Dall’attacco alla controffensiva: l’Iran cambia le regole del gioco
Il Medio Oriente vive ore drammatiche dopo l’operazione aerea israeliana Rising Lion, che ha colpito diverse installazioni militari e nucleari in Iran. Oltre 200 jet israeliani hanno attaccato siti strategici a Natanz, Fordo, Isfahan e altre città, causando almeno 80 morti e centinaia di feriti, tra cui alti ufficiali delle Guardie Rivoluzionarie e scienziati nucleari. Teheran ha reagito con una pioggia di droni e missili, molti dei quali hanno colpito la capitale Tel Aviv. Sfatando così due miti: in primis quello sull’invincibilità di Israele e poi quello riguardante la presunta inviolabilità del sistema antimissile Iron Dome.
L’Iran ha dimostrato che i suoi missili ipersonici sono in grado di bucare la cosiddetta Cupola di Ferro israeliana. Il ministro degli Esteri iraniano, Abbas Araghchi, ha definito l’attacco una "dichiarazione di guerra" e ha accusato direttamente gli Stati Uniti di complicità, sostenendo di possedere prove concrete dell’appoggio logistico statunitense alle forze israeliane. Ha inoltre criticato i “messaggi privati” inviati da Washington per negare il coinvolgimento, ritenendoli insufficienti. Il presidente Trump, dal canto suo, ha elogiato l’operazione, dichiarandosi “informato in anticipo” e rinnovando le sue pressioni su Teheran affinché abbandoni il proprio programma nucleare. Una posizione che rischia di far naufragare i già fragili negoziati in Oman, ora sospesi.
Giustamente l’Iran nno ha nessuna voglia di sedersi al tavolo delle trattative dopo essere stato attaccato. Dal resto del mondo si levano voci di condanna: Russia e Cina parlano apertamente di violazione del diritto internazionale, mentre Putin avverte del pericolo di una “catastrofe nucleare”.
Anche molti Paesi del Sud globale, dal mondo arabo all’America Latina, si schierano contro l’aggressione imperialista israeliana.
Tratto dalla newsletter quotidiana de l'AntiDiplomatico dedicata ai nostri abbonati