Milizie libiche e UE trattano schiavi. “Una storia Antidiplomatica” che nessuno vuole raccontare

Milizie libiche e UE trattano schiavi. “Una storia Antidiplomatica” che nessuno vuole raccontare

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di Giulia Bertotto per L’AntiDiplomatico

 

“Una storia Antidiplomatica” di Michelangelo Severgnini (prodotto da L’AntiDiplomatico e visibile su Vimeo) è un documentario sulla moderna e occulta tratta schiavista dall’Africa, e al contempo una sorta di meta-documentario su L’Urlo, docufilm oscurato, ignorato oppure ostracizzato e demonizzato da Cinema, teatri e associazioni. Un quadro d’inchiesta, quello realizzato da Severgnini, con dimostrazioni e interviste scioccanti, testimonianze sul campo e dai campi di detenzione libici, che smonta pezzo dopo pezzo l’architettura della falsa antitesi porti chiusi/ porti aperti. Lampedusa, isola-simbolo dell’accoglienza viene descritta dall’autore come un palcoscenico del patetico finalizzato alla legittimazione morale dello sfruttamento di manodopera schiavista per Confindustria, la scenografia della propaganda europea che sfrutta il disordine politico a Tripoli per ottenere manodopera a bassissimo prezzo: quello della vita degli altri. Al circo mediatico grottesco e stragista Severgnini oppone “una Costituente della migrazione” in otto punti.

Sogno europeo, un’esca che favorisce trafficanti libici

Severgnini spiega che il flusso migratorio proveniente dal continente africano non è un fenomeno spontaneo, ma è il risultato dell’inganno dei trafficanti di Tripoli, fomentato da un’idealizzazione fittizia dell’Europa e una contestuale minimizzazione dei rischi della traversata del Mediterraneo; una visione che molte ONG contribuiscono a formare nelle menti sensibili di ragazzi poco istruiti e ancor meno abbienti. La meta ideale degli africani alla partenza è quindi “il sogno europeo” che presto si trasforma nell’incubo libico; la gran parte dei giovani viene fermata nelle acque libiche, e uomini e donne vengono imprigionati nei lager delle milizie. Vorrebbero tornare nel loro paese di origine ma gli viene impedito dalle bande criminali che li riducono in schiavi, umiliati e torturati: alcuni vengono utilizzati come manodopera, altri invece vengono arruolati nelle milizie armate che fanno il bello, e soprattutto il cattivo tempo, in Libia e nell’Africa centrale.

Dall’altra parte del mare, intanto, non solo i governi europei non farebbero nulla per fermare la strage delle persone raggirate e ammassate su gommoni sgonfi, ma sarebbero complici di una sorta di adescamento. Lo scopo? Oro nero a volontà, alla modica cifra di corpi gonfi d’acqua, ulteriore bonus urne piene di voti per “respingerli” o per “accoglierli”, tanto al di là degli slogan fa lo stesso.

Porti aperti contro porti chiusi: la falsa antitesi ideologica mentre migliaia di giovani muoiono davvero

Severgnini smaschera in un colpo solo la malafede delle destre che criminalizzano la migrazione e le ipocrite commemorazioni dei salvatori di sinistra: nessuno che voglia guardare i diritti umani stracciati dai gruppi del terrore in Tripolitania, i quali fanno il lavoro sporco che giova agli affari del nuovo colonialismo buonista, travestito da retorica dell’accoglienza, da sentimentalismi senza empatia, da aiuti umanitari senza umanità.

Morti in mare da piangere (non da evitare!) per i sofismi delle sinistre arcobaleniche o stranieri non integrabili come affermano i conservatori? Un sistema politico corrotto e media pilotati ci mettono davanti a questo teorema posticcio per non porci di fronte al vero dilemma morale, al vero crimine contro l’umanità: la migrazione è un prodotto dell’intesa tra i nostri civili e democratici paesi e le barbarie delle bande libiche. Le contraddizioni dei progressisti sono più difficili da rivelare, nascoste dal carico emotivo caritatevole e solidale che impedisce di vedere l’orrore. I sedicenti patrioti, intanto, sembrano non accorgersi dello smantellamento di sovranità della nostra bella Italia, che si piega a stringere accordi con le milizie libiche con il lasciapassare della NATO e perfino dell’ONU. Severgnini dimostrerebbe anche un legame sospetto tra “l’impegno” delle ONG e l’operato dei trafficanti. Questo è certamente il passaggio più difficile da accettare per l’opinione pubblica, per le nostre rassicurazioni interiori, per le nostre corazze ideologiche e i nostri appigli morali.

Al lettore che si domanda se non sia un sistema schiavista recentissimo rispondiamo con la prima immagine mostrata dal documentario: un articolo dell’Unità datato ottobre 1972 dal titolo “Ignobile racket di lavoratori tunisini” e ancora “il commercio degli uomini perfettamente organizzato da gruppi di trafficanti”. Possiamo allora ipotizzare che la rete delle ONG e l’apparato mediatico della cosiddetta integrazione siano stati costruiti come camuffamento del “racket”?

Una fiaba in cui sembrano esserci solo lupi

Sul tema della migrazione i mezzi di informazione, stampa, radio e tv ci propinano “Una narrazione fiabesca che ha colonizzato le menti dei ragazzini africani non meno delle nostre. Oggi in Africa resistere alle lusinghe della migrazione irregolare è un processo di decontaminazione culturale, di decolonizzazione delle menti” spiega la voce narrante di Severgnini. “Governi europei e milizie hanno stipulato un accordo disumano con la benedizione della NATO e dell'ONU, rapendo, torturando e riducendo in schiavitù migliaia di persone in Libia, in cambio di migliaia di barili di greggio derubati e contrabbandati in Europa” non si può dire se non così, come l’autore stesso lo ha scritto nel suo libro-dossier. Non si può dire e basta, Michelangelo lo sa; si viene associati alle destre razziste e xenofobe, accusati di insensibilità davanti ai morti in mare.

“Una storia Antidiplomatica” è in qualche modo la sintesi e il coronamento dello straordinario lavoro compiuto dal suo autore, iniziato con L’Urlo (2022), presto soffocato e censurato anche da chi dice dir farsi paladino della voce degli ultimi.

Non affermiamo che la versione di Severgnini sia l’unica logica interpretativa del complesso fenomeno migratorio, ma rivendichiamo che debba essere immediatamente fruibile, deve poter almeno essere accessibile ai cittadini per diventare argomento di confronto politico e dibattito sociale: questa storia Antidiplomatica è un reportage illuminante, emotivamente struggente, un esame di coscienza oltre i buoni sentimenti per riscoprire anche se in noi ancora abbiamo dei sentimenti.

 

Il docufilm “Una storia Antidiplomatica” è disponibile per i nostri Abbonati Youtube o acquistabile su Vimeo


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