Attentato a Mosca, il rito della guerra e la scena (speculare) del film "Tenet"

Attentato a Mosca, il rito della guerra e la scena (speculare) del film "Tenet"

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di Giuseppe Masala per l'AntiDiplomatico

Ogni guerra ha le sue ragioni, sempre recondite, sotterranee, nascoste ed inevitabilmente legate alla volontà di potenza delle élites dei paesi coinvolti. Ma una guerra ha anche un suo rito che si esprime in parallelo con il grado di civilizzazione dei popoli coinvolti nel conflitto.

Il rito è necessario perché la guerra presuppone il sacrificio di molti uomini e la civiltà impone la non riduzione dell'uomo a Homo Sacer, ovvero a uomo che può essere sacrificato al di fuori del rito. La figura dell'Homo Sacer era già presente peraltro alle origini del diritto romano; chiarisco questo per sottolineare come l'uomo da millenni consideri un discrimine tra civiltà e barbarie la presenza o meno di un rito attraverso il quale un uomo possa essere sacrificato, qualunque sia la causa compresa la chiamata alla guerra. Bene, il rito della guerra (o di premessa alla guerra) garantisce che l'uomo sia sacrificato nel conflitto per il bene, per una giusta causa, per un bellum iustum. Quello che è un vero e proprio rito di discernimento fa in modo che l'uomo non venga sacrificato vanamente, ingiustamente, e dunque a causa di un Bellum Nefandum.

Elemento fondamentale del rito, anzi, sarebbe più corretto dire, la soluzione del mistero del rito è il senso che in esso viene dato al bellum e che, a sua volta, si sostanzia nel casus belli, ovverosia la ragione da esporre al pubblico, alla civitas che consente di chiedere ai cittadini il sacrificio supremo.

In passato il motivo che poteva dare origine ad un casus belli, è stato certamente, l'onore della patria messo in discussione. Pensiamo per esempio all'antefatto che fu la premessa alla guerra franco-prussiana del 1970, dove i cittadini francesi inurbati nelle grandi città (e dunque pienamente civilizzati) chiedevano la guerra per lavare l'onta subita a causa della vicenda narrata nel cosiddetto dispaccio di Ems, nel quale si rendeva conto che il Kaiser Guglielmo I, in un incontro ad Ems, usò toni sprezzanti e offensivi nei confronti dell'ambasciatore francese. Peccato che il dispaccio, appositamente fatto filtrare alla stampa, era stato artatamente modificato e distorto da Bismark proprio al fine di provocare i francesi ed ottenere la guerra.  Spesso nel rito della soluzione del conflitto, il casus belli è dunque artefatto, artificialmente costituito proprio per nascondere totalmente al popolo le reali ragioni per le quali gli viene chiesto il sacrificio supremo in una guerra. La guerra deve – grazie all'opera di discernimento, grazie al rito - apparire bellum justum più che esserlo realmente.

La prima guerra mondiale fu caratterizzata dal casus belli dato dell'assassinio avvenuto a Sarajevo, del principe ereditario dell'Impero d'Austria Francesco Ferdinando e di sua moglie avvenuta per mano di un nazionalista serbo, Gavrilo Princip. Dunque un attentato terroristico che colpisce un potente, un nobile. Per l'epoca chiaramente un Casus Belli clamoroso, ma che, probabilmente, oggi non sarebbe sufficiente a giustificare la mattanza di decine di milioni di uomini. Lo strumento invece dell'attentato terroristico, per sua natura intimamente vile, e tale da generare sempre riprovazione nell'opinione pubblica appare oggi idoneo ad incendiare le masse fino al punto di chiedere una guerra.

Infatti, ormai da decenni l'attentato terroristico è il veicolo principe per costituire, appunto, un casus belli in un rito di discernimento costitutivo di una guerra che “civilmente”, appunto, sia un bellum iustum e non un barbarico bellum nefandum.

