"ORWELL ON THE NEWS FARM": Come il potere va alla guerra contro la libera informazione

"ORWELL ON THE NEWS FARM": Come il potere va alla guerra contro la libera informazione

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Era questa, la sottigliezza estrema: essere pienamente consapevoli nell'indurre l'inconsapevolezza e diventare poi inconsapevoli della pratica ipnotica che avevate appena posto in atto.

Anche la sola comprensione della parola "bipensiero" ne implicava l'utilizzazione.

George Orwell, 1984

 

 

Uno dei massimi cambiamenti sociali e politici causati dall'esplodere dei nuovi strumenti di comunicazione quali siti internet, blog, piattaforme social come facebook o youtube è stato senza dubbio l'emergere di visioni alternative e nuove interpretazioni dei fatti del mondo. Visioni non sempre allineate con quanto proposto – dall'alto - dai mezzi di comunicazione di massa controllati dalle élites industriali, finanziarie e politiche. Nuove visioni che hanno avuto il merito (dal mio punto di vista) di instillare nei lettori il dubbio sulle versioni ufficiali dei fatti.

Il caso più emblematico di questo nuovo corso dell'informazione è stato senza dubbio quello di WikiLeaks. Un sito internet criptato che consentiva a coloro che inviavano documenti il pieno e assoluto anonimato grazie ad un sistema di crittografia. L'esperienza fu un successo clamoroso che spinse tanti dissidenti annidati nei gangli del potere a inviare a questo sito documentazioni inoppugnabili sugli affari sporchi in sfregio a costituzioni, leggi e diritto internazionale dei più importanti paesi del mondo a partire dagli USA. Tra i casi certamente più devastanti fatti esplodere da WikiLeaks - che ricordo si limita a pubblicare i documenti ufficiali pervenuti senza alcun commento e senza alcun corredo (così come vuole la teoria dell'informazione cyberpunk) - vi sono stati gli Afghanistan War Logs e gli Iraqi War Logs  che hanno rivelato i crimini di guerra delle truppe di occupazione occidentali a partire da quelle USA e che soprattutto hanno spazzato via la retorica ufficiale secondo cui le truppe occidentali fossero le “forze del bene” andate in questi paesi per portare pace, libertà, benessere e democrazia. Come si può capire un colpo durissimo per la propaganda NATO che il potere non poteva accettare di lasciare impunito. Infatti Julian Assange fondatore di questo rivoluzionario e preziosissimo strumento di informazione è stato travolto da una serie di accuse palesemente false e pretestuose sulla sua condotta personale che lo hanno costretto a rifugiarsi all'interno dell'Ambasciata dell'Equador a Londra beneficiando dello status di rifugiato politico concesso dal paese sudamericano. Status che è stato tolto nell'aprile del 2019 consentendo l'arresto di Assange (avvenuto a favore di telecamera) da parte della polizia britannica.

Neanche un mese dopo questi fatti il governo statunitense accusò Assange della violazione dell'Espionage Act, una legge risalente al 1917 disapplicata da decenni. Una decisione questa criticata da redattori di alcuni giornali, tra cui The Washington Post e il The New York Times perché platealmente persecutoria. Fatto sta che da allora Assange è detenuto in attesa di estradizione negli USA in un carcere di massima sicurezza: il potere non poteva perdonare un caso come quello di WikiLeaks che poteva (e può) travolgere le élites proprio perché libera i subalterni da quella cortina fumogena sparsa dai mass media mainstream impedendo loro di vedere i fatti per quello che sono, senza pregiudizi e senza narrazioni retoriche interessate.

Ma di fronte ad una simile rivoluzione tecnologica non basta di certo la pena esemplare inflitta al dissidente al fine di dare un monito a chiunque volesse riproporre una WikiLeaks 2.0. Occorrono certamente altri strumenti che aiutino le narrazioni ufficiali a riprendere l'egemonia nell'opinione pubblica.

Tra gli strumenti che io reputo più eclatanti di repressione dell'informazione alternativa vi è sicuramente quello studiato dall'Arabia Saudita. Mi riferisco all'App Kollona rilasciata nel 2017 dal ministero dell'interno saudita e che consente con pochi clik a qualunque cittadino di segnalare comportamenti ritenuti illegali. Facile a questo punto creare un regime fondato sulla delazione di massa in pieno stile orwelliano ma soprattutto di trasformare ogni lettore di un social o di un blog in un psicopoliziotto in grado di scovare il germe della dissidenza in un semplice post su facebook,

Sembrerebbe infatti esserci una delazione inoltrata via Kollona dietro l'arresto di Salma al-Shehab, una studentessa saudita, che è stata condannata a trentaquattro anni in carcere per aver condiviso dei tweet ostili al regime di Riyadh (1). Al-Shehab è un’attivista per i diritti delle donne, e studiava per un dottorato presso l’Università di Leeds, nel Regno Unito. Come si può vedere un vero universo orwelliano sta sorgendo attorno a noi e nella nostra più totale indifferenza. E non si pensi che queste cose possono capitare solo nei paesi non democratici come l'Arabia Saudita. Sono a mio avviso una spia d'allarme i continui ban delle voci dissidenti nei social network come Facebook; tutto ciò avviene in spregio a qualsiasi regola di libertà di manifestazione del proprio pensiero prevista anche nelle costituzioni.

