Ricordare la Rivoluzione d’Ottobre una necessità alla luce dell’epoca attuale
di Leonardo Sinigaglia
Il 7 novembre 1917 le Guardie Rosse di San Pietroburgo, rispondendo agli ordini del Comitato Militare Rivoluzionario, assaltarono il Palazzo d’Inverno prendendo prigionieri i ministri del governo di Kerenski. Il Congresso dei Soviet poté così prendere formalmente il potere, dando vita allo Stato sovietico.
Ricordare oggi la Rivoluzione d’Ottobre non è semplice esercizio d’erudizione storica o nostalgismo sovietico, ma una necessità data dal particolare significato che questo evento assume alla luce dell’epoca attuale. Non si tratta di un qualcosa di limitato geograficamente alla sola Russia o ai territori post-sovietici, ma qualcosa che, oggi come ieri, coinvolge direttamente tutto il pianeta.
La Rivoluzione cambiò per sempre la Storia della Russia e di tutti i popoli che facevano parte dell’Impero, ma essa segnò anche una cesura profonda, il segno tangibile del passaggio a una nuova epoca. L’attuale passaggio dall’egemonismo statunitense a un mondo multipolare e la costruzione di una Comunità Umana dal Futuro Condiviso non sono che i più recenti prodotti storici dell’Ottobre del 1917.
L’importanza nazionale della Rivoluzione d’Ottobre
La Rivoluzione d’Ottobre ha salvato la Russia (e il mondo russo)
All’inizio del ‘900 l’impero zarista aveva già mostrato al mondo la sua progressiva incapacità di competere con gli altri paesi imperialisti. La sconfitta nella guerra contro il Giappone e, soprattutto, la sempre maggiore intrusione di capitale straniero praticamente incontrollato nelle regioni più ricche di risorse naturali o caratterizzate da importanti snodi logistici sono solo due degli elementi che testimoniano come quello che Lenin vide come “l’anello debole della catena imperialista” si trovasse in una condizione precaria e malferma. I resti dell’aristocrazia, chiusi in abbellimenti estetici militareschi, non erano più in grado di difendere le ambizioni imperiali dei Romanov, e la debole grande borghesia russa preferiva giocare a fingersi europea, con soggiorni nelle capitali occidentali e imitazioni nel vestiario e nella parlata, accettando di buon grado un ruolo subalterno se questo avesse portato con sé guadagni importanti.
L’ingresso nella Prima Guerra Mondiale provò agli occhi di tutti lo stato in cui versava la Russia, tra disfatte militari, privazioni per la popolazione e arretratezza produttiva. Il coraggio frequentemente mostrato dai soldati grandi-russi non riuscì il più delle volte a colmare il divario tra uno Stato imperialista lanciato nella competizione per l’egemonia europea come la Germania e uno Stato entrato per certi versi solo parzialmente nella modernità. L’avanzata delle truppe tedesche e austro-ungariche e la rivoluzione di febbraio, con cui venne abbattuta sotto la dirigenza della borghesia e dell’aristocrazia liberale la monarchia degli zar, crearono un nuovo pericolo concreto: che la Russia, uscita distrutta e frantumata dalla guerra, diventasse terra di conquista per gli imperialisti, e ridotta quindi a allo status di semi-colonia, in maniera simile a quanto accaduto nel secolo precedente alla Cina.
La Seconda Roma, Costantinopoli, aveva subito un destino simile. Prima che la città cadesse per mano di Maometto II il Conquistatore, l’impero bizantino venne costretto a trattati sempre più sfavorevoli con Genova e Venezia, i cui mercanti ne “colonizzarono” l’economia. Ciò fu solo il prodromo all’attacco diretto, che avvenne, per volontà veneziana, durante la Quarta Crociata, e che portò alla spartizione dei territori imperiali tra la nobiltà europea. Otto secoli dopo un percorso simile avrebbe facilmente potuto attendere la Terza Roma. Il sostegno dei paesi occidentali al governo provvisorio di Kerenskij non derivava solo da necessità belliche, ma dalla volontà di tutelare i propri investimenti in loco e di mantenere in piedi uno Stato fantoccio da costringere alla sottomissione, cosa testimoniata anche dal successivo sostegno dato alle varie autorità contro-rivoluzionarie e dall’intervento diretto successivo alla conclusione della Grande Guerra.
