Lo storico Israeliano Ilan Pappé: la fine del sionismo non sarà un percorso semplice

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Lo storico Israeliano Ilan Pappé: la fine del sionismo non sarà un percorso semplice

 

Lo storico israeliano Ilan Pappé in un’intervista rilasciata al quotidiano Il Manifesto delinea la fine del sionismo e delle colonizzazioni, così come quella della Palestina.

Secondo lo storico, “la storia insegna che la decolonizzazione non è un processo semplice per il colonizzatore. Perde i suoi privilegi, deve ridare indietro le terre occupate, rinunciare all’idea di uno Stato-nazione mono-etnico. I pacifisti israeliani pensano di svegliarsi un giorno in un paese eguale e democratico. Non sarà così semplice, i processi di decolonizzazione sono dolorosi: la pace inizia quando il colonizzatore accetta di stravolgere le proprie istituzioni, la costituzione, le leggi, la distribuzione delle risorse. Il giorno in cui finirà la colonizzazione della Palestina, alcuni israeliani preferiranno andarsene, altri resteranno in un territorio libero in cui non sono più i carcerieri di nessuno. Prima gli israeliani lo capiranno e meno questo processo sarà sanguinoso. In ogni caso la storia è sempre dalla parte degli oppressi, ogni colonialismo è destinato è finire.”

In merito a quali saranno gli scenari futuri e la soluzione politica per Israele dopo il 7 ottobre, giorno dell’operazione militare di Hamas, Pappé li ha tracciati in questo modo:

“Ci vorrà tempo. L’immediato futuro sarà segnato da odio e senso di vendetta. Sarà difficile parlare di soluzione che sia a due stati o a uno. Sul lungo periodo è invece possibile che Israele capisca che i palestinesi non se ne andranno da nessuna parte e non resteranno in silenzio, qualsiasi cosa Tel Aviv faccia. Molto dipenderà da Europa e Stati uniti: se continueranno a non fare pressioni, sarà difficile che le voci più ragionevoli in Israele siano ascoltate. Non basta la società civile, serve che i decisori politici cambino. Questo tipo di processi richiede tempo ma è possibile che da questa orrenda tragedia nasca qualcosa di positivo. Dipenderà anche dai palestinesi, se riusciranno a unirsi, se l’Olp rinascerà. Ci sono differenze anche tra di loro: chi vive in Cisgiordania vuole vedere la fine dell’occupazione e dell’oppressione, pensa di meno allo stato unico. Chi vive dentro Israele, invece, lo desidera, così come i rifugiati in diaspora per cui lo stato unico significherebbe il ritorno.”

Inoltre, lo storico spiega quale sarà nello scenario globale il futuro della causa palestinese dopo la grande solidarietà ricevuta a livello mondiale in seguito alla brutale reazione di Israele a Gaza:

“Stiamo assistendo a un processo di globalizzazione della Palestina, una Palestina globale che è composta di società civili, cittadinanze, movimenti diversi come quelli indigeni, Black Lives Matter, i femminismi, ovvero tutti i movimenti anti-coloniali che magari conoscono poco della questione palestinese ma che sanno bene cosa significa oppressione.” Secondo Pappé “questa Palestina globale deve sapersi opporre all’Israele globale, che invece è fatto di governi occidentali e industria militare. Come si fa? Collegando in una rete le lotte alle ingiustizie in giro per il mondo. Qui in Italia significa combattere il razzismo.”

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