25 febbraio manifestazione contro la guerra a Genova. "Italia corresponsabile del rischio nucleare"

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25 febbraio manifestazione contro la guerra a Genova. "Italia corresponsabile del rischio nucleare"



di Marco Pondrelli per Marx 21

Il 25 febbraio a Genova si terrà una manifestazione nazionale contro la guerra e contro la partecipazione italiana in sfregio all’articolo 11 della Costituzione. Nell’appello che ha indetto l’assemblea organizzativa del 28 gennaio si legge: ‘Oggi siamo a un anno dall’inizio della guerra tra Russia e NATO per procura in Ucraina, guerra che non accenna a trovare una soluzione. Uno scontro iniziato nel 2014 da parte dell’Ucraina verso le zone del Donbass, che ha provocato decine di migliaia di vittime di cui nessuno parla, sfociando in un conflitto allargato nel febbraio del 2022 e che oggi rischia di arrivare ad un escalation nucleare. Il conflitto avviene nel cuore dell’Europa, un conflitto in cui l’Italia è attivamente coinvolta con invio di armi e non solo. Una guerra che ha delle cause che vanno al di là delle cose che vengono propagandate. Una guerra che ci racconta come il capitalismo a guida dell’Occidente e degli USA in particolare sia in profonda crisi che si trasforma in aggressioni militari sempre più aperte. In cui non si esita di fronte a nulla, sacrificando i popoli coinvolti nascondendo però i veri obiettivi, inventando scontri di civiltà laddove esiste innanzitutto uno scontro per l’egemonia economica, per la supremazia mondiale sullo sfruttamento dell’intero pianeta‘.

Abbiamo posto alcune domande a Josè Nivoi portavoce del Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali (CALP) e del coordinamento porti USB.

Come e quando nascono le vostre lotte e perché la manifestazione del 25 febbraio?

Innanzitutto va detto che il 25 febbraio non è la fine delle nostre mobilitazioni ma la tappa di un lungo percorso. Le nostre mobilitazioni sono iniziate nel 2019 con il primo blocco contro i carichi di armi diretti in Yemen e nel nord della Siria, con queste lotte abbiamo lanciato un allarme, sempre sull’aumento delle merci militare nei porti, la crescente tensione faceva pensare ad un conflitto imminente. Inoltre abbiamo, assieme a portuali di Livorno e Napoli, tentato di bloccare container che trasportavano missilistica diretta verso Israele.

A un anno dal conflitto l’Italia ha appena ceduto il sistema SAMP-T all’Ucraina, siamo corresponsabili dell’aumento delle tensioni e del rischio di un’ escalation nucleare, noi non ci vogliamo stare, vogliamo costruire un grande movimento contro guerra. Ci rivolgiamo a tutti coloro che sono contrari alla guerra, il 60% dei contrari non è rappresentato dal Parlamento, occorre costruire un blocco sociale antimilitarista. Sempre il 25 ci saranno manifestazioni anche in Sardegna a Cagliari, a Niscemi e a Londra.


Come marx21 dall’inizio di questo conflitto, nel 2014, abbiamo sempre sostenuto la necessità di unire la lotta contro l’imperialismo statunitense alla lotta di classe, condividete questa prospettiva?

La posizione italiana sulla guerra in Ucraina dimostra la continuità dei governi da Draghi e Meloni, essi sono uniti contro i lavoratori e il popolo. Conduciamo una battaglia perché venga rispettato l’articolo 11 e anche per il riconoscimento del lavoro dei portuali fra i lavori usuranti. La risposta che ogni governo da è che mancano i soldi, che però vengono trovati per le armi da inviare in Ucraina o per aumentare la spese militari al 2% del PIL. Poniamo anche altre questioni, il porto di Genova è una zona grigia non sappiamo cosa accade, i colossi che muovono merci e capitali rispettano la Costituzione, la legge e le norme sicurezza? Un esempio preoccupante è quello che successe a Beirut. Abbiamo richiesto alle autorità portuali che venga predisposto un piano per l’evacuazione che al momento non c’è, la risposta della prefettura e che se il carico non passa la dogana la responsabilità non è dello Stato italiano, ma le regole della navigazione dicono altro, anche in questo il governo italiano è succube delle politiche atlantiste.


Negli ultimi decenni in Italia abbiamo assistito a una forte riduzione degli spazi democratici, le privatizzazioni e la politica di guerra come ostacolano la vostra lotta?

Noi ci siamo resi conto che la nostra forza cresceva quando il 25 febbraio 2021 c’è stata una maxi operazione di polizia contro di noi, con l’accusa verso i compagni del CALP di associazione a delinquere. Noi abbiamo toccato un nervo scoperto, l’interesse bellico che c’è nei porti. Le aziende di trasporto approfittano del doppio binario, bypassano le norme doganali, trasportano materiale militare denunciandolo per uso civile pagando quindi spese di spedizioni più basse. La guerra inizia nei porti senza i quali non si può fare. La magistratura pensava di bloccare le nostre lotte ma ci ha dato più forza.

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