L'occidente, la guerra e Nietzsche. Intervista al filosofo Paolo Ercolani

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L'occidente, la guerra e Nietzsche. Intervista al filosofo Paolo Ercolani

 

di Giulia Bertotto per l’AntiDiplomatico


Il professor Paolo Ercolani insegna storia della filosofia e teoria e tecnica dei nuovi media all'Università di Urbino, dove ha conseguito il Dottorato di ricerca in storia della filosofia, iniziando i suoi studi sul liberalismo e sul passaggio epocale dalla società industriale a quella in Rete. Tra i suoi ultimi libri “Nietzsche L’iperboreo il profeta della morte dell’uomo nell’epoca dell’Intelligenza artificiale”, Edizioni Il Nuovo Melangolo 2022. Lo abbiamo intervistato per parlare del legame tra guerra e filosofia, in queste settimane in cui l’Occidente e l’Europa sembrano aver perso ogni inibizione nei confronti di una possibile Terza guerra mondiale nucleare.

Le ultime dichiarazioni di guerra da parte di Ursula von Der Leyen “Dobbiamo produrre più armi come fatto con i vaccini” e “Non è esclusa una guerra con la Russia”, aprono a una normalizzazione della guerra mentre l’Occidente europeo si proclama civile, tollerante, “arcobalenico” democratico al punto da esportarla sua democrazia. Da dove viene questa apparente schizofrenia?

Nel 1517, Erasmo da Rotterdam scrisse un libretto dal titolo “Il lamento della pace”, interpretato da sempre come un manifesto del pacifismo, peccato che le cose non stiano proprio così: il teologo riteneva che la pace fosse da promuovere, ma solo tra i popoli cristiani. Dunque auspicava non una pace universale, ma sempre una pace condizionata all’appartenenza, in questo caso religiosa (religione significa etimologicamente “legare”). Il filosofo giustificava apertamente gli atti di guerra compiuti contro tutti coloro che non si riconoscevano nella fede cristiana. Nella storia delle idee e dei conflitti c’è sempre stato uno spazio sacro e uno spazio profano e lo spazio sacro -che sia confessionale o ideologico- è sempre il proprio, mentre quello dell’altro è sempre profano e profanabile. Quindi, purtroppo, non mi stupisce questo meccanismo così poco razionale per cui ci dichiariamo difensori di certi ideali e valori, ma solo verso coloro che abbracciano quegli stessi valori. Dov’è la vera tolleranza, se non è tolleranza verso chi non la pensa come noi?

Ecco perché il mistico rifiuta la propria identità. Il solo fatto di avere un’identità porta a difenderla e questo ci fa affermare sull’altro, lo spiega anche Schopenhauer ne “Il mio Oriente”. Pensiamo anche all’antica Roma e al Pomerio, il confine sacro a cui non si poteva accedere armati…

Marx ha scritto che ogni conflitto ideologico è la sovrastruttura di interessi economici, e Falcone ci ha insegnato che seguendo il denaro si scopre la verità; ebbene, lo scontro di civiltà copre interessi che poco hanno a che fare con il paradigma culturale. La guerra non è tra Occidente e Oriente o tra arabi e non, è sempre di tipo verticale, cioè tra chi detiene il potere economico e militare e chi lo subisce. Anche in Palestina sta accadendo questo.

Adorno e Horkheimer in “Dialettica dell’illuminismo” ci avevano avvertiti del fatto che l’illuminismo (che per i due autori iniziava con Omero!) ha solo coperto le barbarie di cui l’uomo è capace, raccontandosi della sua ragionevolezza, razionalità, civiltà ma è stata una forma di repressione e come tale non poteva durare a lungo.

Noi siamo figli di Prometeo, non ci siamo mai accontentati di quello che ci è stato concesso, non sappiamo da dove proveniamo e dove andiamo, ma vogliamo averne sempre di più e saperne oltre ogni limite. Prometeo è un archetipo dell’uomo. L’Occidente è prometeico a spese dei popoli che riescono a sottomettere. L’Occidente oggi non è più in grado di esercitare il suo dominio quasi assoluto e quindi si stanno mettendo in discussione valori e ridisegnando equilibri. sarà una transizione complessa e dolorosa. Se ne usciremo vivi. Tuttavia devo dire qualcosa che ai più non piacerà: siamo sicuri che l’istinto irrefrenabile alla prevaricazione sia esclusivo dell’Occidente e non sia insito in ogni essere umano? Se l’Occidente non fosse “dominante” nello scenario mondiale, ma si ritraesse o anche solo smettesse di aggredire altre civiltà e continenti, siamo sicuri che non sarebbero le altre civiltà ad aggredire l’Occidente? L’istinto aggressivo non è israeliano, non è occidentale e non è orientale, non è etnico, non è solo imperialista e non è solo nazista, non è comunista e non è fascista, è umano.  

Secondo la dottrina cristiana questa hybris è legata al peccato originale. Lei però è un profondo conoscitore dell’autore de “L’Anticristo”, del pensiero di Nietzsche, cosa pensa della guerra?

