La genesi della "riforma Bindi": come la sinistra ha aperto la porta della sinistra al privato

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La genesi della "riforma Bindi": come la sinistra ha aperto la porta della sinistra al privato


E' con grande entusiasmo che l'AntiDiplomatico annuncia la nascita del blog dei registi Federico Greco e  Mirko Melchiorre, in concomitanza con l'uscita del loro attesissimo nuovo film "C'era una volta in Italia: Giacarta sta arrivando".

Di seguito il loro secondo articolo.



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di Federico Greco e Mirko Melchiorre


Come potete immaginare, per riuscire a stare dentro i 100 minuti di durata del film e riuscire a tenere in equilibrio la storia e le argomentazioni abbiamo dovuto escludere molte cose (interviste, personaggi) in certi casi – se prese da sole – altrettanto o più interessanti di quelle montate.

Durante l’intervista con Ivan Cavicchi, direttore di Farmindustria all’epoca in cui Rosy Bindi era Ministro della sanità (1999), abbiamo approfondito alcuni passaggi della progressiva privatizzazione della sanità e le responsabilità della sinistra.

Cavicchi da sempre si occupa di politiche sanitarie e di problemi filosofici della medicina. È stato responsabile della sanità della Cgil nazionale. Durante il primo governo Prodi, per riparare il disastro dello scandalo Poggiolini, fu chiamato a dirigere Farmindustria. In seguito si è dedicato alla supervisione di importanti progetti di riorganizzazione dei sistemi sanitari. Con il secondo governo Prodi è stato “consigliere scomodo”, un rompiscatole che non condivideva le politiche sanitarie del ministro del tempo. Tiene un blog su Il Fatto Quotidiano.

Tra i suoi libri più famosi: “La Sinistra e la sanità. Dalla Bindi a Speranza e in mezzo una pandemia” (Castelvecchi 2021), “La scienza impareggiabile. Medicina, medici, malati” (Castelvecchi 2022).

Durante il lungo processo di smantellamento del nostro SSN, il segno più vistoso è stato il mutamento di strategia della Corte costituzionale, che fino ad allora aveva sempre sostenuto l'intangibilità del diritto alla salute. Ma nel tempo, in seguito a tutte le pressioni dell’Ue e alle pressioni sull’applicazione delle politiche di austerità, la Corte costituzionale iniziò a diventare più flessibile e ammise per la prima volta la possibilità di rendere i diritti relativi rispetto alla disponibilità delle risorse. In quegli anni c'era un forte dibattito: qualcuno sosteneva che fosse a causa dei diritti che l'economia andava male. Quindi c'era tutto un filone politico che veniva definito della rinegoziazione dei diritti, che era ovviamente pretestuoso.

La Corte però non intervenne a gamba tesa: accettò l'idea di un diritto più flessibile e parlò di contemperamento tra diritti e risorse. Introdusse un paio di criteri importanti, ma che sono rimasti sulla carta, perché del tutto ingestibili. Il primo criterio era: quando dovete decidere i rapporti tra diritti e risorse, voi dovete garantire il nucleo essenziale del diritto. Però questo nucleo essenziale nessuno l'ha mai definito, per cui si andava avanti alla giornata. Un'altra cosa che diceva la Corte è che bisognava comunque bilanciare i diritti con le risorse, quindi la Corte interviene, accetta l'idea di un condizionamento, ma nello stesso tempo mantiene una flessibilità interpretativa.

Cominciarono le sentenze: dagli anni ‘90 in poi abbiamo un mucchio di sentenze. E alla fine il risultato finale fu che anche la Corte costituzionale stabilì la subordinazione dell'etica all'economia.

La riforma Bindi è del 1999. Ricordo perfettamente, perché a quel tempo ero in prima linea (avevo rapporti con la Bindi, con i sindacati), che nacque da una preoccupazione politica condivisibile perché nel 99 si vedevano già le degenerazioni dell’aziendalismo, i tagli... Perciò all'inizio la 229, la legge della Bindi, nacque come riaffermazione del valore del pubblico, contro le degenerazioni dell’aziendalismo. Direi che si trattò di una riforma fatta da tutto l'arco della sinistra, e in modo particolare da alcune regioni. Nella legge della Bindi c’era per esempio la mano dell’Emilia-Romagna. Una mano molto forte, molto pesante. C'era la mano del sindacato….

Quindi era una legge che in qualche modo traduceva quello che allora era il senso comune dalla sinistra in tema sanitario.

