Uranio impoverito e sovranità: morire per la NATO? Intervista al Ten. Col. Fabio Filomeni

Uranio impoverito e sovranità: morire per la NATO? Intervista al Ten. Col. Fabio Filomeni

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di Alessandro Bianchi


Nell'ultima incredibile mistificazione della stampa italiana filo Nato, vi stanno cercando di convincere che l'impatto dell'uranio impoverito sulle popolazioni non è poi così certo. Il tutto per persuadervi che quello che si appresta a fare il Regno Unito non è un crimine di guerra che alimenta un'ulteriore escalation per l'Europa, ma un altro passo verso la pace.

Chi da settimane si sta battendo contro questo ulteriore imbarberimento è il tenente colonnello in congedo Fabio Filomeni - incursore del 9° Reggimento d’assalto paracadutisti “Col Moschin” con missioni in Somalia, Bosnia, Kosovo, Albania, Iraq - che con un appello molto partecipato si è rivolto direttamente al nostro ministro della Difesa, Guido Crosetto, per contrastare questo autentico scempio. "L’ultima Commissione è stata quella presieduta dall’Onorevole Scanu, persona integerrima che ho avuto il privilegio di conoscere personalmente ed il quale mi ha onorato di una sua prefazione al mio libro. Mi meraviglio che ancora oggi si osi mettere in dubbio la pericolosità tossica derivante dall’esplosione del munizionamento con penetratore all’uranio impoverito. Le nanoparticelle che si liberano dopo l’impatto fuse a 3000 gradi nell’impatto con l’acciaio della corazzatura se inalate sono assolutamente cancerogene", dichiara a l'AntiDiplomatico.

Filomeni è autore di "Morire per la Nato?", libro autoprodotto che sta diventando vero e proprio caso editoriale. "Questa volontà degli Stati Uniti d’America di occupare gli spazi dell’antica influenza sovietica è iniziata, di fatto, nei primi anni ’90 dello scorso secolo con le guerre nei Balcani dove, ad esempio in Kosovo, gli Stati Uniti dopo aver spianato due intere colline hanno impiantato Camp Bondsteel, una città militare con tanto di fast food della catena Burger King, sale cinematografiche, palestre e saloni di bellezza. Io che all’epoca ero impiegato nel contingente militare italiano nei Balcani e vedevo tutto questo mi chiedevo quale fosse il vero scopo, ma adesso mi è tutto molto più chiaro", ci dichiara.

E sulle conseguenze del conflitto in Ucraina per l'Europa pochi dubbi. "A mio modesto parere, l’unico che ci rimetterà più di tutti in questo conflitto sarà l’Europa, e l’interruzione della fornitura energetica a bassissimo costo dalla Russia è solo la punta dell’iceberg. Gli Stati Uniti gettano benzina sul fuoco da lontano, ma chi è vicino siamo noi europei che rischiamo di finirne inceneriti."



DI SEGUITO L'INTERVISTA COMPLETA A L'ANTIDIPLOMATICO


Il suo “Morire per la Nato?” sta scalando le classifiche senza nessuna grande casa editrice dietro. Si tratta di un caso editoriale che spiega anche la voglia della popolazione italiana di rompere i muri di gomma della propaganda attuale. Quale è stato il motivo principale che l’ha spinto a scriverlo?

Ho iniziato a scrivere il libro a marzo 2022, dopo pochi giorni dall’invasione dell’Ucraina da parte delle truppe di Mosca. Ero infastidito dalla superficialità con la quale i media occidentali si prodigavano nel semplificare le ragioni di un conflitto ripetendo come un disco rotto “c’è un aggressore e un aggredito”, i russi sono i cattivi e gli ucraini i buoni. Come se Putin si fosse svegliato una mattina e avesse deciso, invece d’andarsi a prendere una bella boccata d’aria, d’invadere di punto in bianco uno Stato confinante senza nessuna ragione apparente. Non ho mai creduto neppure alla vulgata che il nuovo zar fosse assetato di potere a tal punto da voler ricostituire la “Grande Russia” o un nuovo “Impero Sovietico”. La guerra, che i media dicevano essere iniziata il 24 febbraio 2022 con l’invasione dell’Ucraina da parte dei russi, era di fatto iniziata otto anni prima con il colpo di stato organizzato da Washington e la successiva persecuzione da parte delle milizie filonaziste di Kiev nei confronti della popolazione russofona residente in quell’area divenuta tristemente nota come Donbass. Ma a ben vedere le origini risalgono addirittura ai primi anni del nuovo millennio con le provocazioni americane di voler far entrare nella NATO oltre all’Ucraina anche la Georgia. Ho sempre avuto passione per la storia, la quale, come materia di studio deve essere interpretata in maniera fluida come lo sono gli eventi che si susseguono: la Prima Guerra Mondiale ha gettato i semi per la Seconda, la quale ha dato a sua volta origine alla “guerra fredda” terminata la quale, il mondo unipolare dominato dagli Stati Uniti ha dato il via alla Guerra Globale al terrorismo (come se si potesse dichiarare guerra a una tattica). Insomma, ogni evento è consequenziale ad un altro che lo ha preceduto. Solo così è possibile capire realmente perché la Russia ha invaso l’Ucraina: bisogna andare a ritroso nel tempo.