Per Nietzsche la guerra non solo è connaturata all’esistenza umana, ma discende dalla Volontà di Potenza, l’unica divinità a cui ogni cosa obbedisce e deve obbedire: l’uomo forte deve prevaricare il debole, così come il pesce grande mangia il piccolo. La guerra consente di stabilire la verità e l’ordine delle cose ossia chi è che deve dominare e chi sottomettersi. La Potenza ha il diritto ontologico e il dovere morale di sottomettere il più debole. Nietzsche odia l’ipocrisia e quindi direbbe che non abbiamo bisogno di fare nessuna guerra camuffandola da missione umanitaria. Il suo pensiero può essere considerato difensore del colonialismo. Secondo Nietzsche il cristianesimo ha voluto negare questa verità della vita e ha generato una fede malata e perversa che celebra la debolezza. A noi piace vedere Nietzsche come una figura eterodossa e sui generis in realtà è il più emblematico rappresentante del pensiero occidentale di supremazia. Forse è lui il vero ideologo dell’Occidente e non il Socrate che biasima, e che in qualche modo infatti si autocondanna.

Molti “comunisti” prendono a modello il pensiero di Nietzsche per le sue posizioni anticlericali, eppure il loro pensiero è molto più affine a quello del Cristo che si immola per gli ultimi, che a quello del filosofo. Un comunista dovrebbe sentirsi più vicino a Cristo che a Nietzsche, un gran bel corto circuito.

Credo che la deriva della sinistra sia cominciata quando la filosofia francese del Novecento divenuta dominante ha avuto la brillante trovata di integrare Marx e Nietzsche, come fatto da Michel Foucault. Sono i cattivi maestri dell’estremismo di sinistra da cui sono derivate le Brigate Rosse. Quei filosofi francesi teorizzavano l’uso della violenza per una meta splendida, la giustizia sociale. Un’integrazione indebita, intellettualmente insostenibile che ha anche contribuito fortemente a causare l’implosione della sinistra stessa. Foucault, icona del pensiero progressista di una nuova sinistra oltre il totalitarismo sovietico teorizzava la violenza. Non è un caso che venga osannato dalla lobby LGBT e dagli ideologi della Woke e del politicamente corretto, che oggi arrivano non solo a censurare opere artistiche e del pensiero, ma si spingono anche a cancellare la realtà della natura che un filosofo ma anche uno scienziato non può ignorare: finora, biologicamente, sulla terra ci sono due generi sessuali, maschile e femminile. Non è accidentale che si ispirino a Nietzsche, il quale diceva che non esiste una verità ma solo interpretazioni: la realtà viene rimossa perché si liquida il principio di realtà per il principio di piacere, ma la psicanalisi di ieri e di oggi ci insegna che non è mai una buona idea. Solo un atto di violenza può ammettere di distruggere la realtà perché non asseconda le proprie preferenze.

A proposito di rimozione. Nel toccante carteggio tra Einstein, scopritore delle profondità dello spazio, e Freud, il primo domandava allo scopritore dell’inconscio, il perché della guerra. Perché l’uomo non la smetteva dopo secoli in cui sperimentava l’orrore bellico? Freud rispondeva non è possibile evitare la guerra perché l’uomo è costituito da impulso di vita e di morte, da una forza distruttiva e ostile e una costruttiva e collaborativa. 

Freud dichiarò di aver letto le prime opere di Nietzsche, ma di aver dovuto interrompere perché il pensiero del filosofo lo turbava e lo condizionava profondamente; si trovava così in accordo con le idee di Nietzsche che temeva la sua influenza, rischiava di diventare un suo replicante. Freud è colui che in termini psicanalitici ha sistematizzato e reso coerente e razionale la filosofia del tedesco. Ha compiuto il prodigio di ordinare il suo pensiero senza spostare una virgola. Siamo cresciuti con l’idea che i pensatori che ci mostrano il lato oscuro delle cose -o anche solo che lo ipotizzano- siano da censurare, ma questo produce effetti ancora più nefasti: torniamo al processo di rimozione, al rifiuto di vedere, foriero di cose ben peggiori che emergono senza controllo quando non portiamo alla luce ciò che ci scandalizza.

Anche Jung spiegava che le zone in ombra sono pericolose finché restano tali; non è tanto la zona al buio il problema, ma la nostra paura che si ostina a volerla mantenere nell’oscurità.

Certo, altroché. Ognuno di noi non vuole vedere il proprio male e l’Occidente non vuole vedere il proprio delitto. Freud diceva che i personaggi dei nostri sogni siamo sempre noi. Chiamiamo il brutto sogno “incubo” perché vorremmo allontanarlo, gli abbiamo dato un altro nome perché vorremmo fosse l’attacco di agenti esterni, ma quei persecutori e carnefici siamo sempre noi stessi. Sono le parti di noi che tendiamo a nascondere.

Il male, qualsiasi cosa significhi, resta un dilemma: se non lo si porta a coscienza emerge nei modi peggiori, ma se lo si guarda negli occhi come ha fatto Nietzsche si finisce per impazzire. E allora che fare?

Che fare non so. Ma chi può dire che invece non siamo anche noi tutti pazzi?

Giulia Bertotto

Giulia Bertotto

Giulia Bertotto, giornalista per diverse testate online, è laureata in Filosofia a La Sapienza di Roma e ha un master in Consulenza Filosofica e Antropologia Esistenziale, ha scritto due raccolte poetiche, un saggio, e partecipato alla stesura di diversi volumi con altri autori. Svolge e stravolge interviste, recensioni di film e libri, cronache da eventi e proteste. Articoli per sopportare il mondo, versi e rime per evaderlo.

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