Wagner e migranti. Cosa ha detto (realmente) il fondatore Prigozin al governo italiano
Prigozin, il fondatore del gruppo Wagner, non è di certo un diplomatico, ma quando si ricorre al linguaggio crudo e popolare per far capire le cose, allora chissà perché si viene ascoltati con particolare interesse. Prigozin ha centrato il bersaglio, dando una valutazione precisa e senza sconti della persona che si è resa responsabile delle ampiamente note pesanti accuse - senza prove e senza senso. La persona in questione è il ministro Crosetto, sostenuto anche da Antonio Tajani, secondo i quali “dietro l’arrivo in Italia dei migranti dall’Africa ci sono i mercenari del gruppo Wagner”.
Ma non solo, e vergogna doppia, anche Luciano Violante denuncia senza alcun fondamento questa tesi di Crosetto, lasciando intendere che questa è la “nuova strategia bellica del Cremlino”: “I migranti partono dalle zone controllate dalla Wagner quindi è difficile che loro non sappiano o non consentano questi sbarchi”, quando la conduttrice chiede se c’è un filo che parte da Mosca, arriva in Africa e risale sul Mediterraneo, Violante risponde: “Può farsi che questo filo parta direttamente da Mosca, perché non c’è bisogno di tante invenzioni, se vuoi danneggiare l’Italia e hai uno strumento in mano, lo usi ... basta lasciarli partire”.
Evidentemente in Italia hanno passato ogni linea rossa possibile, basti ricordare l'epiteto “maiale” affibbiato a Vladimir Putin, uscito dalla mente insana di un certo “ministro degli esteri” … Perciò è inutile che i giornalai venduti si lamentino della risposta dei russi e si sforzino di difendersi, agitando lo spauracchio: “il gruppo Wagner è contro il governo italiano”.
La parola, usata da Prigozin, oggetto di tanto scandalo e riprovazione su tutti i giornali italiani è “mudàk”, un termine intraducibile, che possiede un’etimologia complessa. In antico slavo significava “scroto con i testicoli”, in seguito anche lo stesso organo riproduttivo maschile, rappresentava la grande “misura” delle doti naturali come sinonimo di “forza di un uomo”. In alcune zone della Russia “mudak” significava “il maschio della pecora”. Col tempo però la parola “mudak” ha acquisito una connotazione completamente negativa e ha cominciato a significare una persona inidonea, cioè col cervello “difettoso”, un’“insufficienza mentale”, nonostante le misure straordinarie del suo apparato genitale. A tal proposito viene in mente il proverbio popolare russo “se c’è la forza, non c’è bisogno del cervello”, qui inteso come intelligenza. Vi era anche la variante “mudjò”, cioè una persona molto negativa. Oggi è una parolaccia, fortemente offensiva verso l’uomo a cui è rivolta. Non si usa per definire una donna.
I vocabolari russi la definiscono una parola “scurrile”, “offensiva”, che non rientra nella grammatica normativa. Per rendere appieno il suo significato in italiano, va spiegata con alcune parole: “vile, basso, bastardo, ottuso, stupido, una nullità, un uomo con il cervello bacato che causa problemi agli altri”.
Non è un caso forse che sui social russi gli utenti scrivano che è la parola che ben si adatta ai politici occidentali.
Bisogna aggiungere che Prigozin alla parola “mudak” ha aggiunto anche “pizdobol”, cioè un contaballe, uno che inganna, raccontando menzogne.
Vi traduco la sua accalorata risposta al ministro italiano: “Prima ci definivano "PMC" Wagner, poi siamo stati definiti “Gruppo” e poi siamo diventati “Divisione Wagner”. Bene, allora questa “Divisione Wagner” sta pronunciando la parola Italia adesso in questa risposta, per la prima volta dopo tanti, tanti anni. Noi non sappiamo cosa succede nella crisi migratoria, non ce ne occupiamo, ne abbiamo già abbastanza di nostre cose a cui pensare, perciò si può affermare con sicurezza solo una cosa: che Guido Crosetto è un “mudak e pizdobol” completo, che guardi meno agli altri e guardi invece se stesso e i suoi problemi, che a quanto pare ha perso l’occasione di risolvere”
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PER APPROFONDIRE:
"Il conflitto russo ucraino: l'imperialismo Usa alla conquista dell'Europa"
di Giulio Palermo
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