A proposito di Nato. Con i Protocolli di Washington e Lisbona (mai ratificati dal Parlamento italiano), l’Alleanza Atlantica - che doveva sciogliersi dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica ha cambiato pelle - come mostra molto bene nel suo libro - divenendo il braccio armato attraverso cui gli Stati Uniti esercitano i suoi piani di dominio regionale e globale. Quali sono secondo lei le principali nefandezze compiute dalla Nato nel recente passato?

Vede, il crollo dell’Unione Sovietica ha cambiato la geopolitica dell’intero pianeta. Da un modello bipolare ci siamo ritrovati all’istante con una sola superpotenza che pretendeva di estendere la sua egemonia al mondo intero. Pensi che una delle principali preoccupazioni della corrente dei NEOCON nell’entourage della Casa Bianca era proprio quella che sciolto il nemico storico della NATO, l’ormai ex “Patto di Varsavia”, si sarebbe corso il rischio di sciogliere anche la NATO. I neoconservatori, i quali hanno sempre nutrito una profonda avversione verso la Russia, hanno subito fiutato la possibilità di estendere l’influenza degli Stati Uniti attraverso la NATO “predando” tutti quegli stati dell’ex Unione Sovietica armandoli ed equipaggiandoli con mezzi e materiali principalmente made in U.S.A. Ma questa volontà degli Stati Uniti d’America di occupare gli spazi dell’antica influenza sovietica è iniziata, di fatto, nei primi anni ’90 dello scorso secolo con le guerre nei Balcani dove, ad esempio in Kosovo, gli Stati Uniti dopo aver spianato due intere colline hanno impiantato Camp Bondsteel, una città militare con tanto di fast food della catena Burger King, sale cinematografiche, palestre e saloni di bellezza. Io che all’epoca ero impiegato nel contingente militare italiano nei Balcani e vedevo tutto questo mi chiedevo quale fosse il vero scopo, ma adesso mi è tutto molto più chiaro…. Mi chiede delle nefandezze compiute dalla NATO? La prego, sorvoliamo, già qualcuno si è preso la briga di darmi del “rinnegato” dopo 35 anni di onorato servizio in un reparto di punta del nostro Esercito e dopo aver calpestato con i miei anfibi una decina di teatri operativi sparsi per il mondo…



Quando questi piani della Nato (Usa) sono arrivati fino ai confini russi la situazione in Europa è esplosa nel conflitto che conosciamo adesso. Lei ha una visione pessimista nel libro sul conflitto in corso: cosa sta realmente rischiando il nostro continente?