La Rivoluzione d’Ottobre impedì che uno scenario del genere potesse realizzarsi, poiché creò l’unico potere in grado di vincere le forze ostili e riprendere il controllo del paese grazie al supporto popolare, all’acume politico della dirigenza e all’oggettiva coerenza con la tendenza storica. I Bolscevichi erano gli unici capaci di mobilitare le immense risorse materiali e spirituali della Russia contro i nemici esterni e interni. Qualsiasi altro potere alternativo a quello sovietico avrebbe portato, nei migliore dei casi, a una Russia sottomessa informalmente al dominio delle potenze imperialiste, un qualcosa di simile alla Cina o all’Iran dell’epoca; nel peggiore avrebbe condannato il paese alla balcanizzazione e all’anarchia militare, con uno “Stato” per ogni uomo abbastanza influente da raccogliere attorno a sé qualche migliaio di armati.
La Rivoluzione d’Ottobre ha salvato la Russia e il mondo russo, permettendo loro di salvaguardare uno Stato indipendente.
La Rivoluzione d’Ottobre ha modernizzato la Russia
Per tutto il XIX Secolo si erano susseguiti tentativi di modernizzare l’Impero, sempre ostacolati dagli elementi più reazionari e stagnanti della classe dirigente zarista. Ogni proposta riformista era sempre stata seguita da un periodo di revisione conservatrice, spesso per la volontà degli Zar. Solo nel 1861, e grazie a grandi compromessi, Alessandro II riuscì a vincere le resistenze dei grandi proprietari terrieri imponendo la liberazione dei servi della gleba, secoli in ritardo rispetto agli Stati europei. La lunga permanenza di rapporti feudali e il ritardo nello sviluppo capitalistico avevano reso la Russia arretrata, non solo dal punto di vista produttivo, ma anche sociale, con un’estrema polarizzazione tra pochi centri sviluppati e immense campagne la cui esistenza era rimasta sostanzialmente immutata rispetto ai secoli precedenti.
Lenin mise al centro dell’azione dello Stato sovietico lo sviluppo delle forze produttive. “Il comunismo è il potere sovietico più l’elettrificazione di tutto il paese”: questa equazione fondamentale avrebbe guidato l’azione dei dirigenti bolscevichi per gli anni a venire, portando elettricità, meccanizzazione e sviluppo tecnico e scientifico in un paese sostanzialmente agricolo, rendendolo in grado in poche decine d’anni di opporsi alla temibile macchina bellica nazista, di mandare i primi uomini nello spazio e di dotarsi di un avanzato arsenale atomico. Ciò coinvolse direttamente la vita di milioni di cittadini sovietici, che videro crescere, passati i primi turbolenti anni dopo la rivoluzione, la propria aspettativa di vita, arrivando a livelli simili a quelli statunitensi, così come crebbero i livelli di alfabetizzazione, di scolarizzazione, di occupazione e la quantità di calorie giornalmente consumate -cifra arrivata spesso ad essere superiore a quella statunitense. Similmente si ampliarono i servizi sociali, con un maggiore coinvolgimento delle donne, relegate a un ruolo subalterno durante il periodo zarista, e dei giovani. Le varie nazionalità sovietiche sperimentarono un periodo di libertà, fraternità e collaborazione ancora oggi assente, e videro, per la prima volta, la loro cultura particolare riconosciuta come parte dotata di pari dignità di un insieme più vasto.
Questi risultati furono raggiunti perché al vertice dello Stato vi erano, prima volta nella Storia, rappresentanti della classe lavoratrice. Il potere era infatti detenuto da questa classe, storicamente ascesa allo status di classe dirigente destinata a guidare il paese -e in prospettiva il mondo- verso una nuova tappa dello sviluppo umano. Ciò trasformò la Russia dal paese più socialmente arretrato tra le grandi potenze a quello più avanzato, poiché lì venne iniziata la costruzione del socialismo.
