No green-pass, no fascist-pass e liberismo sanitario

No green-pass, no fascist-pass e liberismo sanitario

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di Gianpiero Caldarella*  

 

Sono vaccinato e ho il green pass. Me l’hanno controllato più volte in questi mesi. Lo hanno fatto i carabinieri, ma soprattutto dei comuni cittadini che non vestono una divisa, per poter entrare in un locale, vedere una mostra, assistere alla presentazione di un libro o altro. Una prima inedita conseguenza per l’Italia è stata quella di scoprire che i cittadini collaborano non solo esibendo il pass, ma soprattutto controllando. È possibile! A questo punto mi chiedo come mai da sempre la pubblica amministrazione ha problemi nel controllare quanti nel gestire la cosa pubblica hanno dei “conflitti di interesse” o quanti nell’aggiudicarsi degli appalti non avrebbero i requisiti neanche per presentarsi. Mancanza di determinazione o c’è altro?

È stata una mia scelta quella di vaccinarmi e una “necessaria” conseguenza quella di ottenere il green pass. È stato per via della fiducia cieca nella scienza? Forse. Ho fatto una scommessa, un po’ come Pascal che decide di credere in Dio perché “se vincete guadagnate tutto, se perdete non perdete nulla”?

Forse.

Più semplicemente le mie ragioni iniziali si nascondono dietro il desidero di tutelare, di non mettere a rischio la vita di soggetti fragili e anziani che abitualmente frequento. Non ero sicuro che avrebbe funzionato o che funzionerà ma era la mia unica arma a disposizione.

Allo stesso tempo non ho mai smesso di ascoltare le ragioni di quanti non si volevano vaccinare.

Fra queste ci sono quelle di diversi amici che vivono in diversi posti d’Italia, ma anche in Svizzera o in Belgio. Ragioni che, se provo a mettermi nei loro panni, non riesco a trovare insensate. E con questo non voglio dire che tra chi ha fatto una scelta diversa dalla mia non ci siano degli sciroccati o esaltati. Dico solo che ci sono posizioni rispettabili tra i no green-pass. Eppure le cronache di questi giorni, dopo la manifestazione di Roma, l’assalto alla sede della Cgil, al pronto soccorso dell’Umberto I, le violenze contro i giornalisti, rischiano di negare ad ogni forma di dissenso un diritto di cittadinanza in una società democratica. Mi tornano in mente i volti di questi amici, e non riesco neppure ad immaginare una scintilla di violenza o di fascismo.

Cosa c’entra il fascismo col green pass?

I fascisti, i “neri”, sono sempre stati contro i “rossi”, i comunisti, ma qui pare che quando si parla di green-pass vedano i sorci verdi. Mi chiedo chi sia lo spin-doctor, l’ideatore del nome “green-pass”.

Cosa c’è di green, di verde, di ecologico, in un lasciapassare?

Certo è che le organizzazioni fasciste si sono buttate a capofitto in questa battaglia, intestandosela e certamente facendo nuovi proseliti.

Perché? E qui lo Stato italiano forse ha un problema, perché se veramente è diventato rigido nel controllo dei “lasciapassare” sanitari, dovrebbe ricordarsi che qualunque tipo di associazione che si richiami al fascismo è vietata dalla costituzione. Figuriamoci se si tratta addirittura di un partito che si presenta ad un qualunque tipo di elezione con un suo simbolo. Ministri, prefetti, organi di polizia e tribunali hanno sempre chiuso un occhio sul “no-fascist-pass” che è previsto dalla costituzione.

E così anche stavolta, come già successo per le proteste e le violenze contro i centri per migranti nelle periferie e in tante altre occasioni, questi signori hanno cercato di intestarsi delle battaglie per dimostrare di essere non solo vivi e vegeti, ma anche determinanti politicamente. A pagare il prezzo dei metodi spesso violenti di queste organizzazioni è tutta la società ed in particolare i movimenti che decidono di accettare di camminare al loro fianco, o che non hanno la forza di respingerli, e che paradossalmente invocano la libertà e la costituzione.

In un mondo ideale, o per restare più terra-terra, in un’Italia ideale, anche se fossero del tutto smantellate e per sempre le organizzazioni fasciste, in ogni caso il problema dei no green-pass resterebbe.

Come armonizzare il diritto alla salute dell’intera collettività con il diritto personale di scegliere quali cure e quali farmaci assumere?

Diversi amici ormai da mesi per poter lavorare si fanno infilzare il naso con dei tamponi ogni due giorni. Potrebbe essere una soluzione, ma come si fa a tamponare due o tre milioni di italiani-lavoratori ogni due giorni? Ricordo che al massimo si arrivava a 3-400 mila tamponi al giorno processati nei laboratori.

Altre strade all’orizzonte possono pure aprirsi, per garantire quella libertà. Non so, magari i test fai da te nei luoghi di lavoro con dei “certificatori” autorizzati o altro ancora. Magari ai non vaccinati sarà vietato l’accesso solo in alcuni punti sensibili, tipo gli ospedali e dovranno quindi rinunciare a fare visita ad un familiare o un amico ricoverato. Magari, anzi certamente si troveranno altre soluzioni. Il punto è che ogni libertà ha un costo e credo sia saggio che chi invoca il diritto all’autodeterminazione sia disposto a pagare quel surplus di costo economico e di tempo impegnato da parte di qualcun altro. Perché il problema esiste ed è giusto manifestarlo ma proponendo anche delle soluzioni.

Diversamente sarebbe come manifestare in nome della libertà personale di non voler usare i profilattici durante un rapporto sessuale. Va bene se lo fai con il tuo partner e sai di essere sano. Ma non puoi non comprendere che la tua libertà è un rischio per tanti, una limitazione della libertà altrui. Ricordiamoci che il liberismo economico sfrenato è stata una delle maggiori cause di ingiustizie, guerre e devastazione sociale nel mondo contemporaneo.

Figuriamoci che danni può fare il liberismo sanitario.

 

*Giornalista e autore di satira, ha fondato e diretto il mensile "Pizzino", premiato nel 2006 a Forte dei Marmi. Vicedirettore del settimanale di satira "Emme", supplemento de "L'Unità" e poi caporedattore del settimanale "Il Male di Vauro e Vincino". Autore di una rubrica di satira per Radio 24 dal 2007 al 2009. Nel 2007 vince il premio Montanelli giovani e nel 2011 il premio giornalistico Livio Zanetti. Per Navarra Editore pubblica i volumi: "Frammenti di un discorso antimafioso" e "Sdisonorata società" e cura la pubblicazione di "Le rughe sulla frontiera - Lampedusa: restiamo umani!". Collabora con diverse riviste cartacee e online. 

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