Nella sua domanda lei parla di confini russi. Molti pensano all’Ucraina come uno Stato sovrano da tempo immemore, dimenticando che invece è divenuto uno Stato indipendente appena una trentina d’anni fa perché prima era nell’orbita russa. Lo stesso termine Ucraina in lingua russa significa bordo, confine (del vecchio impero russo) e molti dimenticano che Kiev è stata storicamente la prima capitale della Russia. Nel mio libro sono pessimista perché ormai il soft power espresso dagli U.S.A. in Europa ci sta trascinando rovinosamente verso una terza guerra mondiale. Quella che si sta combattendo in Ucraina, ormai l’hanno capito anche i sassi, è una guerra tra Stati Uniti e Federazione Russa per il dominio delle risorse energetiche e per smuovere e indirizzare i grossi capitali finanziari. A mio modesto parere, l’unico che ci rimetterà più di tutti in questo conflitto sarà l’Europa, e l’interruzione della fornitura energetica a bassissimo costo dalla Russia è solo la punta dell’iceberg. Gli Stati Uniti gettano benzina sul fuoco da lontano, ma chi è vicino siamo noi europei che rischiamo di finirne inceneriti. Gli Usa hanno tutto l’interesse a prolungare il conflitto perché così facendo prendono i cosiddetti due piccioni con una fava: indeboliscono la Federazione Russa anche se molto più lentamente di quanto avessero pronosticato, e allo stesso tempo hanno distrutto – forse definitivamente – i saldi rapporti commerciali e culturali tra i paesi dell’Unione e la stessa Federazione Russa, ma potremmo allargare il discorso perfino all’Asia e al Golfo Persico. Ma per quanto si può ancora stringere la morsa? I leader europei hanno forse dimenticato che la Russia dispone di oltre 6.500 testate nucleari? Fino a che punto vogliamo giocare alla roulette – per l’appunto – russa?

 

La scienza non ha una posizione univoca sulla pericolosità dell’uranio impoverito. Ha effetti potenzialmente avversi ma non c'è certezza”. Così Federico Fubini, vicedirettore del Corriere della Sera. Ma in generale sono sempre più le voci filo atlantiste che tendono a sminuire l’impatto dell’uranio impoverito dopo la notizia del possibile trasferimento di queste armi a Kiev da Londra. Cosa si sente di rispondere loro vista anche la sua esperienza personale?

Conosco bene la problematica del munizionamento all’uranio impoverito. Quattro anni fa scrissi un libro al riguardo, dal titolo “Baghdad, ribellione di un generale” in cui ho raccontato una missione cui ho preso parte come responsabile del servizio prevenzione e protezione del contingente italiano schierato in Iraq, durante la missione “Prima Parthica” nel 2018. In quell’occasione, per la prima volta, un comandante sul terreno ha rotto il muro di silenzio dei vertici della Difesa che tutt’ora continuano a negare la pericolosità del metallo radioattivo e, peggio ancora, il nesso di causalità tra l’esposizione e l’insorgenza delle malattie tumorali. Il Generale Roberto Vannacci, investito dello status di datore di lavoro con nomina dal Comando Operativo Interforze, nel redigere il primo documento di valutazione dei rischi in teatro iracheno inserì, a titolo precauzionale per i militari alle sue dipendenze, anche il possibile rischio di esposizione all’Uranio Impoverito, ed io ero il suo consulente. Ho studiato in maniera approfondita tutti gli atti delle Commissioni parlamentari d’inchiesta sulle cause di morte dei militari italiani ammalati nei teatri in cui è stato usato quel tipo di munizionamento. L’ultima Commissione è stata quella presieduta dall’Onorevole Scanu, persona integerrima che ho avuto il privilegio di conoscere personalmente ed il quale mi ha onorato di una sua prefazione al mio libro. Mi meraviglio che ancora oggi si osi mettere in dubbio la pericolosità tossica derivante dall’esplosione del munizionamento con penetratore all’uranio impoverito. Le nanoparticelle che si liberano dopo l’impatto fuse a 3000 gradi nell’impatto con l’acciaio della corazzatura se inalate sono assolutamente cancerogene.

E a dirlo non sono certo io ma fior fiore di luminari e di scienziati medici. Ciò può avvenire nell’immediatezza del combattimento ma anche successivamente, quando le particelle adagiate sul terreno possono risollevarsi per effetto del vento. L’uranio e gli altri metalli pesanti contenuti nel munizionamento inquinano anche il terreno e possono arrivare con le piogge e i dilavamenti ad inquinare anche le falde acquifere. Venendo alla decisione di impiegare tale tipo di munizioni in Ucraina devo purtroppo dire che non mi meraviglia affatto. In Bosnia nel 1994-95 furono scaricate dai velivoli della Nato 3 tonnellate. Nel 1999 in Kosovo, Serbia e Montenegro ne furono sparate 10. In Iraq circa 300. Dovrei meravigliarmi se le utilizzassero anche in Ucraina? L’unica cosa che veramente mi meraviglia è questa assoluta ostinazione dei nostri decisori politici e militari nel voler alzare il livello dello scontro senza pesarne le possibili funeste conseguenze.