L’importanza internazionale della Rivoluzione d’Ottobre
La rivoluzione d’Ottobre ha inaugurato l’epoca della rivoluzione socialista
I diversi sistemi sociali che hanno caratterizzato la Storia umana sin da tempi preistorici sono stati caratterizzati dalla contraddizione data dal controllo da parte di una minoranza dotata di potere politico su di una maggioranza totalmente (o quasi) sprovvista di esso in virtù dei particolari rapporti di proprietà instauratisi al variare dello sviluppo delle forze produttive. Il capitalismo con la sua evoluzione ha portato a una situazione nella quale questo sistema può essere materialmente superato con una superiore forma sociale. Come ebbe a dire Iosif Stalin nel 1927, con la Rivoluzione d’Ottobre “L’era della “stabilità” del capitalismo è tramontata, e con essa è tramontata la leggenda dell’incrollabilità dell’ordine borghese. È incominciata l’era del crollo del capitalismo”[1]. La Rivoluzione d’Ottobre rappresenta il salto qualitativo in cui questo superamento avviene concretamente. Essa ha dato sì origine al primo Stato socialista della Storia, ossia uno Stato fondato sugli interessi e sulla volontà della stragrande maggioranza della popolazione, ma ha anche, e soprattutto, inaugurato l’epoca in cui il mondo passato, divenuto vecchio, cede il passo a quello venturo. La Rivoluzione d’Ottobre segna uno spartiacque: tutto ciò che accade dopo assume una diversa valenza politica in rapporto alla rivoluzione socialista. Così Mao Zedong, parlando della rivoluzione cinese, poté dire che essa, nonostante i compiti democratici, non poteva più essere inserita all’interno della rivoluzione democratico-borghese, ma doveva essere vista come parte della rivoluzione proletaria e socialista.
E’ una nuova fase quella che si apre con la Rivoluzione d’Ottobre. La rivoluzione socialista non può essere ridotta a questa singola esperienza, ma rappresenta un processo di lunga durata che attraversa diverse fasi e che cresce specularmente al decadere del sistema capitalista. Esso, nei fatti, sta già scomparendo. I suoi elementi fondamentali sono già stati sconvolti ormai decenni fa, con una vera e propria centralizzazione dell’economia nelle mani di pochissimi centri finanziari globali, che hanno un loro modo per pianificarla a vantaggio della classe dominante. Espressioni come “libero mercato”, “iniziativa privata”, “proprietà privata” hanno mutato profondamente significato, con uno iato sempre più grande tra la teoria liberal-borghese e la realtà dei fatti. Persino il denaro, dopo l’ascesa del dollaro statunitense allo status di valuta internazionale e lo sganciamento di questo dall’oro operato da Nixon è più vicino a un “certificato”, un mero simbolo rispetto al passato in cui stava a rappresentare una ricchezza esistente.
Il comunismo non è uno stato di cose, ma il movimento reale di “abolizione” dell’esistente, inteso come suo superamento dialettico. Davanti ai nostri occhi il sistema capitalista si sta già trasformando nel socialismo, esistono tutti gli elementi perché ciò avvenga e, su scala globale, esso diventi il termine dominante nella contraddizione tra esso e il capitalismo. La Rivoluzione d’Ottobre ha catalizzato questo processo fornendo le basi per la componente soggettiva, la guida politica della classe lavoratrice che ri-orienti il sistema verso un fine diverso: non più gli interessi di pochi speculatori e finanzieri, ma quelli delle masse. Ciò si associa alla capacità della Rivoluzione d’Ottobre di mettere concretamente in atto un movimento cosciente d’emancipazione che, attraversando tutti i continenti, è giunto fino a noi oggi e si accinge a compiere il prossimo grande passo.
La Rivoluzione d’Ottobre ha dato il via al processo che ci sta portando a un mondo multipolare e a una Comunità Umana dal Futuro Condiviso, ossia alla costruzione del socialismo su scala planetaria
La Rivoluzione d’Ottobre non galvanizzò unicamente gli operai degli avanzati paesi occidentali, ma anche i miliardi di esseri umani che, fuori dall’Occidente, languivano oppressi dal regime colonialista dei paesi imperialisti. Essa fece tornare all’ordine del giorno la questione nazionale, che sembrava essere scomparsa dietro allo sciovinismo delle grandi potenze, negatore della dignità e dei diritti delle varie nazionalità del pianeta. Furono le cannonate dell’Ottobre a portare il marxismo a diffondersi su tutti i continenti, plasmando le menti di gruppi dirigenti che riuscirono nei decenni successivi a conquistare l’indipendenza dei propri paesi e a mettere in discussione nella prassi il sistema imperialista, più avanzata manifestazione del capitalismo.
Davanti alla bestiale gerarchizzazione dei popoli e degli Stati, il movimento internazionale sorto a seguito della Rivoluzione d’Ottobre rispose con l’internazionalismo e la rivendicazione della pari dignità di ogni nazione. L’Ottobre aveva irrimediabilmente modificato i rapporti di forza internazionali, costringendo a una strategia difensiva le forze della reazione. E’ grazie ad essa se le colonie del mondo riuscirono a liberarsi e anche gli abitanti dei paesi occidentali poterono trovare strumenti teorici e pratici più efficaci e fondati sulla realtà per lottare per la propria liberazione.
