Patto di stabilità. Dati, stime e tabelle: una risposta al "sito di informazione della LUISS"
di Gilberto Trombetta
Tante parole per nulla, verrebbe da dire. L’articolo “Il nuovo Patto di stabilità ci costa 20 miliardi l’anno? Non proprio” a firma di Luca Graziani e Lavinia Monaco avrebbe voluto confutare i dati riportati nell’analisi degli effetti per l’Italia del nuovo patto di stabilità e crescita, ma non ha potuto farlo.
Nello stesso articolo del sito di informazione della Luiss, si fa infatti riferimento alle tabelle elaborate dal think tank Bruegel¹, le stesse utilizzate per l’articolo contestato.
Cosa dicono per l’Italia i dati elaborati da Bruegel? Dicono che in caso di programma di aggiustamento della durata di 7 anni (2025/31), il deficit strutturale dovrà essere tagliato dello 0,61% l’anno (13 miliardi di euro circa) ogni anno (per un totale di 91 miliardi) mentre se l’Italia opterà per il programma quadriennale (2025/28) anziché settennale l’aggiustamento sarà dell’1,15% l’anno (25,5 miliardi) ogni anno (per un totale di 98 miliardi).
Visto che l’articolo in questione prendeva in considerazione lo scenario quadriennale, le cifre fornite (un taglio di circa 20 miliardi di euro l’anno che a fine periodo di aggiustamento raggiungerebbero i 100 miliardi circa) risultano sostanzialmente corrette. Anzi calcolatrice alla mano, il taglio annuale rispetto allo scenario di aggiustamento quadriennale risulterebbe addirittura leggermente sottostimato (25,5 miliardi contro i 20 citati nell’articolo).
Questo attenendosi ai dati e alle proiezioni degli economisti di Bruegel, le uniche disponibili e comunque le più affidabili. La contestazione mossa secondo la quale “i numeri proposti, infatti, non solo non provengono da alcuna fonte ufficiale o autorevole, ma sarebbero delle stime” è, dispiace dirlo, campata in aria visto che le stime fatte da Bruegel (decisamente autorevole) sono state elaborate in base ai contenuti del nuovo Patto pubblicati dalla Commissione (una fonte decisamente ufficiale).
E sono stati proprio gli studiosi del Bruegel, commentando l’accordo, che hanno sì evidenziato alcuni aspetti migliorativi rispetto al vecchio patto di stabilità, me ponendo anche l’accento su alcuni aspetti negativi e peggiorativi. Soprattutto per Paesi come l’Italia. Jeromin Zettelmeyer, autore del lavoro di Bruegel, ha infatti così commentato²: «il margine dell’1,5% potrebbe rivelarsi troppo rigido per alcuni Paesi – in particolare l’Italia, per il quale ciò si traduce in un requisito di saldo primario strutturale superiore al 4% del PIL».
Tutte le altre argomentazioni portate nell’articolo e prese dalle considerazioni personali di vari opinionisti (Gentiloni, Cottarelli, Goria) lasciano il tempo che trovano rispetto ai dati che sono invece in linea con quelli riportati nell’articolo pubblicato su l'AntiDiplomatico.
¹ https://www.bruegel.org/first-glance/assessing-ecofin-compromise-fiscal-rules-reform
² https://twitter.com/jzettelmeyer/status/1737589708639596966