Le ragioni storiche del rastrellamento in corso a Gaza

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Le ragioni storiche del rastrellamento in corso a Gaza

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di Michelangelo Severgnini

 

Se un tempo c’era la storia degli aggressori e degli aggrediti, da quasi due giorni siamo passati al livello successivo.

Da una parte i rastrellatori e dall’altra i rastrellati.

Perché di questo stiamo parlando.

Se bombardare per 3 settimane di fila oltre due milioni di civili perché ritenuti ingiustamente colpevoli dell’operazione militare di Hamas è rappresaglia, andare a scovare militari casa per casa passando sopra i civili è rastrellamento.

Non so se queste parole vi risuonino. Non so se risuonino a chi sta gestendo questa azione militare per conto di Israele. Non so se risuonino a qualcuno nelle redazioni dei giornali italiani.

Ma anche i partigiani italiani si nascosero tra la popolazione civile e ebbero da questa tutta la copertura necessaria durante la seconda guerra mondiale in Italia.

Anche allora i generali nazi-fascisti decisero di spazzare via quelle comunità di civili che davano nascondiglio alle formazioni partigiane. Chiamammo quelle operazioni “rastrellamenti”.

I partigiani non erano terroristi, erano partigiani, dicevamo.

Almeno, così li abbiamo chiamati.

Cos’è che non quadra dunque in questa storia? Perché i termini sono ferocemente stati rimossi oggi?

Lo dico in modo solenne: chi ha condannato Hamas e chi pretende da qualcun altro che Hamas sia condannato, sta esponendo la popolazione di Gaza a ciò che sta succedendo. 

Lo dico agli allegri giovinetti della sinistra che condannano Israele, ma anche Hamas. 

Lo dico a chi per condannare Israele ha bisogno che sia condannato anche Hamas. 

Lo dico a chi considera terrorismo Hamas e eccesso di legittima difesa Israele.

Hamas è un residuato bellico.

Hamas si impose nella striscia di Gaza nelle elezioni del 2006. Allora si era in pieno nella stagione della “guerra al terrore” di Bush. L’islamismo armato era il pericolo numero uno per l’agenda americana e Hamas era facilmente assimilabile a tutte le altre formazioni che in quegli anni furoreggiavano nel Medio Oriente, a cominciare da Al Qaeda e tutte le altre sigle impegnate nella resistenza irachena e altri fronti.

Quando Hamas vince le elezioni, viene pertanto immediatamente inserito nella lista delle formazioni terroristiche mondiali dall’amministrazione Bush con tutto il suo stuolo di servi e paggetti, e da Israele naturalmente. In questo modo si abbassava la saracinesca su ogni possibilità di dialogo. I Palestinesi tutti la presero malissimo: “dunque, prima ci chiedete di essere democratici, poi quando andiamo a votare non vi piace l’esito delle nostre scelte: ma che democrazia è questa?”. 

Se da un lato dal 2006 i Palestinesi di Gaza non sono mai stati così soli sul piano internazionale, dall’altro da allora si sono compattati sempre di più sulla linea di Hamas, perché giusta o sbagliata questa era stata la loro scelta democratica e l’Occidente l’aveva respinta con sprezzo.

Una voce in Occidente e negli USA allora si levò contro questa sciagurata decisione: George Soros!

E vi spiego perché. Alla fine del 2007, come ho più volte raccontato, venni invitato a New York a proiettare il mio film documentario “Isti’mariyah -  controvento tra Napoli e Baghdad” (guarda il film: https://rumble.com/v3ovruz-istimariyah-controvento-tra-napoli-e-baghdad.html) da un film festival sponsorizzato dalla Open Society Foundation. 

Come ho già avuto modo di raccontare, in quell’occasione mi mostrarono informalmente l’agenda estera per il Medio Oriente della Open Society per gli anni a venire.

Tutta l’area andava rivoltata come un calzino e la Fratellanza Musulmana sarebbe stato l’agente che avrebbe reso possibili queste trasformazioni sul campo occupandosi di coltivare la mobilitazione della gente.

