Foreign Affairs: "La campagna di Gaza non darà la vittoria a Israele"

Foreign Affairs: "La campagna di Gaza non darà la vittoria a Israele"

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Piccole Note

 “Israele ormai dovrebbe saperlo: non esiste un’immagine perfetta della vittoria”. Questo il titolo di un articolo di Anshel Pfeffer su Haaretz nel quale scrive che la storia moderna insegna che non esiste alcuna immagine che possa essere brandita come simbolo di una vittoria schiacciante sul nemico. Non sono più i tempi della bandiera americana innalzata a Iwo Jima o della bandiera sovietica sventolata sulla sommità del Reichstag.

Immagini iconiche che appartengono a un lontano passato, mentre le immagini simboliche successive sono state presto offuscate dal ritorno della storia stessa, con i nemici sconfitti che riemergono dal fango per tornare a minacciare i sedicenti vincitori di prima. Così è stato per le immagini iconiche di altre guerre condotte da Israele, così per l’invasione irachena e tante altre.

Così anche per le immagini dei palestinesi denudati e ostentati come trofeo, che si è ritorta contro i suoi ideatori. Peraltro, tale simbolismo avrebbe dovuto avere il suo sigillo nel miliziano che esce dalla folla e, in mutande come gli altri, avanza verso i soldati con un fucile sollevato in segno di resa, deposto poi ai  piedi dei soldati trionfanti.

Un’analisi di Middle East Eye evidenzia la contraffazione, sia individuando il panciuto asserito miliziano in un meccanico che nulla ha a che fare con Hamas, sia pubblicando i filmati girati nell’occasione, nei quali un soldato dà istruzioni all’asserito miliziano su come avanzare verso di loro con l’arma che ha appena ricevuto da essi. I video in questione sono due: in uno l’arma è brandita con la destra, nell’altro con la sinistra… nulla di spontaneo, una banale messinscena.

MIDLE EAST EYE: “Guerra Israele-Palestina: Israele accusato di mettere in scena filmati di un uomo palestinese che consegna le armi”

Anche l’altra immagine iconica girata in questi giorni, la cerimonia “dell’accensione delle luci di Hanukkah in Palestina square a Gaza City”, dove, come enfatizzato nel video relativo, si era consumata l’umiliazione del rilascio di alcuni ostaggi israeliani. Peccato che Palestina square fosse a un chilometro dall’area suddetta, come rilevato da una rapida inchiesta richiamata da Pfeffer…

Cadute di stile di una propaganda che sta tentando di dimostrare che la campagna militare sta producendo frutti e che il nemico è ormai “sull’orlo del collasso”, come dichiarato dal ministro della Difesa Yoav Gallant.

La campagna di Gaza non darà la vittoria

Tale trionfo è messo in dubbio da un articolo di Foreign Affairs firmato da Robert Pape, secondo il quale la campagna aerea alzo zero delle forze israeliane non produrrà il successo sperato. Infatti, scrive – e sgrana con vari esempi in proposito – “mai nella storia una campagna di bombardamenti ha causato la rivolta della popolazione presa di mira contro il proprio governo. Gli Stati Uniti hanno provato questa tattica numerose volte, senza alcun risultato”.

FOREIGN AFFAIRS: “La fallita campagna di bombardamento di Israele a Gaza
La punizione collettiva non sconfiggerà Hamas”

E se anche fossero veri i numeri annunciati da Israele, secondo cui sarebbero stati eliminati già 5mila miliziani di Hamas, Pape rileva che “queste perdite non ridurranno in modo significativo la minaccia per i civili israeliani, poiché, come hanno dimostrato gli attacchi del 7 ottobre, bastano solo poche centinaia di combattenti di Hamas per provocare il caos nelle comunità israeliane”.

“Quel che è peggio, i funzionari israeliani ammettono che la campagna militare sta uccidendo il doppio dei civili rispetto ai combattenti di Hamas. In altre parole, Israele quasi certamente sta producendo più terroristi di quanti ne sta uccidendo, dal momento che ogni civile morto avrà familiari e amici desiderosi di unirsi ad Hamas per vendicarsi”.

