Il massacro in Georgia e la retorica (insopportabile) dei neoliberisti
di Francesco Erspamer
La retorica dei neoliberisti è pura ipocrisia. Quella di Biden, per esempio, dopo che un quattordicenne ha ammazzato due compagni e due professori in una scuola dello stato della Georgia (la 385a sparatoria del 2024 con almeno quattro morti o feriti). Ogni anno negli Stati Uniti pistole e fucili troppo accessibili fanno migliaia di vittime ma dietro c’è un malessere diffuso, profondo, che genera sociopatie e imbecillità; parlo della sistematica e intenzionale distruzione del senso di appartenenza e dei legami comunitari in nome del mito dell’individualismo e della sua voluta conseguenza, il consumismo compulsivo di prodotti, abitudini e idee (la moda, il nuovo), ad arricchire smodatamente non solo l’industria delle armi ma anche e soprattutto quelle delle tecnologie fini a sé stesse e dell’intrattenimento solitario o comunque asociale, drogato.
In tale situazione Biden, come del resto qualsiasi altro piddino, si è limitato ad accusare i venditori di armi biasimandoli per l’epidemia di violenza che «continua a lacerare le nostre comunità».
Ma quali comunità. Non ci sono più comunità in America, solo «community» temporanee se non virtuali (su CNN proprio ieri veniva data evidenza alle scuse di una a me sconosciuta olimpionica nei confronti della «breakdance community»), aggregazioni prive di radici in uno specifico territorio del quale avere cura e nel quale costruire, nel tempo, rapporti, affetti, costumi, tradizioni: tutto cancellato in nome del culto della mobilità che i liberisti di destra alla Meloni e i liberal di sinistra alla Schlein stanno diffondendo anche in Italia.
Il fatto è che una comunità comporta limiti alle libertà private, dunque alle condizioni necessarie e sufficienti del neocapitalismo: essere parte di una vera comunità (non di una «community») non significa solo negare in nome del bene comune l'immaginario diritto di andare in giro armati ma anche parecchi altri diritti cari al neocapitalismo e perciò considerati «universali» e «umani», a cominciare dalla presunta libertà di rifiutare qualsiasi morale e cultura condivisa, qualsiasi dovere pubblico, che ostacolino la realizzazione ed espressione di sé stessi.
Comunità o individuo, tocca scegliere. Nessuno può servire a due padroni.