Ancora oggi esiste il privilegio di classe

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Ancora oggi esiste il privilegio di classe

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di Michele Blanco

Il forte e disastroso impatto dei continui tagli all'istruzione e dei numeri chiusi imposti a numerose facoltà universitarie hanno determinato grande disagio sociale e il ritorno ad un tempo di disuguaglianze che si considerava superato. Negli ultimi anni, i tagli al bilancio dell'istruzione in Italia hanno sollevato preoccupazioni crescenti, specialmente per le gravi conseguenze che questi hanno sulle persone di umili origini che solitamente vivono nelle aree più svantaggiate e vulnerabili del nostro Paese, periferie e territori svantaggiati, come le aree interne del Molise, dove i problemi sono aggravati dalla viabilità precaria, e di tantissime regioni italiane non solo meridionali.

Quindi non solo le periferie delle grandi città ma anche i territori più isolati e depressi economicamente, sono le aree più colpite da queste politiche di assurda e inutile, oltre che ingiusta, austerità. Tutto questo significa per i giovani appartenenti alle classi sociali meno forti economicamente, che vivono in queste zone, vedere il proprio futuro fortemente compromesso da un sistema che, sempre più, sembra ignorarli o addirittura che li vuole fuori dalla possibilità di emergere e realizzarsi attraverso lo studio e la formazione. John Dewey, filosofo e pedagogista statunitense, afferma: “L'istruzione non è preparazione alla vita; l'istruzione è la vita stessa”.

Tuttavia, non ci saranno opportunità per una persona a cui viene negata la possibilità di studiare, per esempio il corso di laurea in Medicina, anche in una nazione dove mancano decine di migliaia di medici, proprio a causa del numero chiuso nelle università pubbliche. Il falso concetto di accesso agli studi, legato alla meritocrazia, non esiste in Italia: esistono invece, anche se si fa finta di non saperlo, alunni e studenti di "serie A" e alunni e studenti di "serie B", tutto già stabilito in base al reddito dei
genitori e alle conoscenze familiari. Gli alunni di "serie A" sono i figli dell'élite che da sempre frequentano le scuole superiori più prestigiose e possono permettersi ripetizioni private per superare i test d'ammissione nelle università pubbliche. Al contrario, gli alunni di "serie B" sono spesso studenti delle periferie, delle regioni meno forti economicamente, che frequentano principalmente istituti professionali e tecnici, indirizzati verso una formazione finalizzata solo all'inserimento lavorativo.

Questi studenti, ovviamente, non possono permettersi ripetizioni private per i test d'ammissione a corsi universitari a numero chiuso. Se non si affronta questa vera e propria frattura economica e sociale, il sistema meritocratico rimarrà, come è già chiaramente oggi, una grottesca e scandalosa farsa. Il liberalismo, che ha ispirato indistintamente tutti i governi italiani degli ultimi 40-50 anni, con i suoi continui tagli all'istruzione e l'introduzione di numeri chiusi nelle università pubbliche, ha creato una falsa e odiosa meritocrazia, in cui nella realtà il merito non è il risultato del talento, dello studio o del serio impegno, ma piuttosto delle opportunità socioeconomiche di chi è più ricco e avvantaggiato già in partenza.

Così il liberalismo, che dovrebbe promuovere, in teoria, la libertà e l'uguaglianza delle opportunità, riesce a perpetuare e ampliare di molto, le disuguaglianze economiche e sociali. In un sistema come quello italiano, che chiude ermeticamente le porte dell'istruzione superiore a chi non ha mezzi economici e culturali di partenza o adeguato sostegno - i giovani delle periferie urbane o provenienti da aree svantaggiate, delle classi sociali meno abbienti - questi giovani rimangono privati della possibilità, riconosciuta dalla Costituzione, di migliorare la propria condizione economica e sociale attraverso lo studio che deve essere a tutti garantito. G.A. Cohen, filosofo e politico liberale canadese, di certo non un rivoluzionario comunista, ha sviluppato il concetto di “giustizia come eguaglianza di opportunità” per affrontare le disuguaglianze nelle società liberali.