La maturazione della fase imperialista del capitalismo, espressa dalla Grande Guerra, pose le condizioni da un lato per l’avvento dell’epoca della rivoluzione socialista, dall’altro per il raggiungimento della forma definitiva dell’imperialismo con l’avvento di un’egemonia imperialista mondiale, ottenuta dagli Stati Uniti. Dalla costruzione dell’Unione Sovietica, il socialismo ha combattuto contro questo progetto egemonico, incarnato prima dalla Germania nazista, con il suo progetto neo-coloniale fondato sulla subordinazione schiavile delle popolazioni orientali all’aristocrazia ariana, poi dagli Stati Uniti, che, in nome del loro “destino manifesto”, volevano imporsi a livello globale come “unica nazione indispensabile”, arbitro di ogni vicenda umana.
Il decadimento e la dissoluzione dell’Unione Sovietica non vanno interpretati come il “fallimento del comunismo” o una smentita delle promesse dell’Ottobre del 1917, ma come una battuta d’arresto contingente che non ha fatto mutare le tendenze oggettive che portano al superamento dell’imperialismo. Oggi la lotta contro l’egemonismo vede in prima fila paesi socialisti, e l’ideologia socialista, grazie ai loro successi, guadagna ogni giorno un’attrattività maggiore. Il Pensiero di Xi Jinping, ultimo sviluppo teorico del marxismo, rappresenta il socialismo del XXI Secolo, e risponde alle esigenze della nostra epoca.
L’egemonismo, l’unilateralismo, le politiche di potenza, il suprematismo culturale, l’uso strumentale del diritto internazionale e delle sanzioni economiche sono tutti ostacoli che si frappongono sulla strada della costruzione di una comunità umana dal futuro condiviso. Questa prospettiva non è quindi una semplice immaginifica speranza, ma una chiamata all’azione per portare a compimento una rivoluzione strutturale dei rapporti internazionali e della gerarchia mondiale che è a tutti gli effetti inarrestabile e rappresenta la tendenza della nostra epoca.
Parlando alla settantesima Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 2015, Xi Jinping espose con chiarezza questa necessità: “Tutti i paesi, congiuntamente, devono tenere in mano le redini del destino del mondo. Tutte le nazioni, senza eccezioni, devono essere uguali: il grande non può schiacciare il piccolo, il forte non può opprimere il debole, il ricco non può avvantaggiarsi a danno del povero. Il principio della sovranità non si estrinseca solamente nell’inviolabilità della sovranità nazionale, nell’integrità territoriale e nella non interferenza negli affari interni dei singoli paesi, deve estrinsecarsi anche nel diritto di ognuno di scegliere liberalmente il proprio sistema sociale e il proprio modello di sviluppo economico, così come deve estrinsecarsi nel rispetto dovuto alle azioni messe in atto da ogni paese per promuovere lo sviluppo economico e sociali e migliorare il tenore di vita della propria popolazione”[2].
La costruzione di un mondo caratterizzato da cooperazione, non ingerenza, pluralismo di culture, civiltà, sistemi politici e sociali non significa però la fine di ogni conflitto o contraddizione. Sarebbe antidialettico e antimarxista affermarlo. Il mondo multipolare, la comunità umana dal futuro condiviso, continueranno a conoscere scontri e tensioni, perché continuerà ad esistere il sistema capitalistico, e questo anzi avanzerà compiutamente là dove esistono ancora rapporti di produzione arretrati e situazioni semi-coloniali. Ma queste contraddizioni non saranno più di tipo antagonistico, perché la fase in cui si entrerà sarà completamente diversa e inedita: con il superamento del sistema imperialista si sarà nella prima fase della concreta instaurazione del socialismo su scala planetaria. Il socialismo, la cui base materiale si sviluppa nel capitalismo, ha occupato sino a questo momento una posizione subordinata nella sua contraddizione con il capitalismo.
L’abbattimento del sistema unipolare rappresenta il momento della trasformazione in cui i due aspetti di questa contraddizione vedono la propria relazione invertirsi. La comunità umana dal futuro condiviso è l’ambiente in cui il socialismo cresce nella sua predominanza, preparando la strada al salto qualitativo rappresentato dal passaggio alla società comunista, e il capitalismo gradualmente scompare su scala mondiale.
