Erosione del potere di acquisto e degli organici: la tragicommedia della Pubblica amministrazione italiana

Erosione del potere di acquisto e degli organici: la tragicommedia della Pubblica amministrazione italiana

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Federico Giusti

Organici sempre più ridotti e un atto di indirizzo che assegna un budget per i rinnovi contrattuali pari a un terzo dell’inflazione reale

Il rinnovo dei contratti della Pubblica amministrazione sta entrando nel vivo dopo l’atto di indirizzo inviato dal Ministero all’Aran, inizieremo, contrariamente a quanto inizialmente previsto, secondo la consueta prassi che vedrà prima approvati i rinnovi dei CCNl statali (193mila dipendenti tra ministeri, agenzie fiscali, enti pubblici non economici e varie) amministrazioni centrali dello Stato per poi passare ad Enti locali e sanità.

La cifra prevista è di gran lunga inferiore al costo della vita e con una inflazione nel triennio cresciuta del 16 per cento gli incrementi saranno pari al 5,78% ossia poco meno di un terzo del reale fabbisogno per mantenere inalterato il potere di acquisto.

Stando alle prime anticipazioni dell’atto di indirizzo saranno cancellati gli scatti legati alla anzianità di servizio e all’esperienza professionale abbracciando la tesi delle cosiddette competenze professionali di ogni singolo dipendente. Non è dato sapere se saranno cancellate le progressioni orizzontali all’interno della categoria di appartenenza ma se così fosse saremmo davanti a una soluzione tanto insensata quanto penalizzante per il personale della Pa che andrebbe a perdere potere di acquisto e opportunità di crescita salariale. Già nell’ultimo contratto nazionale, scaduto da oltre due anni, avevamo letto frasi sibilline che lasciavano intendere una futura riduzione delle progressioni orizzontali nell’arco della vita lavorativa di ciascun dipendente, a pensare male qualche volta ci si indovina.

Non è dato sapere come il Ministero intenda valorizzare le singole competenze professionali con riferimento ai titoli di studio e professionali fatto sta che il modello preconizzato è quello di creare una lotta intestina per accaparrarsi i pochi scatti di carriera disponibile andando per altro a rafforzare i meccanismi iniqui e improduttivi della performance da sempre funzionali a ridurre il potere di acquisto e di contrattazione della forza lavoro

Siamo quindi davanti a una autentica svolta, i pochi soldi disponibili saranno in prevalenza destinati a una distribuzione diseguale e ad appannaggio di pochi nonostante che perfino la Corte dei Conti abbia evidenziato la fallacia del sistema di valutazione operante nella Pa.

Se poi guardiamo al numero dei dipendenti pubblici si scopre la perdita di 50 mila posti di lavoro negli enti locali solo nell’ultimo quinquennio e il personale dei ministeri  ha perso nel frattempo circa il 20 per cento degli addetti passando dagli oltre 240mila ai 190mila attuali.

I bassi salari all’interno del comparto pubblico sono poi soggetti a criteri alquanto opinabili, basterebbe ricordare che tra un dipendente degli enti locali e uno ministeriale ci sono differenze di centinaia di euro.

E se si volesse rendere attrattivo il lavoro pubblico la prima scelta da operare dovrebbe essere quella di stabilire dei rinnovi al pari del costo della vita mentre invece si pensa che il problema sia un presunto appiattimento verso il basso con la distribuzione a pioggia del salario accessorio che tale da lustri non è ammesso che mai poi lo sia stata.

La attuale situazione, tragicomica, della Pa, eredita gli anni di blocco della contrattazione e dei salari e una lenta e progressiva erosione tanto del potere di acquisto quanto degli organici.

 

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