Ma senza dubbio la metodologia più orwelliana escogitata dai Dottor Stranamore delle narrazioni ufficiali è quella che intende introdurre il colosso del web Google. Mi riferisco alla metodologia nota come Prebunking, ovvero la cosiddetta “censura preventiva” (2).

Il progetto di Google si chiama Jigsaw ed è diretto da Eric Schmidt, già amministratore delegato dell'azienda dal 2001 al 2010 ed ha come ambizione quella di  «eliminare la censura in un decennio». Parole sue. Ovviamente basta intendersi sui concetti: per Schmidt eliminare la censura non significa libertà di dire quello che si pensa (ovviamente nel rispetto della dignità delle persone e del codice penale) ma evitare il de-bunking ovvero la censura ex post grazie al pre-bunking, ovvero alla...censura preventiva. In altri termini Google con questo progetto vuole distruggere la credibilità delle fonti di informazione alternative anticipando la notizia e creando piccoli filmati o disclaimer che avvisino il lettore prima di leggere che si tratta di notizie prive di fondamento e che la piattaforma Google non si assume alcuna responsabilità. Ovviamente, inutile dirlo, quando cambiano le esigenze del Potere cambiano le narrazioni e ciò che ieri per lo strumento di pre-bunking era notizia inattendibile diventa magicamente oro colato. Ecco servito il bispensiero, così come raccontatoci da George Orwell nel suo capolavoro 1984.

Ma non basta, in questa controrivoluzione si muovono anche le grandi organizzazioni internazionali come l'Unesco che il 22-23 Febbraio ha organizzato una conferenza (manco a farlo apposta finanziata dalla UE) sulla "regolazione" dei social, in cui è stata discussa la seconda versione della loro guida (3). Il pianto totalitario è servito, sebbene infiocchettato di belle parole e ipocriti buoni propositi. L'emergenza Covid è – bontà loro – da considerarsi come così come  "crisi dell'informazione" (pagina 12) e sostengono che gli stati devono aumentare la "media and information literacy" (pagina 8), cioè insegnare - a partire dai più giovani - ad evitare i canali di controinformazione per utilizzare solo le fonti mainstream che propagandano le narrazioni governative. E poi ancora accuse secondo cui la controinformazione "mette a rischio la democrazia e il godimento dei diritti umani" e per questo bisogna investire sui fact checkers (pagina 10) e fare un uso massiccio dell'Intelligenza Artificiale per scovare le notizie sgradite (da pagina 15). 

La Verità è ciò che stabiliscono i governi e sono risoluti ad imporla con tutti i mezzi. La “Nuovo Democrazia” è una forma di Totalitarismo.

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  • amnest.it “Attivista saudita condannata a 34 anni per dei post su Twitter” 18 Agosto 2022
  • sanitainformazione.it, Lotta alla disinformazione: Google punta sul “prebunking”, 27 Febbraio 2023
  • unesco.org, “Guidelines for regulating digital platforms: a multistakeholder approach to safeguarding freedom of expression and access to information”. Rintracciabile al seguente link: https://unesdoc.unesco.org/ark:/48223/pf0000384031.locale=en

 

Giuseppe Masala

Giuseppe Masala

Giuseppe  Masala, nasce in Sardegna nel 25 Avanti Google, si laurea in economia e  si specializza in "finanza etica". Coltiva due passioni, il linguaggio  Python e la  Letteratura.  Ha pubblicato il romanzo (che nelle sue ambizioni dovrebbe  essere il primo di una trilogia), "Una semplice formalità" vincitore  della terza edizione del premio letterario "Città di Dolianova" e  pubblicato anche in Francia con il titolo "Une simple formalité" e un  racconto "Therachia, breve storia di una parola infame" pubblicato in  una raccolta da Historica Edizioni. Si dichiara cybermarxista ma come  Leonardo Sciascia crede che "Non c’è fuga, da Dio; non è possibile.  L’esodo da Dio è una marcia verso Dio”.

 

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