Europa tra feticcio del valore nominale della moneta e rischio di decadenza reale

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Europa tra feticcio del valore nominale della moneta e rischio di decadenza reale

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di Giuseppe Masala per l'AntiDiplomatico


Vi ricordate  o avete sentito parlare della canzonetta “Se potessi avere mille lire al mese”? Mille lire, rappresentavano il non plus ultra per avere una vita agiata e senza soverchie preoccupazioni. Correva l'anno 1939 quando la cantò Gilberto Mazzi. All'alba dell'entrata dell'Italia nella moneta unica sapete cosa ci compravamo con 1000 lire? Ci compravamo appena un caffè al bar. Nulla di più. Eppure erano esattamente le stesse mille lire di cui cantava Gilberto Mazzi nel 1939: questo ovviamente dal punto di vista nominale perché chiaramente dal punto di vista reale qualcosa era cambiato. E precisamente ad essere cambiato era il valore reale delle famose mille lire; valore reale chiaramente eroso da quel peculiare fenomeno noto come inflazione, ovvero l'aumento generale dei prezzi dei beni e dei servizi che erode appunto il valore della moneta. Nel corso dei decenni quelle mille lire si erano talmente depauperate fino al punto da non comprarci sostanzialmente più nulla (un caffè) nell'epoca in cui la lira stessa fu sostituita dall'Euro.

Questo fenomeno così evidente ha in qualche modo provocato una catastrofe in Italia? Direi assolutamente di no, l'Italia nel corso dei decenni, si è prima ricostruita da una guerra rovinosa che ci aveva visto sconfitti (per fortuna, lasciatemelo dire) e con un paese ridotto ad un cumulo di macerie fumanti e poi è diventata un paese industrializzato, ad alto livello di istruzione e con una eccellente ricerca scientifica; tutti fattori che  l'hanno spinta al punto di essere la quarta potenza economica mondiale.

Correva l'anno 1991 quando il Corriere della Sera titolava a tutta pagina il raggiungimento di questo risultato che aveva dell'incredibile per una potenza sconfitta in una guerra rovinosa appena pochi lustri prima.


Figura 1: Corriere della Sera del 16 Maggio 1991

Ma come mai il fenomeno dell'Inflazione non ha inibito il nostro sviluppo, visto  che nel medesimo lasso di tempo le famose mille lire sono diventate da simbolo di una vita agiata per un intero mese nel 1939 a un semplice caffè spot al bancone del bar nel 2001? Semplicemente perché per decenni le nostre autorità in materia di politica monetaria hanno controllato l'inflazione in maniera flessibile, e dunque rapportando i tassi di interesse (strumento chiave della politica monetaria per controllare crescita economica e inflazione) al tasso di inflazione così da evitare di demolire la crescita anche se questo avrebbe causato una certa erosione del valore nominale della moneta. Ma se uno non è un feticista interessato a conservare il valore della moneta fermo in un mondo in costante ed eterna evoluzione non è un problema insormontabile; ciò che conta è avere un economia che cresce e che consenta di vivere dignitosamente ai propri cittadini indipendentemente dal valore nominale della moneta che si ha in tasca.

Di fatto questo metodo di controllo dell'inflazione e della crescita che si incentra sul valore reale della moneta anziché su quello nominale è quello comunemente usato in tutto il mondo. Tranne che in Germania e sostanzialmente nei paesi nordeuropei dove il feticcio della conservazione e della difesa del valore nominale della moneta è duro a morire nelle società civili e dove – a mio parere  - le classi dirigenti locali di questa fobia se ne approfittano per ottenere dei risultati economici profittevoli rispetto agli altri paesi, ma che, va detto, alla lunga possono dimostrarsi azzardi pericolosi.

Fu proprio agli inizi degli anni novanta, subito dopo il famoso titolo del Corriere della Sera che l'Italia firmò il Trattato di Maastricht, ovvero un infernale meccanismo che ci obbligava a rovesciare completamente la nostra politica sia fiscale che monetaria rincorrendo l'idea che la moneta sia un feticcio da preservare nel suo valore nominale a qualsiasi costo compreso quello di distruggere il tessuto economico e sociale del paese. E tutto questo con l'aggravante tutta italiana  di un alto debito pubblico causato del fatto che il controllo reale era lasciato al tasso di inflazione che ne erodeva il valore reale e dunque non frutto dello scialo come ci hanno voluto far credere con una propaganda pluridecennale tanto menzognera quanto violenta. Dunque in quella fase iniziò una politica economica violentemente deflattiva al fine di far convergere i tassi di inflazione dei paesi europei verso lo zero come pretendevano i tedeschi e nel caso italiano anche una politica di violenti tagli agli investimenti per controllare il debito pubblico. La nostra rovina era servita.

