Il generale Dalla, la resistenza siriana e gli aiuti esterni

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Il generale Dalla, la resistenza siriana e gli aiuti esterni

 

di Leonardo Sinigaglia per l'AntiDiplomatico

Dopo tre mesi di violenze settarie, la popolazione alawita della costa siriana è finalmente insorta contro il regime estremista di al-Julani e le sue bande di criminali.

A partire dalla caduta di Bashar al-Assad, gli alawiti sono stati sottoposti ad attacchi feroci, con stragi, rapimenti, saccheggi e devastazioni che nelle ultime settimane erano ormai diventate un fenomeno quotidiano. Le parole e i nuovi completi formali di al-Julani possono aver conquistato i media occidentali, ma all’atto pratico le sue milizie hanno mantenuto la stessa indole e le stesse modalità d’azione che le hanno sempre caratterizzate sin dai tempi dei servizi prestati ad al-Qaeda e Daesh.

La costa, dove peraltro si trovano le basi russe di Khmeimim e Tartus, è stata sin dal dicembre scorso il principale focolaio di attività ribelle. Proprio tra Lattakia, Tartous e la zona montagnosa al confine col Libano sono nate formazioni come la brigata ‘Scudo della costa’, guidata da Muqdad Fatiha, ufficiale della 25a divisione dell’Esercito Arabo Siriano, o i “Leoni della Montagna”, comandati da Bassam Hussam ad-Din prime del suo martirio in combattimento contro i banditi di al-Julani. Negli scorsi mesi sono state numerose le azioni di guerriglia portate avanti dalle forze siriane, con l’eliminazione di ufficiali terroristi e di pattuglie nemiche, azioni che si sono intensificate particolarmente nelle ultime due settimane.

Nella giornata di ieri, 6 marzo, le forze della resistenza hanno attaccato alcuni avamposti dei terroristi a Latakia, Jableh e Tartous, mentre nelle stesse città in migliaia sono scesi in piazza contro le violenze settarie praticate dalle milizie di al-Julani. HTS ha risposto facendo fuoco sulla folla e attaccando i quartieri alawiti con un elicottero Mi-24, primo caso di impiego di velivoli da parte dei terroristi da quando si sono insediati a Damasco. Per l’ennesima volta i terroristi pensavano che la violenza dimostrativa avrebbe silenziato il dissenso, ma questa volta ciò non si è rivelato sufficiente. Le manifestazioni non solo non si sono disperse, ma sono aumentate in intensità e forza, arrivando ad assediare e occupare edifici governativi. Gli uomini di al-Julani hanno risposto facendo fuoco ad altezza d’uomo sulla folla, provocando numerosi morti. E’ ironico vedere come i “liberatori della Siria” stiano commettendo proprio gli stessi crimini di cui dal 2011 hanno accusato il presidente Assad!

Gli scontri si sono intensificati, con la cattura, pare confermata, da parte dei ribelli di diversi importanti snodi autostradali, dell’Accademia Navale di Lattakia, della base aerea di Istamo e delle postazioni d’artiglieria sul monte Nabi Yunis, cima più alta della regione.

Colto alla sprovvista, il regime di al-Julani ha mobilitato migliaia di uomini a Idlib, Aleppo, Hama e Homs, inviandoli verso la costa con intenti punitivi. Imam estremisti hanno chiamato alla “jihad” contro gli alawiti, e armi stanno venendo distribuite ai fanatici intenzionati a “sterminare gli infedeli alawiti”. In particolare stanno venendo mobilitati i reparti uiguri, ceceni e afgani, tra i più feroci e sadici, usi a commettere ogni sorta di violenze contro la popolazione siriana. Lo stesso al-Julani avrebbe dichiarato “L’era della remissione e del perdono è finita, inizia l’era della liberazione e della purificazione”.Diversi convogli dei terroristi sono caduti in imboscate organizzate dalla resistenza, come testimoniano decine di video diffusi dai terroristi stessi che provano le alte perdite tra le loro fila.

Mentre si scrive sono ancora in corso feroci combattimenti, ma anche ora è palese come l’insurrezione della costa non sia un’operazione improvvisata dettata dalla disperazione. A guidarla pare essere il Consiglio militare per la liberazione della Siria, la cui creazione è stata annunciata ieri da parte del generale di brigata Ghiat Suleiman Dalla. Gli obiettivi del Consiglio, come esplicitati dal primo comunicato diffuso, sono l’abbattimento del regime di HTS, la creazione di istituzioni democratiche e rappresentative di tutto il popolo siriano e la difesa dell’indipendenza e dell’integrità nazionale.

In particolare  l’ultimo punto lega gli avvenimenti della costa all’invasione sionista che procede nel Sud del paese, con le truppe israeliane ormai a pochi chilometri da Damasco. Al-Julani ha immediatamente mandato migliaia di combattenti pesantemente armati per portare avanti la pulizia etnica contro gli alawiti, mentre ha preferito cedere territorio siriano senza opporre la minima resistenza al nemico sionista.

Gli esiti di questo scontro sono per ora incerti. Molto dipenderà dalla capacità delle forze della resistenza di consolidare il controllo sui territori liberati e sul sostegno internazionale. Il generale Dalla, già vicino all’Iran prima del crollo dello Stato, si sostiene abbia ricevuto sostegno da Hezbollah e dalle Unità di mobilitazione popolare irachene. Stando a diverse fonti, sia filo-regime che vicine ai ribelli, le forze russe a Khmeimim avrebbero sostenuto le attività della resistenza. Il Consiglio Islamico Alawita di Lattakia ha chiesto formalmente l’intervento russo, iraniano e delle Nazioni Unite, ma al momento non vi sono state risposte formali.

Per quanto gli esiti di questa offensiva siano imprevedibili, è chiaro come il regime di al-Julani non sia in grado di controllare il paese. Solo la violenza terroristica può fargli guadagnare tempo, ma questa non può che esacerbare gli animi della popolazione, che continua a vedere le proprie condizioni socio-economiche peggiorare sensibilmente e che non potrà tollerare a lungo l’occupazione israeliana delle proprie terre.

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