Cohen sostiene che una società giusta non deve limitarsi a garantire diritti formali, ma deve anche eliminare le disuguaglianze sostanziali che impediscono a tutti di avere le stesse opportunità di successo.

L'eguaglianza di opportunità, per Cohen, richiede non solo l'accesso ai beni e servizi fondamentali come l'istruzione, ma anche il superamento delle disparità economiche, sociali e culturali che influenzano le capacità individuali di sfruttare queste opportunità. In altre parole, un sistema meritocratico non può essere considerato ovviamente giusto se non offre a tutti i suoi membri le stesse possibilità di competere su un piano di effettiva, vera e seria parità di possibilità. Invece, a partire dagli anni '80 del secolo scorso e poi sempre di più, tutte le società liberali si sono orientate verso un modello che favorisce sempre l'ascesa delle persone con maggiori risorse e possibilità, perpetuando un accesso selettivo alle opportunità e, di conseguenza, concentrando il successo solo nelle mani di chi parte da una posizione di vantaggio, sia economico, sia culturale, sia per conoscenze famigliari.

Un esempio concreto è il politico Carlo Calenda, che ha sempre vissuto in un quartiere dove vivono le persone più ricche della capitale; appena laureato in Giurisprudenza viene assunto con posizione manageriale nella notissima azienda di auto di lusso Ferrari, solo perché il presidente di tale azienda era amico del padre. Successivamente fu candidato e fatto eleggere dal PD come deputato europeo, ma nessuno conosce bene i meriti effettivi, sia manageriali che politici, di questa persona, che spesso viene invitata nei talk show televisivi, ma nessuno ricorda grandi affermazioni fatte dal Calenda. Ovviamente l'elenco di tali personaggi è lunghissimo, sono migliaia le persone che occupano posizioni di rilievo e nessuno capisce il perché.

Ovviamente con queste premesse, chi proviene da famiglie benestanti, se non riesce a entrare nelle università pubbliche, può semplicemente aggirare l'ostacolo pagando per frequentare istituti e università private, garantendosi comunque un accesso privilegiato all'istruzione e alle migliori opportunità di carriera. Al contrario, chi non proviene da famiglie benestanti spesso si trova a fronteggiare ostacoli insormontabili. Senza risorse per accedere a istituti privati o per superare le barriere imposte dalle università pubbliche, queste persone anche se molto dotate, studiose e preparate rischiano seriamente di restare escluse dalle opportunità formative e professionali, che meriterebbero, vedendo le proprie possibilità di successo ridotte, se non totalmente eluse, a causa delle limitazioni economiche e delle disuguaglianze strutturali che continuano inesorabilmente, in tutto il mondo, ad aumentare sempre più.

Questa ingiusta e vergognosa disparità non solo mina il principio di eguaglianza di opportunità che il liberalismo stesso proclama come suo fondamentale assioma, ma contribuisce anche a perpetuare costantemente per le generazioni future disuguaglianza sociale ed economica. La meritocrazia, così come è concepita oggi, diventa una inutile e bruttissima farsa quando il reale merito delle persone è totalmente ostacolato, occultato, non riconosciuto dalle condizioni di partenza.

Per costruire una società veramente democratica, equa, partecipativa, e anche veramente meritocratica, è imperativo rivedere le politiche educative e tornare a investire in misure che garantiscano un accesso universale e paritario all'istruzione per tutti. Solo attraverso un impegno reale, sostanziale, fattivo e quindi concreto per ridurre le barriere economiche e sociali, possiamo sperare di creare un sistema in cui le opportunità siano veramente alla portata di tutti, indipendentemente dalle loro origini. Senza quindi un cambiamento veramente radicale, il divario economico e sociale continuerà inesorabilmente ad amplificarsi, ancora di più, compromettendo il potenziale e le capacità di molte persone e minando definitivamente il futuro della nostra società e la sua stessa tenuta democratica.  

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