La deriva degli Stati Uniti sempre più a destra

La deriva degli Stati Uniti sempre più a destra

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Negli Stati Uniti la deriva politica verso destra continua. È uno slittamento iniziato quarant’anni fa e che non si è mai fermato; anche le vittorie democratiche di Clinton, Obama e Biden sono state effimere, un po’ perché parziali (il congresso e la netta maggioranza degli stati sono restati in mano ai repubblicani, la corte suprema è sotto il loro totale controllo) e soprattutto perché ottenute al prezzo di decise sterzate a destra. Giustamente Robert Reich, uno dei più lucidi politologi ed economisti americani, ha notato che se oggi viene considerato di estrema sinistra dipende dal fatto di essere restato sulle posizioni molto moderate che aveva negli anni settanta. Tutto il mondo è andato nella stessa direzione, a cominciare dall'Italia. Purtroppo non perché la destra sia conservatrice, come continua a essere definita da giornalisti mediocri e corrotti e dagli intellettuali più codardi della Storia. Al contrario, non vuole conservare assolutamente nulla e la ragione per cui vince è che ha fatto del consumismo irresponsabile e “libero”, ossia senza limiti, la sua bandiera.
 
Era inevitabile che la gente, in mancanza di ideali, fede, cultura e radici, si adagiasse nel più becero individualismo e nella ricerca del piacere immediato, in gran parte realizzato trasformando i prodotti e le esperienze imposte dalla pubblicità in bisogni, e poi soddisfacendoli comprando compulsivamente. Ora, dopo decenni di edonismo e di abitudine allo spreco (sono la stessa cosa), è difficile tornare indietro e rinunciare ai viaggi facili, per turismo e per “lavoro”, alle tecnologie di moda, alla fiera delle vanità che è diventato il Natale, all’automobile personale (figli diciottenni inclusi), al bagno privato (un appartamento che ne abbia uno solo è da poveracci), all’aria condizionata centralizzata e al riscaldamento a pavimento. Quelli che fino a mezzo secolo fa erano dei privilegi e dei lussi sono diventati dei diritti e l’indisponibilità a fare sacrifici e a comportarsi in modo disciplinato e rigoroso sono probabilmente le caratteristiche salienti della nostra epoca.
 
Vi pare una conquista? Immagino allora che non vi siate insospettiti neanche un po’ per l’improvvisa scomparsa del servizio militare, in quasi tutto l’occidente e in perfetta coincidenza con il trionfo del neocapitalismo selvaggio. Ho detestato la leva e non mi ha insegnato nulla: eccetto una cosa, per il solo fatto che fosse obbligatoria: e cioè che si hanno anche dei doveri sociali sgraditi in quanto limitano pesantemente e arbitrariamente la nostra libertà individuale, e tuttavia vanno accettati lo stesso. Identica cosa per la morale e per le buone maniere, importanti inibitori delle tensioni sociali e soprattutto necessari dispositivi disciplinanti e autodisciplinanti.
 
La tattica del liberismo è quella della terra bruciata: in poco tempo ha distrutto legami sociali, norme morali e tradizioni culturali vecchie di secoli. Arduo ripristinarle: ci vorrebbero secoli e, figuriamoci, la gente si è assuefatta all’obsolescenza programmata e se una cosa non si rompe da sola la butta via lo stesso: la pazienza e la fortezza sono diventate parole e virtù desuete se non incomprensibili. Questo ha fatto la destra, questa nuova destra libertaria e liberista: ha sdoganato l’egoismo e ha incoraggiato la superficialità. Grazie all’aiuto di una “new left” (da dire in inglese perché ispirata da inglesi e americani) avventurista e incompetente: le spallate decisive alle vecchie strutture conservatrici e moralistiche, di destra e di sinistra, le hanno date i sessantottini, gli hippie, i radicali, i liberal, i terzomondisti, i woke; ma ad approfittarne sono stati i ricchi, le loro multinazionali, i loro media, le loro celebrity.
 
Il problema è che dall’individualismo non si esce; neppure quando ci si renda conto che ci sta portando alla catastrofe. Persino Dio, quando si accorse che l’umanità era diventata malvagia, non ci provò neppure a redimerla e preferì annientarla con il Diluvio. E allora? Un nuovo Diluvio sta per arrivare e la destra continua a vincere perché si limita a negarlo, e in tanti (anche a sinistra) preferiscono le illusioni alla responsabilità: per cui il Covid è una montatura, il cambiamento climatico un complotto, Greta Thunberg e il papa due esaltati, gli scienziati dei servi delle banche; è così più facile mettere la testa nella sabbia o ancor meglio nello smartphone e continuare a vivere come prima, senza rinunce, senza disciplina, appiattiti sul presente.
 
Non mi consola la possibilità che anche questa volta possano salvarsi un Noè e la sua arca, neppure se riuscissi a salirci anch’io. Non mi interessa sopravvivere al mio mondo e al mio passato, come invece vogliono fare i ricchi solipsisti americani che si costruiscono bunker in Nuova Zelanda o finanziano l’esplorazione di Marte. Preferirei che ci salvassimo in molti, in particolare le persone di buona volontà e capaci di memoria storica, che malgrado tutto sono ancora la maggioranza. Però devono scuotersi. Beata la terra che non ha bisogno di eroi, dice il Galileo di Brecht. Non sono d’accordo: penso che l’impegno, il coraggio e l’abnegazione siano valori fisiologici, necessari anche in tempi propizi per non abbassare la guardia, come è accaduto dagli anni ottanta in poi. In ogni caso oggi non possiamo permetterci di farne a meno: o emergono molti eroi, capaci di riconoscersi e di organizzarsi e disposti a lottare e sacrificarsi, oppure siamo tutti perduti, i vigliacchi e gli indifferenti inclusi.

Francesco Erspamer

Francesco Erspamer

 

Professore di studi italiani e romanzi a Harvard; in precedenza ha insegnato alla II Università di Roma e alla New York University, e come visiting professor alla Arizona State University, alla University of Toronto, a UCLA, a Johns Hopkins e a McGill

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