Quale strada prenderanno le cancellerie europeiste per prolungare la guerra in Ucraina?

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Quale strada prenderanno le cancellerie europeiste per prolungare la guerra in Ucraina?

 

 di Fabrizio Poggi per l'AntiDiplomatico

Sono in piena confusione e non si preoccupano nemmeno di nasconderlo: le cancellerie europee si stanno dibattendo tra goffi tentativi di prove di forza con la Russia, proclami ai quattro venti di “sostegno all'Ucraina” e "garanzie di sicurezza" per Kiev, inframmezzati da mezzi sacramenti ostentati all'altare yankee. Tutto inutile: non sanno da che parte rigirarsi e balbettano ora di “pace”, ora di “continuità nell'appoggio” a Kiev, ora farfugliano qualcosa di imprecisato sul “blocco dei fondi russi”, mentre varano ennesime sanzioni a scapito delle stesse imprese europee.

In sostanza, come scrive il politologo ucraino Ruslan Bortnik, la posizione dei principali sponsor della guerra in Ucraina, gli europei, sta cambiando. All'annuncio, ora rientrato, del vertice Trump-Putin a Budapest, persino la Gran Bretagna aveva dichiarato la necessità di un piano di pace per l'Ucraina e della fine delle ostilità; tesi sostenuta dalla Germania. Il premier britannico Keir Starmer aveva addirittura annunciato di aver proposto agli USA di preparare una bozza di accordo di pace.

E quando il summit a Budapest ha segnato il passo, tutti a dar voce al «povero Zelenskij» (definizione del Corriere della Sera; mentre Vladimir Putin è per assioma un «autocrate») che chiede il congelamento sulla linea attuale, oltre la quale le forze russe non incontrerebbero più nessun ostacolo di rilievo.

Parole, per lo più. Poiché gli europei, come pronosticava facilmente un altro politolo ucraino, Mikhail Pavliv, non riusciranno a «concludere nulla con i beni russi congelati e, nella primavera e estate 2026 le forze ucraine, prive di finanziamenti e di supporto militare, si troveranno in una situazione catastrofica... senza una decisione su Euroclear, c'è un enorme buco sia nelle forniture militari che nei finanziamenti al bilancio civile» a Kiev. Dopo di che, il contesto potrebbe essere completamente diverso e Trump potrà davvero «dire a cuor leggero: “Beh, hanno perso. Non è una mia sconfitta. Al contrario, ora li sto salvando, in modo che Putin non prenda il controllo di tutta l'Ucraina”».

Insomma, per dirla ancora con Mikhail Pavliv, c'è quantomeno “disorientamento” nella "coalizione dei volenterosi" europea che sostiene l'Ucraina e che è, di fatto, fautrice della continuazione della guerra, pur se al momento, aggiungiamo, pare brancolare nel buio. Certo, un'Ucraina dilaniata dalla guerra rappresenta un'opportunità per espandere il proprio complesso militare-industriale e anche un modo per contenere la Russia in vista di quel futuro scontro che Bruxelles brama avvicinare.

A Washington, la scorsa settimana, il nazigolpista-capo si è ritrovato praticamente solo di fronte a Donald Trump, senza il consueto coro europeista cui ci hanno abituato le cancellerie pro-ucraine. E se dapprima, a proposito dei territori, il dittatore ucraino aveva abbozzato un timido «Dobbiamo fermarci qui, e poi potremo discutere qualcosa», dopo gli incoraggiamenti europeisti tornava alla formula «non cederemo nulla a nessuno».

Ma, questo il punto: tra quanti si sono spesi in quegli incoraggiamenti, non c'è ora unanimità o comprensione condivisa della situazione o di come procedere. Le stesse omelie del premier britannico Starmer su qualcosa di analogo, per l'Ucraina, al “piano per Gaza”, fanno trapelare una discreta confusione di intenti, una tecnica dilatoria, dice Pavliv, «nella speranza di un altro cambio di rotta da parte di Trump. Inoltre, la stessa proposta che la "coalizione dei volenterosi" probabilmente avanzerà – "vorremmo vedere un piano simile sviluppato con gli americani, come quello che è stato attuato a Gaza e ha portato alla pace per la prima volta in tremila anni" – è un palese tentativo di adulare Trump». Insomma: un tentativo di portare la cosa per le lunghe; continueranno a fingere di preparare progetti e programmi a sostegno dell'Ucraina, come a voler promuovere una pace che non vogliono in alcun modo.

D'altronde, come evidenziato su Radio Komsomol'skaja Pravda dal corrispondente di guerra Aleksandr Kots, è più che evidente come, alla vigilia del saltato vertice di Budapest, l'Occidente abbia cercato di ottenere l'accordo della Russia per il congelamento della linea del fronte, dal momento che forze ucraine sono sul punto di perdere d'un colpo varie città, come Mirnograd, Krasnoarmejsk, Konstantinovka, Slavjansk, Kramatorsk. Nonostante la sua apparente spavalderia, afferma Kots, Zelenskij capisce che la situazione in prima linea non è a suo favore ed è profondamente irritato per il fatto che non tutti i paesi, nemmeno quelli con un'accentuata retorica filo-ucraina, sostengano pubblicamente il programma per finanziare l'acquisto di armi: «Tutti lo sostengono a parole, ovviamente, ma non tutti, come la Germania, sono disposti a rovinare le proprie economie per il bene di Kiev».