 

Un altro motivo ricorrente sulla stampa è che l’invio di armi all’Ucraina sia necessario ad arrivare alla pace. Cosa dice agli esperti, politici e giornalisti che portano avanti questo frame ogni giorno?

Ho sentito più volte dichiarare dall’attuale premier italiano che per arrivare ad una pace e ad un cessate il fuoco bisogna mantenere in equilibrio militare i due belligeranti. A me fa ridere solo pensarlo. Due che sono momentaneamente in parità continueranno a battersi sperando di riuscire a sopraffare l’uno l’altro; non credo che si debba aver frequentato chissà quali scuole di guerra per capire questo. E poi, a dirla tutta, armare una delle parti in lotta sperando che raggiungano prima la pace è una contraddizione in termini. Sarebbe come incontrare per strada due persone che fanno a botte e mettere in mano a una delle due un coltello, o un collo di bottiglia rotto sperando che così la smettano di azzuffarsi. Non saprei dire se c’è più stupidità o più ipocrisia nel sostenere tutto questo!


Nel suo ultimo intervento in Parlamento il premier Giorgia Meloni ha dichiarato che l’invio delle armi all’Ucraina prescinde dal consenso. Prescinde quindi dalla democrazia. Nulla è cambiato dal governo Draghi. Gli italiani votano ma le scelte realmente importanti della vita della nazione, qualunque sia la posizione degli italiani e qualunque siano gli impegni dei partiti in campagna elettorale, semplicemente non si possono cambiare. C'è un problema di sovranità e indipendenza in questo paese? E soprattutto esiste un’alternativa a quella di morire per la Nato?

Partiamo dall’ultimo punto della sua domanda, quello relativo alla sovranità. Se c’è un lato positivo di questa guerra è stato l’aver preso atto che l’Europa politica non esiste e che tutti i paesi dell’Unione sono soggetti all’egemonia esercitata dall’altra sponda dell’Oceano. Il condizionamento degli Stati Uniti d’America nei confronti del vecchio continente ha una data ben precisa: 1945. Una egemonia economica e militare che non può che vedere stati vassalli e nessuno può contraddire – neppure ambire a farlo – le decisioni di politica estera degli Stati Uniti, i quali quest’anno hanno stanziato per le spese militari il record assoluto di 840 miliardi di dollari. Basti pensare che gli Stati Uniti con lo 0,4% degli abitanti del pianeta coprono il 39% delle spese militari dell’intero pianeta. Come dice sempre un mio caro commilitone, non esistono buoni e cattivi, esistono i forti. E nessuno degli stati europei lo è. Il premier ha detto la sacrosanta verità. Non c’era nel programma elettorale la voce “invio o meno delle armi in ucraina”. Un Parlamento democraticamente eletto ha il dovere di prendere le scelte che ritiene più opportune per il bene del Paese, anche se queste possono non collimare con la volontà popolare. Ma qui casca l’asino! Qual è allora la vera ragione per la quale un presidente del consiglio dei ministri decide di inviare le armi ad un paese in guerra mentre 3 italiani su 4, secondo l’ultimo sondaggio IPSOS, sono contrari? Siamo proprio sicuri che faccia l’interesse del Paese o piuttosto quelli di qualcun altro? Sarebbe il colmo da chi si definisce più patriota di chiunque altro…


È un periodo di tristi anniversari. Il 20 marzo l’invasione a guida Usa dell’Iraq sulla base della fake news del secolo. Il 24 marzo quella contro l’ex Jugoslavia portata avanti sulla base di un’altra fake news contro la Serbia. Da militare impegnato nei teatri di guerra che idea si è fatto sul ruolo della stampa occidentale e lo scoppio delle guerre?

C’è un vecchio detto che dice che la prima vittima di ogni guerra è la verità. Noi, in Italia, avendo scelto sin dall’inizio di appoggiare incondizionatamente l’Ucraina arrivando perfino ad armarla con sofisticati e costosi sistemi missilistici siamo a tutti gli effetti dei co-belligeranti. Allora è ovvio che la propaganda di guerra in casa nostra faccia il suo sporco lavoro attraverso i principali organi d’informazione, divulgando notizie che appoggino la nostra posizione e screditino quella del nostro avversario, nel nostro caso la Russia. Soltanto la Storia ci dirà come sono andate veramente le cose, ma con la nostra attitudine a coprire sempre le nostre nefandezze sarà con ogni probabilità sempre una verità parziale e opaca come il nostro modo di agire.

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