergendo nuove capacità offensive.

Le informazioni che abbiamo ci danno tutte le ragioni per credere che l’adesione dell’Ucraina alla NATO e il successivo dispiegamento di strutture NATO qui sia una conclusione scontata; è una questione di tempo. Comprendiamo chiaramente che in un tale scenario, il livello delle minacce militari alla Russia aumenterà drammaticamente, molte volte. E richiamo l’attenzione sul fatto che il pericolo di un attacco a sorpresa al nostro Paese aumenterà molte volte.

Lasciatemi spiegare che i documenti di pianificazione strategica americana (i documenti!) sanciscono la possibilità di un cosiddetto attacco preventivo contro i sistemi missilistici nemici. E sappiamo anche chi è il principale avversario degli Stati Uniti e della NATO. È la Russia. Nei documenti della NATO il nostro Paese è ufficialmente dichiarato direttamente come la principale minaccia alla sicurezza euro-atlantica. E l’Ucraina servirà da trampolino per un tale colpo. Se i nostri antenati ne avessero sentito parlare, probabilmente non ci avrebbero creduto. E oggi non vogliamo crederci, ma è vero. Voglio che questo sia compreso sia in Russia che in Ucraina.

Molti campi d’aviazione ucraini sono vicini ai nostri confini. Gli aerei tattici della NATO schierati qui, compresi i vettori di armi a guida di precisione, saranno in grado di colpire il nostro territorio fino a Volgograd – Kazan – Samara – Astrakhan. Il dispiegamento di mezzi di ricognizione radar in Ucraina permetterà alla NATO di controllare strettamente lo spazio aereo russo fino agli Urali.

Infine, dopo che gli Stati Uniti hanno rotto il trattato sui missili a raggio intermedio e corto, il Pentagono sta già sviluppando apertamente un’intera gamma di armi d’attacco a terra, compresi i missili balistici in grado di raggiungere obiettivi fino a 5.500 chilometri di distanza. Se tali sistemi fossero schierati in Ucraina, sarebbero in grado di colpire obiettivi in tutto il territorio europeo della Russia, così come oltre gli Urali. Ci vorrebbero meno di 35 minuti per i missili da crociera Tomahawk per raggiungere Mosca, 7-8 minuti per i missili balistici dalla zona di Kharkov e 4-5 minuti per gli attacchi ipersonici. Questo è chiamato, direttamente, un coltello alla gola. E loro, non ho dubbi, si aspettano di attuare questi piani proprio come hanno fatto ripetutamente negli anni precedenti, espandendo la NATO verso est, spingendo infrastrutture ed equipaggiamenti militari verso i confini della Russia, ignorando completamente le nostre preoccupazioni, proteste e avvertimenti. Scusate, sputate su di loro e fate quello che volete, quello che vi pare.

E, naturalmente, ci si aspetta anche che continuino a comportarsi secondo il noto proverbio [russo]: “Il cane abbaia ma la carovana va avanti”. Permettetemi di dire subito che non lo abbiamo accettato e non lo faremo mai. Allo stesso tempo, la Russia è sempre stata a favore della soluzione dei problemi più complessi con mezzi politici e diplomatici, al tavolo dei negoziati.

Siamo ben consapevoli della nostra enorme responsabilità per la stabilità regionale e globale. Già nel corso dell’anno 2008, la Russia ha presentato un’iniziativa per concludere un trattato sulla sicurezza europea. La sua essenza era che nessuno Stato o organizzazione internazionale nella regione euro-atlantica avrebbe dovuto rafforzare la propria sicurezza a spese della sicurezza degli altri. Tuttavia, la nostra proposta è stata respinta fin dall’inizio: non si deve permettere alla Russia di limitare le attività della NATO.

Inoltre, ci è stato detto esplicitamente che solo i membri dell’Alleanza Nord Atlantica possono avere garanzie di sicurezza legalmente vincolanti.

Lo scorso dicembre, abbiamo trasmesso ai nostri partner occidentali un progetto di trattato tra la Federazione Russa e gli Stati Uniti d’America sulle garanzie di sicurezza, così come un progetto di accordo sulle misure di sicurezza tra la Federazione Russa e gli Stati membri della NATO.

La risposta degli Stati Uniti e della NATO è stata un sacco di parole generiche. Ci sono stati alcuni argomenti razionali, ma erano tutti su questioni secondarie e sembravano un tentativo di deviare la discussione.

Abbiamo risposto di conseguenza, sottolineando che eravamo pronti a negoziare, ma a condizione che tutte le questioni fossero considerate come un pacchetto, senza separarle dalle proposte russe di base, fondamentali. E questi contengono tre punti chiave. Il primo è la prevenzione di un ulteriore allargamento della NATO. Il secondo è il rifiuto di permettere all’Alleanza di schierare sistemi di armi d’urto ai confini della Russia. E infine, un ritorno delle capacità militari e delle infrastrutture del blocco in Europa allo stato del 1997, quando fu firmato l’Atto fondatore della NATO-Russia.