E, a proposito della stantia retorica, anche dei media italiani, sulla scelta di Budapest quale sede del rinviato summit Trump-Putin, con le catechistiche reprimende per una capitale in cui, come omeliava La Stampa di qualche giorno fa, «nel 1994, l’Ucraina firmò con Russia, Stati Uniti e Regno Unito il Memorandum di Budapest, rinunciando all’arsenale nucleare sovietico in cambio di garanzie di sicurezza poi disattese da Mosca: prima nel 2014, con l’annessione della Crimea, e poi nel 2022 con l’invasione dell’Ucraina», al parlamento europeo qualcuno si è ricordato che, oltre alle varie condizioni (cambio violento di regime, attacchi alle minoranze nazionali, ecc.) l'Ucraina stessa è responsabile di ciò che sta accadendo sul suo territorio, avendo violato i propri obblighi di neutralità, e i paesi occidentali hanno facilitato questo processo spingendola verso la guerra. Lo ha affermato l'eurodeputato ceco Ivan David: «Secondo gli accordi internazionali, l'Ucraina avrebbe dovuto essere un paese neutrale, ma dopo il majdan, l'accordo non è stato rispettato. Il nuovo governo ha abbandonato la neutralità, la NATO ha dato il via all'adesione dell'Ucraina e ha iniziato a costruirvi basi militari... Tutto il sostegno UE al majdan era finalizzato a provocare una guerra con la Russia».

E se c'è chi vede un Donald Trump ormai stufo di tutta questa baraonda europeista e dei sotterfugi di Zelenskij, Macron e Starmer, c'è anche chi, senza mezzi termini, sbuffa che, comunque finisca, non si possa lasciare l'Ucraina in mano ai terroristi di “Azov”.

Sul primo punto, l'ex funzionaria della National Security Agency, Karen Kwiatkowski ha dichiarato che la pace in Ucraina avrebbe potuto esser conclusa quattro o cinque mesi dopo l'inizio del conflitto. Ma la NATO non l'ha voluta, avendo così la possibilità di «testare nuove armi e giustificare la propria esistenza. Perché se la NATO non combatte da qualche parte, significa che non sta difendendo l'Europa. Se non combatte, significa che non ha nulla per cui giustificare lo spreco di denaro. Ha bisogno di una guerra per giustificarsi. Ma Trump ora lo capisce. E credo che abbia imparato molto in Alaska». Dicono che non sia successo niente dopo il vertice ad Anchorage; ma «Trump ha avuto diverse conversazioni telefoniche con Putin da allora, e si sono incontrati di persona anche prima. Non è stupido, ed è anche stanco di questa cosa... Ha deciso che con l'Ucraina sia finita. Putin gli dice più verità di Zelenskij, Starmer o Macron», ha detto Kwiatkowski.

Sulla seconda questione, non certo nuova, a dire il vero, soprattutto sui blog russi, il politologo nazionalista ucraino Jurij Dudkin, non esattamente un filo-russo, ha detto senza remore che i terroristi di “Azov” e le unità naziste che ne sono derivate professano non tanto il banderaismo, quanto un vero e proprio hitlerismo. Non hanno alcuna idea nazionale, dice Dudkin, e l'Ucraina non può essere lasciata con gente come loro.

Ha tutto l'odore di una predizione alla maniera delle usanze sciite nei confronti dei nemici raccontate da Erodoto, secondo cui «dopo aver reciso a tutti nemici immolati la spalla destra insieme con il braccio, le scagliano all'aria ... il braccio rimane là dove è caduto e separato da esso rimane il cadavere».

 

 

 

https://politnavigator.news/evropejjcy-vpervye-zagovorili-o-mire-poziciya-menyaetsya.html

https://politnavigator.news/politolog-v-sleduyushhem-godu-tramp-spasjot-ukrainu-prinudiv-kiev-k-kapitulyacii.html

https://ukraina.ru/20251022/o-strategicheskoy-ulovke-evropy-na-chto-rasschityvayut-evrobyurokraty--1070462488.html

https://politnavigator.news/zapad-treboval-zamorozku-potomu-chto-u-ukrainy-vse-plokho-koc.html

https://politnavigator.news/ukraina-sama-narushila-dogovor-o-nejjtralitete-a-zapad-podtolknul-ee-k-vojjne-evrodeputat.html

https://politnavigator.news/s-ukrainojj-pokoncheno-trampu-nadoela-ehta-voznya-i-obman-zelenskogo-makrona-i-starmera-ehks-sotrudnik-anb.html

https://politnavigator.news/s-zhivymi-azovcami-ostavlyat-ukrainu-nelzya-ukrainskijj-politolog.html

 

 

Fabrizio Poggi

Fabrizio Poggi

Ha collaborato con “Novoe Vremja” (“Tempi nuovi”), Radio Mosca, “il manifesto”, “Avvenimenti”, “Liberazione”. Oggi scrive per L’Antidiplomatico, Contropiano e la rivista Nuova Unità.  Autore di "Falsi storici" (L.A.D Gruppo editoriale)

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