Io rammento di aver letto la versione originale della legge, quella scritta dalla Bindi e da Balduzzi che era allora il responsabile dell'ufficio legale, che era molto diversa da quella che è uscita fuori. Quella che è uscita fuori è stata - come dire - un po' mediata, è stato un po' il frutto di un compromesso. È molto mediata dai problemi amministrativi delle regioni. Le regioni, questo è un aspetto che nessuno ha mai approfondito, hanno avuto sempre un ruolo molto importante sulle politiche sanitarie nazionali. La riforma del ’92 per esempio è stata anticipata dall’Emilia-Romagna. L’Emilia-Romagna ha fatto le Aziende Sanitarie prima dalla legge.

Quindi le Regioni avevano più di ogni altra cosa l'assillo dell'amministrazione, della parità di bilancio, e quindi imponevano i loro problemi. Volevano rimediare soldi, essere finanziate, perché dovevano sostenere il volume di servizi che in alcune regioni come l’Emilia-Romagna erano notevoli.

Insomma quella che doveva essere un freno alla degenerazione del pubblico diventò in realtà un'apertura al privato. Infatti fu una legge creò il terreno per quello che poi diventerà il Welfare aziendale, quella concezione che gli americani chiamano Welfare on demand. Un altro aspetto di questa legge, che nessuno esamina mai ma che è di un'importanza straordinaria, è che fu introdotto l'obbligo del rispetto, dell'evidenza, e l'obbligo dell'appropriatezza. Siamo nel ‘99, e già allora l'evidenza scientifica era considerata una specie di verità scolpita nel bronzo. L'obbligo di appropriatezza alla fine era un'idea economicista anche quella, perché alla fine l’appropriatezza si riduceva ad una cosa molto semplice: se tu hai due farmaci con un principio analogo devi prescrivere quello che costa meno. Quindi era un'idea di economicità. Questo ha avuto degli effetti disastrosi sulla qualità dell'assistenza sanitaria, e chi ha pagato il prezzo sono stati i malati, perché i malati venivano curati con regole che non erano adeguate alle loro complessità cliniche.

Arriviamo agli anni ’10. Innanzitutto, con Monti si inaugurano i famosi i tagli lineari, cioè sono tagli decisi a Roma, decisi a Palazzo Chigi e imposti. Quando dopo Monti è arrivato il governo Renzi i tagli lineari sono stati superati da quello che si chiama il definanziamento progressivo. Forse ricorderete che Renzi ha sempre detto che lui non ha mai tolto soldi alla sanità, che li ha sempre aumentati. E non aveva torto. Il problema è che ha dimenticato di dire che non aumentava mai in ragione del fabbisogno, aumentava solo un poco, in modo simbolico. In questo modo la sanità perdeva ogni anno soldi pur essendo un pochino rifinanziata, questo è il trucco. L'obiettivo di Renzi era molto chiaro, Renzi non mai fatto misteri di questo obiettivo: lui voleva ridurre come diceva l'Europa l'incidenza della spesa sanitaria pubblica in rapporto al PIL e voleva ridurre nel giro di pochi anni l'incidenza di un punto, un punto e mezzo. Quindi la sinistra rispetto a questa roba non è che ha avuto idee particolari, ha preso altre strade, ha messo mani alle riforme, ha ridotto i costi, ha riorganizzato le diseconomie, niente di tutto questo. Si è limitata a tagliare un po' di più o un po' di meno, ma sempre accettando la subalternità al discorso della compatibilità.

Voglio aggiungere una cosa tornando un po' alla Corte costituzionale. La Corte all'inizio degli anni ‘90 accettò l'idea che il diritto fosse condizionabile, ma la Corte non diceva che il diritto fosse subordinabile, diceva che puoi fare qualcosa per metterti d'accordo. L’errore della sinistra in tutti questi anni è di aver tradotto il concetto di condizionabile con subordinabile.

La sinistra ha accettato di subordinare il diritto alla salute ai limiti finanziari.

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Prossime proiezioni del film a DICEMBRE

 

MERCOLEDI’ 14, ore 20.30 – CINEFORUM VIDEODROME, BOLZANO (con il regista)

VENERDI’ 16, ore 19.30 e 21.30 – PICCOLO, MATERA (con i registi e il cast) DOMENICA 18, ore 11.00 – QUATTRO FONTANE, ROMA (con i registi)

LUNEDI’ 19, ore 21.30 – GREENWICH, ROMA (con il regista) LUNEDI’ 19, ore 21.00 – NAZIONALE, TORINO (con il regista)

MARTEDI’ 20, ore 21.30 – GREENWICH, ROMA (con Nicoletta Dentico e il regista)

MARTEDI’ 20, ore 20.30 – STENSEN, FIRENZE (con Gavino Maciocco, Marco Geddes da Filicaia e il regista

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