Chiaramente le vittime dell'attentato terroristico devono essere calibrate a quello che è lo spirito dei tempi. Infatti spesso ci si trova di fronte ad un atto terroristico che sporca con il sangue e disturba quella pace borghese fatta di shopping, svago ed intrattenimento che tutti conosciamo. Nessuno può disturbare l'ipnosi consumistica borghese su cui si fonda la nostra società. Un simile disturbo è chiaramente un casus belli. E' stato così l'11 Settembre del 2001, è stato così con gli attentati del 7 Ottobre 2023 in Israele che hanno portato Tel Aviv alla guerra contro Gaza e Hamas.

A pensarci bene, anche il lungo regno di Putin si è caratterizzato per essere costellato da una lunga sequela di attentati terroristici, spesso di matrice islamica.  Pensiamo all'attentato al teatro Dubrovka di Mosca che causò centinaia di vittime o a quello di Beslan che costò la vita a centinaia di bambini. Clamorosi attentati questi. perpetrati da terroristi ceceni, che furono, di fatto, il casus belli che diede il crisma del bellum iustum alla seconda guerra cecena.  Ma anche nella guerra di indipendenza del Donbass, iniziata nel 2014, i russi hanno sempre rivendicato il bellum iustum causato dalla necessità di proteggere i civili del Donbass colpiti dai bombardamenti indiscriminati delle truppe di Kiev, accusate per altro di essere filo naziste.

 

Fotogramma dell'attentato al Crocus City Hall di Mosca preso da uno dei tanti filmati presenti in rete.

 

Ma nell'epoca contemporanea caratterizzata dal flusso continuo delle immagini e delle narrazioni, dove metaversi e reale si confondono grazie agli strumenti  cibernetici, anche il rito del discernimento tra bellum iustum e bellum nefandum subisce una evoluzione nella quale i mille possibili casus belli sono già esplorati nel flusso narrativo delle immagini che colonizzano le nostre menti. Il sanguinoso attentato al Crocus City Hall di Mosca di ieri è stato infatti anticipato dalla narrazione speculare del film Tenet (2020), capolavoro crepuscolare scritto e diretto da Christopher Noland dove si narra di un agente CIA che vuole salvare il mondo dalla Terza Guerra Mondiale, dopo un attentato terroristico perpetrato dai russi in un teatro di Kiev. Il lato particolarmente interessante è che le immagini e le dinamiche dell'attentato di ieri al Crocus City Hall di Mosca sono perfettamente sovrapponibili a quelle dell'attentato narrato nel film. L'unica cosa che cambia è il completo rovesciamento della narrazione: nel film i “buoni” sono gli ucraini e gli americani mentre i “cattivi” sono i russi. Esattamente l'opposto della narrazione fatta dai russi ieri in relazione a quanto avvenuto nel teatro moscovita.

Fotogramma della scena dell'attentato preso dal film Tenet (2020) di  Christopher Noland

 

Nel flusso continuo delle immagini e delle narrazioni la realtà e la virtualità si confondono quasi inestricabilmente rendendo – se possibile – ancora più complesso il rito di discernimento di quel bellum iustum possibile solo grazie all'inoppugnabilità del casus belli rilevato nel rito. Nella contemporaneità ciò che appare quasi mai è veramente e integralmente reale. Nello scontro tra opposte narrazioni che hanno l'ardire di spiegare il flusso delle immagini si sostanzia il rito contemporaneo che presiede alla guerra, dove si è alla costante ricerca di un casus belli appropriato a ciò che le ragioni della politica intendono fare e sulle cui motivazioni reali è meglio tacere.

Giuseppe Masala

Giuseppe Masala

Giuseppe  Masala, nasce in Sardegna nel 25 Avanti Google, si laurea in economia e  si specializza in "finanza etica". Coltiva due passioni, il linguaggio  Python e la  Letteratura.  Ha pubblicato il romanzo (che nelle sue ambizioni dovrebbe  essere il primo di una trilogia), "Una semplice formalità" vincitore  della terza edizione del premio letterario "Città di Dolianova" e  pubblicato anche in Francia con il titolo "Une simple formalité" e un  racconto "Therachia, breve storia di una parola infame" pubblicato in  una raccolta da Historica Edizioni. Si dichiara cybermarxista ma come  Leonardo Sciascia crede che "Non c’è fuga, da Dio; non è possibile.  L’esodo da Dio è una marcia verso Dio”.

 

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