A quel punto la Fratellanza Musulmana avrebbe garantito un’aderenza più fedele rispetto a quanto andavano garantendo in quegli anni i vari pupazzi ormai screditati al potere in nord Africa.

Questo piano era stato preparato negli anni precedenti, prima del 2006, quindi quando Hamas vinse le elezioni fu una buona notizia per Soros, sennonché Bush e Israele non ne vollero sapere: Hamas è una formazione terroristica e noi non ci dialoghiamo.

Soros inveì contro questa decisione, la prese malissimo, mise in guardia da ciò che questo avrebbe comportato.

Poi venne il 2011 e la Fratellanza Musulmana andò al potere in Tunisia, Libia (militarmente) ed Egitto.

Ormai Bush aveva lasciato il posto ad Obama, il quale, avendo potuto contare su un cospicuo aiuto economico della Open Society per la sua campagna elettorale, non potè far altro che accogliere l’agenda della stessa e sostenere le azioni e le rivolte nel paesi arabi.

Ma Hamas, che era una formazione sorella di coloro che avevano preso il potere in Tunisia, Libia ed Egitto, e che per noi erano degli eroi, rimase formazione terroristica per l’Occidente.

Israele non ne voleva sapere: Hamas rimane una formazione terroristica.

Ma così si chiude il dialogo! 

“Esatto!!!”, la risposta compiaciuta delle autorità israeliane che hanno visto in Hamas il pretesto per chiudere il dialogo, evitare concessioni e poter usare una sola politica a loro gradita, quella del martello e dei crimini contro l’umanità.

Poi è passato un altro decennio.

Putin ha invertito la rotta del vento in Medio Oriente. Salvando Erdogan dal colpo di Stato, ottenne da questi che il presidente siriano Assad rimanesse al suo posto.

Con la cacciata della Fratellanza Musulmana in Egitto (2015) e Tunisia (2020) e con i residui del movimento abbarbicati a Tripoli, con il resto della Libia che vorrebbe mettergli le mani addosso, diciamo che il movimento ha subito delle variazioni negli ultimi anni.

Se Hamas è stato fondato nel 1986, il movimento della Fratellanza Musulmana fu fondato addirittura nel 1928.

Soros mise gli occhi sulla Fratellanza già negli anni ’90 (celebre la sua foto con un giovanissimo Erdogan ancora sconosciuto) e tra i due nacque un patto.

Ma cosa sia rimasto di quel patto, non è chiaro.

Nel 2017 accade una cosa che qui in Occidente ci siamo persi un po’ tutti: Hamas ufficialmente lascia la Fratellanza Musulmana.

La Fratellanza stessa forse non è più quella cosa come 10-15 anni prima.

Lasciato Soros ora si guarda intorno. 

Prendere il potere sulla spinta del sostegno occidentale non ha funzionato, anche perché Israele non ne ha voluto sapere.

Allora negli ultimi anni, dal 2017 in poi, Hamas ha spostato l’asse verso l’Iran.

Dietro all’operazione “Al Aqsa Flood” ci sta l’Iran, come ha ben capito sin dalle prima ore Israele.

E chi ha parlato di “false flag” o di operazione pianificata con Israele non ha capito nulla, temo.

Come abbiamo lasciato ripetere per giorni e giorni ai Palestinesi a Gaza con cui sono in contatto, l’operazione ha colto Israele di sorpresa e ne ha provocato una reazione violenta, ma scomposta.

Chi ha condannato Hamas in queste settimane non ha capito che Hamas oggi è il frutto più genuino della Resistenza palestinese, perché è quel messaggio di irredentismo irriducibile che il popolo palestinese mandò a Bush nel 2006 e che nessuno ha da lì in poi saputo prendere in considerazione.

Ora la sinistra sorosiana europea si schiera contro Israele, lo condanna, scende in piazza, i suoi paggetti fingono scandalo e disertano iniziative culturali dove Israele è ospite.

Beh, un po’ tardino, direi.