Sono proprio queste le nostre proposte di principio che sono state ignorate. I nostri partner occidentali, lo ripeto, hanno ancora una volta espresso la formulazione di routine che ogni Stato ha il diritto di scegliere liberamente come garantire la propria sicurezza e di aderire a qualsiasi alleanza militare e alleanze. In altre parole, nulla è cambiato nella loro posizione, si sentono gli stessi riferimenti alla famigerata politica delle “porte aperte” della NATO. Inoltre, stanno cercando di ricattarci di nuovo, minacciandoci di nuovo con sanzioni, che, per inciso, continueranno a imporre man mano che la sovranità della Russia e la potenza delle nostre Forze Armate crescono. E il pretesto per un altro attacco di sanzioni sarà sempre trovato o semplicemente fabbricato, indipendentemente dalla situazione in Ucraina. L’obiettivo è lo stesso: soffocare lo sviluppo della Russia. E lo faranno, come hanno fatto prima, anche senza alcun pretesto formale, solo perché siamo noi e non comprometteremo mai la nostra sovranità, i nostri interessi nazionali e i nostri valori.

Voglio essere chiaro, per dire senza mezzi termini, nella situazione attuale, quando le nostre proposte per un dialogo paritario su questioni di principio sono rimaste di fatto senza risposta da parte degli Stati Uniti e della NATO, quando il livello delle minacce al nostro Paese stanno aumentando significativamente, la Russia ha tutto il diritto di prendere contromisure per garantire la propria sicurezzaQuesto è esattamente quello che faremo.

Per quanto riguarda la situazione nel Donbass, possiamo vedere che la leadership al potere a Kiev dichiara costantemente e pubblicamente la sua indisponibilità ad attuare il pacchetto di misure di Minsk per risolvere il conflitto, e non è interessata a una soluzione pacifica. Al contrario, stanno cercando di organizzare di nuovo una guerra lampo nel Donbass, come hanno fatto nel 2014 e nel 2015. Ci ricordiamo come sono finite queste imprese allora.

Ora non passa quasi un giorno senza che vengano bombardate aree popolate nel Donbass. Un grande gruppo di truppe utilizza costantemente droni d’attacco, attrezzature pesanti, razzi, artiglieria e sistemi di razzi a lancio multiplo. L’uccisione di civili, il blocco, l’abuso di persone, compresi i bambini, le donne e gli anziani, continua senza sosta. Come diciamo qui, non c’è una fine in vista.

E il cosiddetto mondo civile, di cui i nostri colleghi occidentali si sono autoproclamati unici rappresentanti, preferisce non accorgersene, come se tutto questo orrore, il genocidio a cui sono sottoposti quasi 4 milioni di persone, non esistesse – e solo perché queste persone non erano d’accordo con il colpo di Stato sostenuto dall’Occidente in Ucraina nell’anno 2014; si sono opposte al movimento statale elevato verso il nazionalismo cavernicolo e aggressivo e il neonazismo. E stanno lottando per i loro diritti elementari – vivere nella loro terra, parlare la loro lingua, preservare la loro cultura e le loro tradizioni.

Quanto può durare questa tragedia? Per quanto tempo ancora si può tollerare tutto questo? La Russia ha fatto di tutto per preservare l’integrità territoriale dell’Ucraina, ha lottato con tenacia e pazienza in tutti questi anni per attuare la risoluzione 2202 del Consiglio di sicurezza dell’ONU del 17 febbraio 2015, che ha sancito il pacchetto di misure di Minsk del 12 febbraio 2015 per risolvere la situazione nel Donbass.

Tutto invano. I presidenti e i deputati della Rada cambiano, ma l’essenza, la natura aggressiva e nazionalista del regime che ha preso il potere a Kiev, no. È interamente un prodotto del colpo di stato 2014, e coloro che hanno intrapreso la strada della violenza, dello spargimento di sangue e dell’illegalità non hanno riconosciuto e non riconosceranno nessun’altra soluzione alla questione del Donbass se non quella militare.

In questo contesto, considero necessario prendere la decisione a lungo attesa di riconoscere immediatamente l’indipendenza e la sovranità della Repubblica Popolare di Donetsk e della Repubblica Popolare di Luhansk.

Chiedo all’Assemblea Federale della Federazione Russa di sostenere questa decisione e poi ratificare i trattati di amicizia e mutua assistenza con le due Repubbliche. Questi due documenti saranno preparati e firmati al più presto.

Chiediamo che coloro che hanno preso e detengono il potere a Kiev cessino immediatamente le ostilità. Altrimenti, tutta la responsabilità della possibile continuazione dello spargimento di sangue sarà interamente sulla coscienza del regime che governa il territorio dell’Ucraina.

Nell’annunciare le decisioni prese oggi, ho fiducia nel sostegno dei cittadini della Russia, di tutte le forze patriottiche del Paese.

Grazie per l’attenzione.

 

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