Ciò non sarà frutto di un’imposizione, di una “rivoluzione esportata" o di campagne di destabilizzazione, pratica già apertamente condannata dalla dirigenza cinese[3] e retaggio di concezioni fondamentalmente anti-marxiste[4], ma merito del potere attrattivo dei risultati concreti ottenuti nello sviluppo da parte della Cina socialista e degli effetti rivoluzionari dello sviluppo delle forze produttive e politiche associato all’abbattimento dell’unipolarismo. La vittoria nella lotta per l’eradicazione della povertà ha già portato decine di paesi del Terzo Mondo a guardare con interesse al modello socialista cinese, contribuendo così alla popolarità e alla comprensione del socialismo, dimostrandone così anche nel XXI secolo la vitalità e l’efficacia delle soluzioni proposte, e persino il presidente Putin è arrivato a esternare la sua “invidia” per i suoi traguardi[5]. Il venir meno dei vincoli esterni dell’imperialismo che sino ad oggi hanno condizionato la politica di numerosi Stati aprirà inoltre nuovi spazi di sovranità democratica, che saranno inevitabilmente occupati dalle forze politiche progressive e a guida proletaria, più o meno velocemente ed efficacemente a seconda di quanto queste riusciranno a conquistare l’egemonia nella lotta per il multipolarismo nel proprio paese.
Nei fatti, il socialismo prova ogni giorno la sua superiorità rispetto al capitalismo, e, grazie allo sviluppo cinese, occupa già parte significativa delle “alture dominanti” dell’economia e della politica internazionale. Esso ha dietro di sé forze vaste, certamente contraddittorie e disomogenee, ma strategicamente guidate da un’analisi scientifica, quindi materialista e dialettica, della realtà e dai migliori prodotti teorici, culturali e pratici della storia umana. Se il multipolarismo e la costruzione di una comunità umana dal futuro condiviso non rappresenteranno certamente una “fine della Storia” alternativa a quella liberale o l’inizio di un’epoca bucolica segnata dall’impossibile venir meno di ogni contrasto in presenza del sistema capitalista, rimangono ciononostante tappe necessarie per l’evoluzione storica del socialismo e la costruzione della società comunista, come correttamente evidenziato da Yu Pei, ricercatore dell’Accademia Cinese di Scienze Sociali: “L'idea di una comunità globale con un futuro condiviso è l'incarnazione della teoria marxista dell'emancipazione umana in queste nuove condizioni storiche e identifica un obiettivo e una direzione per le future iniziative dell'umanità. In questo senso, la costruzione di una comunità globale con un futuro condiviso è una tappa che dobbiamo attraversare se vogliamo realizzare in futuro “una comunità di individui liberi”. Il comunismo è un risultato inevitabile dello sviluppo sociale: questo obiettivo è lontano ma non senza speranza, e la ragione della sua eventuale realizzazione può essere trovata sia nella storia che nella realtà. Il socialismo, la prima fase del comunismo, è già stato realizzato come sistema. Nonostante le gravi battute d’arresto incontrate a partire dall’inizio degli anni ‘90, lo sviluppo del socialismo mondiale continua a mostrare una forte vitalità. Marciando orgogliosamente nella nuova era, il socialismo con caratteristiche cinesi sta sventolando alta la sua bandiera per mostrare la vivacità e le brillanti prospettive del socialismo e ripristinare la fiducia delle persone di tutto il mondo nel marxismo e nel socialismo scientifico[6].
[1] I. Stalin, Il carattere internazionale della Rivoluzione d’Ottobre, 1927.
[2] Xi Jinping, Creiamo insieme un nuovo partenariato di cooperazione reciprocamente vantaggioso e poniamo le basi per una comunità umana dal futuro condiviso, in Governare la Cina, Vol. II, Firenze, Giunti-Foreign Languages Press, 2019, p. 670.
[3] “Non vogliamo importare modelli da altri paesi, né vogliamo esportare il modello cinese; e ancor meno chiediamo agli altri paesi di copiare le nostre azioni”, Xi Jinping, Meet the People’s Expectation for a Better Life, in The Governance of China, Vl. III, Beijing, Foreign Languages Press, 2020, p. 506.
[4] A proposito si legge in una lettera di F. Engels a Kautsky del 1882: “Solo una cosa è certa: il proletariato vittorioso non può imporre doni di alcun tipo a una nazione straniera senza compromettere così la propria vittoria”. Il testo completo è consultabile su www.marxists.org.
[5] Full Text Transcript of Putin & Xi Jinping Meeting, su www.miragenews.com.
[6] Yu Pei, A Global Community with a Shared Future from a Macro-Historical Perspective, in Qiushi Journal, n. 3 (2019).