Soros e i suoi paggetti sono inferociti: “avete visto, ci siamo fatti sfuggire Hamas, io lo potevo controllare, invece voi considerandolo una formazione terroristica l’avete spinto verso l’Iran, adesso chi lo controlla più?”.

E così Soros, ebreo, si scaglia contro Israele e in particolare contro questa amministrazione.

I suoi paggetti europei gli vanno dietro, ma è una dinamica interna al mondo ebraico-israeliano.

Se Soros e paggetti condannano Israele, condannano questo Israele. E condannano certamente anche Hamas.

Questa sinistra eterodiretta dagli USA, questi organismi politicamente modificati, che condannano Israele ma anche Hamas (“altrimenti noi non veniamo”) non fanno gli interessi dei Palestinesi, sono contro le ragioni stesse della Resistenza palestinese, sono solo contrari a questa amministrazione israeliana e quindi ti vengono a spiegare che Hamas è una cosa e il popolo palestinese che soffre a Gaza è un’altra cosa.

No signori, i Palestinesi si sono espressi chiaramente in queste settimane e voi non li avete ascoltati, così come ormai da molto tempo.

Sia sigle storiche della resistenza palestinese quali il FPLP (il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina), sia tutti i Palestinesi a Gaza con cui sono in contatto lo hanno detto chiaro: “Hamas fa parte della resistenza palestinese, non è un corpo estraneo, e noi siamo tutti con la resistenza, piuttosto moriamo qui a Gaza ma non lasceremo le nostre case”.

E allora la sintesi è questa: chi condanna Hamas oggi condanna tutta la resistenza palestinese e finanche le ragioni stesse del concetto di Resistenza.

Chi condanna Hamas oggi è il solito paggetto servo della visione degli oppressori.

In questi ultimi giorni ho parlato a lungo con i miei contatti a Gaza, anche se non ho pubblicato fin qui i loro messaggi per motivi di sicurezza.

Ma due cose ripetevano chiare: noi non ce ne andiamo e Israele non invaderà la striscia, non se lo possono permettere militarmente e diplomaticamente.

Sulla seconda hanno avuto torto.

Israele ci ha provato, a costo di mettere a repentaglio la sua stessa esistenza, perché sta reagendo in maniera scomposta e i Palestinesi stanno speculando su questa dinamica.

Come sappiamo le connessioni internet con Gaza sono state spente al momento dell’invasione. Ma questa mattina per qualche ora sono tornate.

Il tempo per risentirmi con i Palestinesi a Gaza con cui sono in contatto:

 

<< - [29/10, 05:09] Ci hanno provato, ma non sembra che abbiano ottenuto nulla.

  • Oh caro, sono così felice di sentirti. Quindi, hanno cercato di entrare e hanno trovato la resistenza di Hamas…>>.

Togliamoci le maschere: chi condanna Hamas condanna la resistenza e fa il gioco di Israele, fa il gioco di tutti coloro che dal 2006 a oggi hanno respinto la volontà popolare palestinese in nome della lotta al terrorismo. 

Chi condanna oggi Hamas vuole mettere sullo stesso piano oppressori e oppressi, vuole solo un cambio di governo a Tel Aviv, non la fine dell’occupazione.

Chi condanna Hamas non vuole la pace, tantomeno la giustizia.

Vedi “Fuori e dentro la Fiera di Torino”, un servizio che realizzai nel 2008 in occasione del boicottaggio alla Fiera che invitava Israele come ospite d’onore. 15 anni fa, quando Hamas era al potere da solo 2 anni: https://www.youtube.com/watch?v=hL66oNnPuoo

Il rastrellamento in corso è cominciato allora ed è continuato nei silenzi e nell’indifferenza che sono seguiti.

Michelangelo Severgnini

Michelangelo Severgnini

Regista indipendente, esperto di Medioriente e Nord Africa, musicista. Ha vissuto per un decennio a Istanbul. Ora dalle sponde siciliane anima il progetto "Exodus" in contatto con centinaia di persone in Libia. Di prossima uscita il film "L'Urlo"

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