La Germania aveva vinto la partita disinnescando la concorrenza italiana che la faceva dannare per decenni, e anzi aveva trovato uno spazio vitale sia per le produzioni di base e dei semilavorati a basso valore aggiunto sia come mercato di sbocco. Poi inizio l'assalto al potere mondiale di Berlino, per la terza volta in un poco più di un secolo. Grazie all'energia a buon mercato concessa dai russi alla Merkel, con l'Europa completamente assoggettata con il sotterfugio del controllo del valore nominale della moneta, Berlino poteva invadere di merci a basso costo il mercato americano mettendo il gigante a stelle e strisce a mal partito. Come è andata a finire lo stiamo vedendo davanti ai nostri occhi. Dopo dieci anni e oltre di avvertimenti plateali (richiesta del trattato transatlantico di commercio, sanzioni alla Airbus, scandalo dieselgate) che i tedeschi hanno ignorato con la tracotanza che gli è tipica, gli americani hanno fatto uscire l'orso russo dalla tana con il colpo di stato ucraino di Majdan e la successiva guerra prima a bassa intensità e poi, con l'entrata diretta nel conflitto della Russia, a cui sono conseguite le gravi sanzioni a Mosca da parte del blocco occidentale...sanzioni che hanno danneggiato l'Europa con perdite economiche devastanti. Per non parlare poi dell'esplosione del gasdotto NorthStream vera e propria giugulare dell'economia tedesca che portava il gas a basso costo dalla Russia alla Germania passando sotto il Baltico. La Germania, ha perso; il suo assalto al potere mondiale è fallito. Assalto al Potere Mondiale che - come dico io - in questo terzo tentativo era di tipica fattura femminile (non a caso la Cancelliera era Angela Merkel) e dunque fondato sul sotterfugio e sull'inganno dopo i primi due tentativi maschili fatti da Guglielmo II e da Hitler e fondati dunque sulla violenza diretta.

E in questo panorama eloquente c'è ancora chi urla al fatto che i BTP italiani hanno toccato un tasso del 5%. E chi se ne frega! Con un tasso di inflazione al 5% (fonte Istat) avere un tasso del BTP al 5% significa che in termini reali il tasso di interesse reale è zero.

Peraltro aggiungo, che l'Italia avendo una posizione finanziaria netta positiva per centinaia di miliardi di euro è dunque creditrice netta sul resto del mondo. Ciò significa che siamo in grado di mantenerci in pieno equilibrio finanziario, nonostante tutto.

Francamente sentire persone che si stracciano le vesti per i tassi del BTP al 5% provando dunque a riproporre politiche monetarie di stampo nominalista mi lascia mortificato. Peraltro politiche totalmente inutili e che non potranno certamente rivitalizzare il gigante tedesco: il NorthStream saltato per aria è e saltato per aria rimane; gas ed energia a buon mercato per loro non ce n'è più senza contare il fatto che hanno perso un mercato lucroso come quello russo. Questo non potrà cambiare anche se i tassi di inflazione tenderanno di nuovo a zero in tutta Europa: la Germania dovrà comunque delocalizzare parte del suo pachidermico apparato produttivo verso luoghi dove c'è energia a buon mercato a pena di veder fallire tantissime aziende energivore. Questo significherà lasciare molte persone in Germania senza lavoro, non si scappa.

Da notare infine che è in corso un altra partita nel Caucaso Meridionale: quella tra Armenia e Azerbaijan dove i ruoli dei due paesi si sono rovesciati. L'Armenia è sempre più legata all'occidente mentre l'Azerbaijan si sta legando al blocco eurasiatico della Russia, della Cina e dell'Iran. C'è solo un problema, l'Azerbaijan è diventato il principale fornitore di energia dell'Europa; se ora le verranno imposte sanzioni (come vogliono USA e Francia) rischiamo di perdere il nostro ultimo fornitore di energia rischiando di rimanere davvero a secco.

Quella in corso è una guerra innanzitutto contro la Germania e l'Europa. Questa è la realtà. E l'Europa se vorrà sopravvivere farebbe bene ad accettare che la vecchia strategia escogitata trenta anni fa e fondata sulla deflazione salariale e sul feticcio del valore nominale della moneta non serve più. Molto più importante trovare  nuove fonti di energia non fondate – magari – sulle costosissime tecnologie green. Pena il grave rischio dell'irrilevanza politica ed economica e della completa decadenza a vantaggio di altre aree del mondo.

Giuseppe Masala

Giuseppe Masala

Giuseppe  Masala, nasce in Sardegna nel 25 Avanti Google, si laurea in economia e  si specializza in "finanza etica". Coltiva due passioni, il linguaggio  Python e la  Letteratura.  Ha pubblicato il romanzo (che nelle sue ambizioni dovrebbe  essere il primo di una trilogia), "Una semplice formalità" vincitore  della terza edizione del premio letterario "Città di Dolianova" e  pubblicato anche in Francia con il titolo "Une simple formalité" e un  racconto "Therachia, breve storia di una parola infame" pubblicato in  una raccolta da Historica Edizioni. Si dichiara cybermarxista ma come  Leonardo Sciascia crede che "Non c’è fuga, da Dio; non è possibile.  L’esodo da Dio è una marcia verso Dio”.

 

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