“L’infrastruttura militare di Hamas – prosegue Pape – non è stata smantellata in modo significativo, anche dopo le tanto decantate operazioni contro l’ospedale di al-Shifa, che secondo l’esercito israeliano Hamas utilizzava come base operativa. Come mostrano i video diffusi dalle Forze di difesa israeliane, Israele ha preso il controllo e distrutto gli ingressi di molti tunnel di Hamas, ma questi potranno essere riparati, come sono stati costruiti in precedenza”.

“Ancora più importante, i leader e i combattenti di Hamas sembrano aver abbandonato i tunnel prima che le forze israeliane vi entrassero, il che significa che l’infrastruttura più importante del gruppo – i suoi combattenti – è sopravvissuta. Hamas ha un vantaggio rispetto alle forze israeliane: può facilmente abbandonare la lotta, confondersi con la popolazione civile e sopravvivere per tornare a combattere in condizioni più favorevoli. Ecco perché anche un’operazione di terra israeliana su larga scala è destinata al fallimento”.

“[…] Nonostante la carenza di energia su larga scala e la vasta distruzione in tutta Gaza, Hamas continua a sfornare video di propaganda che mostrano le atrocità civili commesse dalle forze israeliane e le intense battaglie tra i combattenti di Hamas e le truppe israeliane. La propaganda del gruppo è ampiamente distribuita su Telegram, dove il suo canale conta più di 620.000 abbonati”.

Infine, per quanto riguarda la popolarità di Hamas tra i palestinesi, Pape rivela che in un sondaggio svolto a Gaza e in Cisgiordania prima della guerra Hamas godeva del 27% dei consensi, contro il 76% degli attuali.

La campagna produce terroristi

“Questo risultato rafforza le lezioni della storia. Contrariamente all’opinione comune, la maggior parte dei terroristi non sceglie la propria vocazione in base alla religione o all’ideologia, anche se ciò vale per alcuni di essi. Piuttosto, la maggior parte delle persone si rivolge al terrorismo perché gli viene portata via la loro terra”.

Sul punto, Pape ricorda l’esempio delle Tigri Tamil, contro le quali lottarono a lungo le autorità dello Sri Lanka, niente affatto religiose, ma marxiste, oltre a uno studio da egli condotto su centinaia di terroristi islamici, il 95% dei quali “aveva in comune il fatto che stavano combattendo contro un’occupazione militare sul territorio che essi consideravano la loro patria”.

“[…] Ci sono tutte le ragioni per pensare che la rinnovata occupazione militare di Gaza da parte di Israele – ‘per un periodo indefinito’, secondo Netanyahu – porterà a una nuova, forse più ampia, ondata di attacchi suicidi contro i civili israeliani”.

Per Pape, l’unica soluzione è creare lo Stato palestinese, impegno politico che Israele dovrebbe iniziare da subito,  perché “non può aspettare fino a quando, trascorso un periodo mitico, Hamas sarà sconfitto dalla sola forza militare”. Non avendo o riconoscendo interlocutori validi, Israele dovrebbe agire all’inizio unilateralmente per dar vita a tale Stato.

Se la soluzione di Pape appare alquanto irenica, restano però interessanti le sue osservazioni e quanto conclude nel suo articolo: “La Casa Bianca dovrebbe rendere pubbliche le valutazioni del governo americano sugli effetti che la campagna militare israeliana a Gaza sta avendo su Hamas e sui civili palestinesi. Il Congresso dovrebbe tenere udienze focalizzate su una semplice domanda: la campagna sta producendo più terroristi di quanti ne sta uccidendo?”

“Il fallimento dell’attuale approccio di Israele sta diventando ogni giorno più evidente. Un dibattito pubblico su questa evidenza, combinato con una seria considerazione di alternative intelligenti, offre la migliore possibilità di convincere Israele a fare ciò che, dopo tutto, è nel suo interesse nazionale”. Pape non parla di un cessate il fuoco, ma sembra che la sua nota lo sottenda.

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